Dialoghi degli Dei/12

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12. Venere ed Amore

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Luciano di Samosata - VIII. Dialoghi degli Dei (Antichità)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
12. Venere ed Amore
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12.

Venere e Amore.


Venere. O figliuol mio Amore, poni mente a quel che fai. Non dico sù la terra, quante pazzie persuadi agli uomini di fare contro sè stessi e contro gli altri, ma qui in cielo. Ci mostri Giove sotto varie forme, e lo trasmuti in quel che ti pare; fai discender la luna dal cielo; e talvolta costringi il Sole ad indugiarsi presso a Climene scordando il cocchio e i cavalli. A me poi ne fai sicuramente quante ne vuoi, chè io ti son madre. Ma, o temerario, anche a Rea che è sì vecchia e madre di tanti Dei, hai messo il chiodo d’un garzone frigio. Eccola ammattita per cagion tua, ha aggiogati due leoni, e facendosi seguire dai Coribanti, che son furiosi anch’essi, va sù e giù scorrendo per l’Ida: ella chiama Ati a gran voci; ed i Coribanti, chi con la spada si ferisce un braccio, chi scapigliato va furiando pe’ monti, chi suona col corno, chi fa rimbombare il timpano, chi strepita coi cembali; sicchè tutto l’Ida è pieno di rumori e di furori. Io temo, misera a me che ti ho partorito così gran malvagio, io temo tutto, e specialmente questo, che Rea o tornando in sè, o più impazzando, non ti faccia prendere dai Coribanti, e sbranare o gettare ai leoni. Temo, perchè ti vedo in questo pericolo.

Amore. Non temere, o mamma: i leoni con me sono mansueti, spesso mi portano sul dorso, io li afferro per la giubba, e li meno dove voglio; essi dimenan la coda, si fan mettere la mano in bocca, me la leccano, ed io me la ritraggo senza [p. 245 modifica]offesa. Rea poi quando avria tempo di brigarsi di me, se ella pensa solo ad Ati? Ma infine che male fo io, che vi dimostro quale è il bello? Voi correte ad esso: dunque non incolpate me. Vuoi tu, o madre, non amare più? nè tu Marte, nè egli te?

Venere. Come sei tristo! come sforzi tutti! Ma ricòrdati talvolta de’ miei consigli.