Dalle novelle di Canterbury/Novella del chierico di Oxford/Pars quinta

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Novella del chierico di Oxford - Pars quinta

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Novella del chierico di Oxford - Pars quarta Novella del chierico di Oxford - Pars sexta

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PARS QUINTA


II
ntanto Gualtieri, persistendo nel suo crudele proposito di sottoporre a un’ultima e piú dura prova la moglie, per essere pienamente sicuro ch’ella fosse sempre paziente come prima, un giorno, in presenza di tutti, le disse risentito:

“Griselda, io sono stato contentissimo, senza dubbio, di averti sposato, per la tua bontà, per la tua fedeltà, e per la tua obbedienza: non cosí però pel casato che porti, e per la tua dote. Ho dovuto convincermi, s’io non m’inganno, che la nobiltà e la potenza hanno pur molte schiavitù.

Io non posso fare come un bifolco qualunque: i miei sudditi mi costringono a prendere un’altra moglie, e il papa stesso lo [p. 247 modifica]permette, perchè tutto torni in pace. Ti dico dunque sinceramente, che la mia nuova moglie è già in viaggio.

Fatti coraggio, e lasciale il suo posto; ti concedo, come grazia, di riprenderti tutta la dote e tutta la roba che mi hai portato. Ritorna alla casa di tuo padre, e pensa che in questo mondo non si può sempre essere contenti. Io, per conto mio, non posso fare altro che consigliarti a sopportare di buon animo i capricci della fortuna.„

Ed essa con la sua solita pazienza rispose: “Signor mio, io lo sapevo benissimo, e sempre lo pensavo, che la mia povertà non poteva stare accanto alla vostra ricchezza; e non mi sono mai creduta degna di essere, non dico la moglie vostra, ma neppure la vostra cameriera.

E Dio può essere testimone, per l’anima mia, che io in questa casa, della quale voi mi avete fatto signora, non mi sono mai considerata né signora né padrona, ma sempre umile serva vostra; e tale sarò piú di ogni altro finché il cielo mi darà vita.

Della bontà che avete avuto, di tenermi [p. 248 modifica]per cosí lungo tempo in tanto onore e in tanta nobiltà, mentre io ne ero indegna, ringrazio Dio e voi, pregando che siate ricompensato. E senz’altro me ne ritorno, volentieri, a casa di mio padre, per rimanere con lui finché vivrò.

Là ho vissuto bambina, e sono cresciuta; e là finirò, vedova e senza altri affetti, la mia vita. Poiché dal momento che ho dato a voi la mia gioventú, e sono la vostra legittima moglie, Dio mi guarderà bene dal prendere un altro marito.

Il Signore possa concedervi fortuna e prosperità con la vostra nuova moglie, alla quale io cedo, di buon animo, il mio posto, dove sono stata sempre felicissima. Giacché vi piace che la mia felicità sia finita, e che io me ne vada, me ne andrò quando vorrete.

In quanto alla concessione che mi fate, di lasciarmi andar via con la dote che vi ho portato, capisco bene che voi intendete parlare dei miei poveri panni, che non erano niente di bello davvero: ma non ostante ben difficilmente io potrei ora ritrovarli. [p. 249 modifica]Buon Dio! eravate cosí cortese e gentile il giorno del nostro matrimonio!

Ma è ben vero quel che si dice (lo so per prova): amore non è mai tanto vecchio, come quando è nuovo. Siate sicuro, però, signor mio, che per amor vostro non mi sarebbe grave neppur la morte: e non sarà mai che io mi penta, in alcun modo, di avervi dato, con me stessa, tutto il mio cuore.

Vi ricorderete, signor mio, che prima di condurmi in casa vostra, mi faceste strappare di dosso le mie povere vesti, e mi regalaste voi stesso degli abiti ricchissimi; quindi io non vi portai altra dote, senza dubbio, che la mia fedeltà, la mia povertà, e la mia gioventú. Eccovi i vostri abiti e il vostro anello: ve li restituisco per sempre.

Tutte le altre gioie, posso assicurarvelo, sono in ordine in camera vostra. Io uscii nuda dalla casa di mio padre, ed è giusto che vi ritorni nuda. Son pronta a fare tutto ciò che volete: ma spero che non vorrete farmi uscire di casa vostra senza camicia.

Voi non farete una cosa tanto indegna, [p. 250 modifica]e non permetterete che io, tornandomene a casa, mostri nudo il corpo, che ha creato i vostri figli. Non vogliate, per pietà, cacciarmi nella strada come un cane: pensate che per quanto indegnamente, io sono stata la moglie vostra.

In ricompensa della verginità che pur vi ho portato, e non mi è concesso riportar via, lasciatemi almeno la camicia che ho indosso; affinché possa coprirne il corpo di colei, che fu vostra moglie: ed ora, signor mio, me ne vado, perché non vi abbiate a seccare.„

“La camicia che hai indosso, rispose Gualtieri, lasciatela pure, e portala via con te.„ E tosto uscí dalla stanza, perché la pietà e la compassione gli impedivano quasi di parlare. Griselda lí stesso si spogliò, e in camicia, scalza e senza niente in capo, s’incamminò verso la casa di suo padre.

La gente la seguiva, con le lagrime agli occhi, lungo la via, e imprecava, andando, al destino. Ma essa non piangeva e non parlava. Il padre, che ne fu subito avvisato, [p. 251 modifica]malediva il giorno e l’ora in cui egli era venuto al mondo.

Il povero vecchio aveva sempre sospettato di questo matrimonio; e pensò sempre, fin da principio, che il marchese, soddisfatto il suo capriccio, avrebbe considerato la sconvenienza di essere sceso cosí in basso, e un bel giorno all’improvviso l’avrebbe mandata via.

Avendo sentito che la sua figliuola ritornava a casa in camicia, in fretta in fretta le andò incontro, portando seco la vecchia veste che essa aveva lasciato, e piangendo amaramente, cercava di coprirla, alla meglio, con quella; ma non poté mettergliela indosso: ché era troppo mal ridotta pel molto tempo trascorso, dal giorno che Griselda era andata a nozze.

Questo fiore di vera pazienza, ritornata per qualche tempo col padre suo, in tal modo si diportò, che mai, né in presenza d’altri né sola, mostrò di sentirsi offesa; e non disse mai parola, non fece mai cenno, che ricordasse il suo antico stato.

E non c’è da meravigliarsene, poiché in [p. 252 modifica]mezzo alla nobiltà e alle ricchezze si mostrò sempre umilissima: ghiottonerie, raffinatezze, lusso, magnificenza, non seppe mai che cosa fossero. E fu sempre buona, paziente, modesta, rispettosa, e sempre sottoposta e obbediente al marito.

Tutti parlano di Giobbe e della sua pazienza, perché i dotti scrivono degli uomini quello che vogliono; ma in realtà, per quanto ai dotti piacciano poco le donne, non c’è uomo che abbia la pazienza di una donna; ed è un caso proprio raro, trovare uno che abbia solo la metà della costanza femminile.