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Donne e Uomini della Resistenza/Diomiro Munaretto

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21 febbraio 2020 75% Da definire

Diomiro Munaretto

Nato a Mestre (Venezia) il 30 ottobre 1924, morto a Valdobbiadene (Treviso) il 6 febbraio 1945. Medaglia di Bronzo al Valor Militare.

Mestrino di Zelarino, Diomiro Munaretto era operaio in un’industria meccanica di Marghera e, all’indomani dell’8 settembre ’43, fece parte della rete cospirativa organizzata dagli antifascisti nella sua città. Rispose al primo bando di arruolamento nella RSI della classe 1924, dandosi alla fuga dopo due giorni; in seguito al secondo bando (febbraio ’44) che stabiliva la condanna a morte dei renitenti, Diomiro salì in montagna col nome di battaglia “Danton”, entrando nella formazione “Ferdiani”, una delle prime che andò a costituire la Divisione “Nino Nannetti”. A settembre, dopo il grande rastrellamento del Cansiglio, Munaretto scese dai monti con altri partigiani mestrini contribuendo alla costituzione del battaglione “Felisati”, operante in pianura, e partecipando a numerose azioni nei comuni della cintura veneziana durante l’inverno 1943-’44. Gli attacchi si spinsero fino alla provincia trevigiana dove il gruppo si scontrò in diverse occasioni con i fascisti delle brigate nere “Cavallin” e “Asara”. Il 18 novembre sfugge alla cattura da parte di quelli della “Cavallin”, avvisati di una riunione clandestina. Assieme a due compagni, “Danton” portò a compimento anche la liberazione di due partigiani dal carcere di Treviso poi, ai primi di gennaio ’45, tornò in montagna nella Brigata “Mazzini” dove fu nominato vicecomandante.

Il 6 febbraio Diomiro si trova in località Pianezze, sopra Valdobbiadene, al riparo in una casèra con altri tredici resistenti. Quattrocento militi della X Mas, guidati da un delatore, attaccano all’improvviso uccidendo la sentinella. Il gruppo è colto di sorpresa e rischia l’accerchiamento, ma “Danton” organizza in fretta uno sganciamento: metà degli uomini devono aprire il fuoco di copertura, l’altra metà tentare la fuga. Diomiro Munaretto esce per primo, spara e fa arretrare i fascisti, i compagni riescono a mettersi in salvo ma lui è falciato da una raffica di mitra. Per il suo gesto coraggioso è stato decorato con la Medaglia di Bronzo alla Memoria.