Egloghe (Chiabrera 1608)/IV

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Egloga IV

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III V
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IIII.

Damone.

S
PARITA ancor non era la Diana

     Che ne l’orto n’entrai del bono Ameto
     3E mi lavai le man ne la fontana;
E le più fresche foglie del laureto,
     E spico colsi, che fioriva intorno
     6E colsi sermolino, e colsi aneto;
Poi come al mondo fe vedersi il giorno,
     M’ha condotto ardentissimo desio
     9Il tuo caro sepolcro à farne adorno;
Qui ti verso con l’herbe il pianto mio,
     E qui ritornerò mesto sovvente;
     12A Dio già Tirsi, et hora polve, à Dio.
Ma qual fiero latrato oggi si sente?
     Forse nel sangue de l’inferma greggia
     15L’insidioso lupo innaspra il dente?
Ah Dio che tanto male oggi non veggia;
     Melampo già tu sai, che’n fedeltate
     18Can di pastore alcun non ti pareggia.
O ben difese, o belle torme amate;
     Di latte fecondissimo drapello
     21Solo sostegno a la mia stanca etate;
Per l’ombra di si fresco valloncello,
     Ove si dolci corrono l’aurette;
     24Ove si chiaro mormora il ruscello;
Itene pecorelle, ite caprette;
     Mandra forse non è, che’n altro prato
     27Haggia da pascolar si molli erbette;

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Venturoso terreno, aer beato
     In cui nebbia pestifera non siede,
     30Cui non depreda peregrino armato;
Move il pastore a la cittade il piede,
     Ivi cangia con or candida lana;
     33Poscia securo à sua magion sen riede;
Ogni molestia va di qui lontana;
     Si vole il gran Signor ch’Arno corregge;
     36De l’occhio suo non è la guardia vana;
Quinci su tante scorze oggi si legge
     Scritto suo nome; et in cotanti accenti
     39Odon suo pregio ricordar le gregge;
Et io cantando di soavi venti
     La ben cerata mia sampogna empiea,
     42Fin che’n tepidi pianti, et in lamenti
M’ha posto Tirsi la tua morte rea.