Dialoghi degli Dei/25

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25. Giove ed il Sole

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Luciano di Samosata - VIII. Dialoghi degli Dei (Antichità)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
25. Giove ed il Sole
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25.

Giove ed il Sole.


Giove. Che hai fatto, o pessimo dei Titani? Hai distrutto ogni cosa sulla terra, avendo affidato il cocchio ad un giovane sventato, il quale dove fece tutto bruciare abbassandosi di troppo, e dove tutto gelare per freddo, allontanando troppo il fuoco. Ha sconvolto e guasto ogni cosa: e se io, accortomi del fatto, non lo avessi rovesciato col fulmine, non ci saria rimasta degli uomini neppur la semenza. Bel cocchiere ci mandasti a guidare il carro!

Il Sole. Errai, o Giove; ma non isdegnarti meco, se io mi lasciai svolgere alle tante preghiere del mio figliuolo. Come potevo credere che ne nascerebbe tanto male?

Giove. E non sapevi quanta cura ci vuole per questo; e come, se punto s’esce di via, il mondo va sossopra? Non conoscevi la foga dei cavalli, e come si deve rattener con forza le redini? Che se si allenta, vincono il freno subitamente: e così ne portavano costui, or a destra, or a sinistra, or [p. 264 modifica]indietro or innanzi, or su, or giù, dove essi volevano: ed egli non aveva modo di contenerli.

Il Sole. Sapevo tutto questo, e però stavo alla dura, e non gli volevo cedere il cocchio, ma le lagrime sue e di sua madre Climene mi vi sforzarono: e mentre io lo poneva sul cocchio lo ammonii come doveva condurlo, di quanto allentare le redini per montare in su, e poi nello scendere in giù come tenerle salde e non secondare la foga de’ cavalli: e gli dissi che pericolo v’era a non carreggiar diritto. Ma egli, fanciullo che era, vedendosi sovra un seggio fiammeggiante, e da quell’altezza guardando in giù, s’atterrì, come era naturale: e i cavalli, che non sentivano la mano mia, sprezzando un fanciullo, usciron di via e fecero questa rovina. Lasciò le redini, credo per paura, e per non cadere, si teneva afferrato all’orlo del seggio. Ma ei già n’ebbe la pena, ed a me, o Giove, basta il dolore.

Giove. Basta dici, dopo che hai avuto tanto ardire? Per ora ti perdono; ma per l’avvenire, se ne fai un’altra, se ci manderai un altro cocchiere come questo invece tua, sentirai tosto quanto il fuoco del fulmine è più possente del tuo. Le sue sorelle lo seppelliscano su l’Eridano, dove egli è caduto dal carro, e versando lagrime di ambra sovra di lui, sieno mutate in pioppi. Tu raccónciati il cocchio (che vi si è rotto il timone ed una delle ruote), e sèguita a carreggiare, raffrenando bene i cavalli. Ma ricòrdati di tutto questo, e sta in cervello.