Degli edifizii/Libro quarto/Capo VIII

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CAPO VIII.

Strada rifatta, e ben munita dal castello di Strongilo fino a Reggio. Ponte sul Mirmece. Cisterna nella città di Atira. Castello presso Episcopia.


Fin qui indicai gli edifizii da Giustiniano Augusto fatti ne’ paesi dei Dardani, degli Epiroti, de’ Macedoni, e delle altre genti illiriche; come pure quelli che fece in Grecia, e sul fiume Istro. Ora procediamo nella Tracia; e poniamo ottimo principio del nostro ragionamento con quanto riguarda Costantinopoli, poichè questa città non solo per la potenza, ma per la singolare sua situazione è la principale nella Tracia, potendosi dire l’antemurale d’Europa, e padrona del mare, che questa parte del mondo divide dall’Asia. Ma perchè quanto Giustiniano fece in Costantinopoli, e dentro le mura di quella città e fuori, tanto in fatto di edifizii sacri, quanto di altri, ne’ passati libri riferii, presentemente dirò d’altri. [p. 436 modifica]V’ha un castello suburbano, che a cagione della sua figura chiamasi Strongilo, cioè rotondo. La strada che da esso conduce a Reggio, era quasi tutta disuguale, sassosa e rotta, a modo che cadendo piogge alquanto copiose, i viaggiatori erano arrestati da frequenti lagune. L’Imperadore pertanto la fece selciare con grandi lastroni, e la rendè facile e spedita. Essa si stende sino a Reggio in lunghezza, ed è larga quanto conviene perchè comodamente passino due carri, i quali vengono ad incontrarsi. Que’ lastroni sono sì duri, che li diresti di pietra molare; sono sì larghi e lunghi, che ognuno cuopre un grande spazio di terreno, e penetrano in terra profondamente; e sono sì bene uniti insieme, e spianati, che paiono un pezzo solo. Ma di ciò basti.

Vicino a Reggio v’è uno stagno, che riceve fiumi scorrenti da luoghi più alti, e si estende sino al mare a modo che viene ad avere con esso comune il lido e strettissimo, il quale entrambi concorrono ad inondare, dalle due opposte parti spingendovi contro con fremito i loro flutti. E procedono essi sempre su quel comun lido in senso contrario; e dove vi sieno giunti, ritornano indietro, come se ivi abbiano prefisso il termine loro. Ma però alcune volte giungono a confondere insieme le acque; e quando ciò accade, si forma ivi una specie di stretto pelago, la cui acqua, non ben si conosce a quale dei due appartenga: imperciocchè nè sempre il mare si getta nello stagno, nè sempre lo stagno si getta nel mare: ma dopo copiose piogge, soffiando l’austro, manifestamente dallo stagno il mare si avanza oltre; e al soffiare di borea il mare travalica [p. 437 modifica]nello stagno. In quel luogo le acque marine corrono a dilungo per un canale strettissimo, che va a finire di poi in alto mare, ed appunto perchè è sì angusto gli si è dato il nome di Mirmice, che vuol dire formica. Quel angusto canale in cui, come dissi, il mare si unisce allo stagno, una volta si passava per mezzo di un ponte di legno; nè senza grave pericolo delle persone, le quali tal’ora perivano sommerse insieme con quel ponte. Ma al presente Giustiniano imperadore ha assicurato a tutti il passaggio, avendo fatto costruire interamente di pietre, e sopra altissime arcate, un ponte, saldo insieme ed elegante.

Di là da Reggio v’è la città di Atira, i cui abitanti, sapendo egli che soffrivano carestia d’acqua, liberò dal flagello della sete, facendo ivi fare cisterne, nelle quali più acqua si conservasse di quella che occorresse ai loro bisogni; e si distribuisse opportunamente. Egli ristaurò pur anche le mura di quella città.

Dopo Atira v’è un luogo che gl’indigeni chiamano Episcopia. Giustiniano veggendolo esposto alle incursioni de’ nemici, e tutto quel paese non istato mai munito, e rimanere senza difesa veruna, ivi fabbricò una rocca le cui torri furono costrutte in particolare maniera; ed è questa. S’inalzò sul muro l’edifizio, da prima assai stretto, poscia allargantesi ampiamente; e su quello allargamento fu posta ogn’una delle torri: il che fa che i nemici non possano accostarsi al muro, per la ragione che tra le torri di qua e di là facilmente essi vengono colpiti dai dardi de’ difensori, i quali dall’alto tirano loro addosso. Nè all’usata foggia ivi pure sono poste le porte [p. 438 modifica]fra le torri: ma sono praticate in isghembo in quelle anguste eminenze del muro fuori della vista de’ nemici. In queste costruzioni l’Imperadore adoperò Teodoro Silenziario, uomo di singolare intelligenza. Di questa maniera quel luogo è fortificato. Prima poi che passiamo a parlare de’ muri lunghi, dobbiamo premettere alcune cose.