Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro terzo/11

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Libro terzo - Capitolo 11

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Giudizi e osservazioni su questo tentativo de’ fuorusciti.

E così si perdé la città riguadagnata, per gran fallo: e molti dissono, che da qualunque altra porta fussono venuti, acquistavano la città. Ché difenditori non aveano, se non alcuni giovani, che non s’ariano messi tanto innanzi che perire potessono: come fece Gherarduccio di messer Bondalmonte, che tanto li seguitò, che uno si volse indietro, e aspettollo, e poseli la lancia, e miselo in terra.

Il pensiero degli usciti fu savio e vigoroso: ma folle fu la venuta, perché fu troppo sùbita e innanzi al dì ordinato. Gli Aretini ne portorono del legno dello sportello, e i Bolognesi; che a grande onta se ’l recoron i Neri.

Molte volte i tempi sono paragone degli uomini, i quali non per virtù, ma per loro volgari, sono grandi. E ciò si vide in quel giorno che i Bianchi vennero alla terra, che molti cittadini mutarono lingua, abito e modi. Pur quelli che più superbamente soleano parlare contro agli usciti, mutarono il parlare, dicendo per le piaze e per gli altri luoghi che degna cosa era che tornassono nelle loro case. E questo facea dir loro la paura più che la volontà o che la ragione. E molti ne fuggirono tra i religiosi, non per umiltà ma per cattiva e misera viltà, credendo che la terra si perdesse. Ma poi che i Bianchi si furono partiti, ricomincioron a usare le prime parole inique, accese e mendaci.