Dei delitti e delle pene (1821)/XVII

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§ XVII.

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XVI XVIII
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§ XVII.

Bando e confiscazioni.

Chi turba la tranquillità pubblica, chi non ubbidisce alle leggi, cioè alle condizioni con cui gli uomini si soffrono scambievolmente e si difendono, quegli dev’essere escluso dalla società, cioè dev’esserne bandito.

Sembra che il bando dovrebbe essere dato a coloro i quali, accusati di un atroce delitto, hanno una grande probabilità, ma non la certezza contro di loro di esser rei; ma per ciò fare è necessario uno statuto il meno arbitrario e il più preciso che sia possibile, il quale condanni al bando chi ha messo la nazione nella fatale alternativa o di temerlo, o di offenderlo, lasciandogli però il sacro diritto di provare l’innocenza sua. Maggiori dunque dovrebbono essere i motivi contro un nazionale, che contro un [p. 65 modifica]forestiere, contro un incolpato per la prima volta, che contro chi lo fu più volte.

Ma chi è bandito ed escluso per sempre dalla società di cui era membro, dev’egli essere privato de’ suoi beni? Una tal questione è suscettibile di differenti aspetti. Il perdere i beni è una pena maggiore di quella del bando; vi debbono dunque essere alcuni casi in cui, proporzionatamente a’ delitti, vi sia la perdita di tutto, o di parte dei beni, ed alcuni no. La perdita del tutto sarà quando il bando intimato dalla legge sia tale, che annienti tutt’i rapporti che vi sono tra la società e un cittadino delinquente: allora muore il cittadino, e resta l’uomo; e rispetto al corpo politico deve produrre lo stesso effetto che la morte naturale. Parrebbe dunque che i beni tolti al reo dovessero toccare ai legittimi successori, piuttosto che al principe, poichè la morte ed un tal bando sono lo stesso, riguardo al corpo politico. Ma non è per questa sottigliezza che oso disapprovare le confiscazioni dei beni. Se alcuni hanno sostenuto che le confiscazioni sieno state un freno alle vendette ed alle prepotenze private, non riflettono, che quantunque le pene producano un bene, non però sono sempre giuste, perchè per essere tali debbono esser necessarie; ed un’utile ingiustizia non può essere tollerata da quel legislatore che vuol chiudere tutte le porte alla vigilante tirannia, che lusinga col bene momentaneo e colla felicità di alcuni illustri, sprezzando l’esterminio futuro e le lacrime d’infiniti oscuri. Le confiscazioni mettono un prezzo sulle teste dei [p. 66 modifica]deboli, fanno soffrire all’innocente la pena del reo, e pongono gl’innocenti medesimi nella disperata necessità di commettere i delitti. Qual più tristo spettacolo, che una famiglia trascinata all’infamia ed alla miseria dai delitti di un capo, alla quale la sommissione ordinata dalle leggi impedirebbe il prevenirli, quando anche vi fossero i mezzi per farlo!