Cronica/II

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Cap. secunno

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I III
Como Iacovo de Saviello senatore fu cacciato de Campituoglio per lo puopolo, e della cavallaria de missore Stefano della Colonna e missore Napolione delli Orsini.

Dunqua da quale novitate comenzaraio? Io comenzaraio dallo tiempo de Iacovo de Saviello. Essenno senatore solo per lo re Ruberto, fu cacciato da Campituoglio dalli scendichi. Li scendichi fuoro Stefano della Colonna, signore de Pelestrina, e Poncello de missore Orso, signore dello Castiello de Santo Agnilo. Questi se redussero nello Arucielo e, sonata la campana, fecero adunare lo puopolo, la moita cavallaria armata e li moiti pedoni. Tutta Roma stava armata. Bene me recordo como per suonno. Io stava in Santa Maria dello Piubico e viddi passare la traccia delli cavalieri armati li quali traievano a Campituoglio. Forte ivano regogliosi. Moiti erano, e bene a cavallo e bene armati. L’uitimo de quelli, se bene me recordo, portava una iuba de zannato roscio e una scuffia de zannato giallo in capo, una mazza a cavallo in mano. Passavano per la strada ritta, per la posana, donne demorano li ferrari, da canto a casa de Pavolo Iovinale. La traccia era longa. La campana sonava. Lo puopolo se armava. Io stava in Santa Maria dello Piubico. A queste cose poneva cura. Iacovo de Saviello senatore stava in Campituoglio. Erase stecconiato intorno. Non vaize niente sio infortellire, ché sallo su Stefano, sio zio, e Poncello scindichi de Roma, e doicemente lo presero per mano e miserollo a valle, acciò che non avessi pericolo nella perzona. Fu alcuno che penzao e disse: «Stefano, como puoi fare tanta onta a tio nepote?» La resposta de Stefano fu superva, disse: «Con doi denari de cerase lo rappagaraio». Mai questi denari non se trovaro. Anche comenzo io dallo tiempo che questi doi baroni fuoro fatti cavalieri per lo puopolo de Roma, bagnati de acqua rosata per li vintiotto Buoni Uomini in Santa Maria de l’Arucielo a granne onore. L’uno fu chiamato missore Stefano, l’aitro missore Napolione. Granne fu la festa, granne fu l’onore là in Campituoglio. Nella piazza de Santa Maria fuoro spase trabacche e paviglioni. Là erano tromme e ceramelle e onne instrumento. Vedesi rompere de aste, currere de cavalli e pettorali de sonaglie. Moite erano le banniere. Più erano le reconoscianze. Moita se faceva festa. Moito li fu fatto onore. Nella chiesia de Santa Maria de l’Arucielo stavano doi lietti, li più onorati. Ben pareva cosa reale. Queste cose me recordo como per suonno. Currevano anni Domini MCCC. Anche li sopraditti cavalieri bagnati ne iero allo re Ruberto a Napoli, lo quale li cenze la spada; la quale cosa moito despiacque allo romano puopolo. Certo da queste cose io non comenzo; ca, benché così fosse, io era in tanta tenerezza de etate, che conoscimento non avea elettivo. Anco voglio comenzare da cosa de più aitezza. Incomenzaremo collo nome de Dio dalla sconfitta dello principe della Morea, la quale fu per questa via.