Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio/Libro terzo/Capitolo 3

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Libro terzo

Capitolo 3

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Come egli è necessario,
a volere mantenere una libertà
acquistata di nuovo,
ammazzare i figliuoli di Bruto.

Non fu meno necessaria che utile la severità di Bruto nel mantenere in Roma quella libertà che elli vi aveva acquistata; la quale è di uno esemplo raro in tutte le memorie delle cose: vedere il padre sedere pro tribunali, e non solamente condennare i suoi figliuoli a morte ma essere presente alla morte loro. E sempre si conoscerà questo per coloro che le cose antiche leggeranno: come, dopo una mutazione di stato, o da republica in tirannide o da tirannide in republica è necessaria una esecuzione memorabile contro a’ nimici delle condizioni presenti. E chi piglia una tirannide e non ammazza Bruto, e chi fa uno stato libero e non ammazza i figliuoli di Bruto, si mantiene poco tempo. E perché di sopra è discorso questo luogo largamente, mi rimetto a quello che allora se ne disse: solo ci addurrò uno esemplo, stato, ne’ dì nostri e nella nostra patria, memorabile. E questo è Piero Soderini, il quale si credeva superare con la pazienza e bontà sua quello appetito che era ne’ figliuoli di Bruto, di ritornare sotto un altro governo e se ne ingannò. E benché quello, per la sua prudenza, conoscesse questa necessità; e che la sorte e l’ambizione di quelli che lo urtavano, gli dessi occasione a spegnerli; nondimeno non volse mai l’animo a farlo. Perché, oltre al credere di potere con la pazienza e con la bontà estinguere i mali omori, e con i premii verso qualcuno consummare qualche sua inimicizia; giudicava (e molte volte ne fece con gli amici fede) che, a volere gagliardamente urtare le sue opposizioni, e battere suoi avversari, gli bisognava pigliare istraordinaria autorità, e rompere con le leggi la civile equalità: la quale cosa, ancora che dipoi non fosse da lui usata tirannicamente, arebbe tanto sbigottito l’universale, che non sarebbe mai poi concorso, dopo la morte di quello, a rifare un gonfalonieri a vita; il quale ordine elli giudicava fosse bene augumentare e mantenere. Il quale rispetto era savio e buono: nondimeno, e’ non si debbe mai lasciare scorrere un male, rispetto ad uno bene, quando quel bene facilmente possa essere, da quel male, oppressato. E doveva credere che, avendosi a giudicare l’opere sue e la intenzione sua dal fine, quando la fortuna e la vita l’avessi accompagnato, che poteva certificare ciascuno, come, quello l’aveva fatto, era per salute della patria, e non per ambizione sua; e poteva regolare le cose in modo, che uno suo successore non potesse fare per male quello che elli avessi fatto per bene. Ma lo ingannò la prima opinione, non conoscendo che la malignità non è doma da tempo né placata da alcuno dono. Tanto che, per non sapere somigliare Bruto, e’ perdé, insieme con la patria sua, lo stato e la riputazione. E come egli è cosa difficile salvare uno stato libero, così è difficile salvarne uno regio; come nel sequente capitolo si mosterrà.