El libro dell'amore/Oratione II/Capitolo VII

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Oratione II - Capitolo VII

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Di due generationi d’amore e di due Venere.

Ora disputeremo brievemente di dua generationi d’amori. Pausania appresso di Platone afferma lo amore esser compagno di Venere, e tanti esser gli amori quante sono le Venere, e racconta due Venere da due amori accompagnate: l’una Venere celeste, l’altra vulgare; e la celeste esser nata da Celio sanza madre, la volgare nata di Giove e di Dione. E platonici chiamano el sommo Iddio Celio, perché come el cielo contiene tutti gli altri corpi, così Idio tutti gli altri spiriti. E chiamano la mente angelica per più nomi: alle volte Saturno, alle volte Giove, altra volta Venere, perché la mente angelica è e vive e intende, sì che la sua essentia chiamano Saturno, la vita Giove, la intelligentia Venere. Oltre ad questo l’anima del mondo la chiamano similmente Saturno, Giove e Venere: in quanto ella intende le cose superne s’appella Saturno, in quanto muove e cieli Giove, in quanto genera le cose inferiori s’appella Venere. La prima Venere che abbiamo nominata, che è nella mente angelica, si dice esser nata di Celio sanza madre, perché la materia da’ fisici è chiamata madre, e quella mente è aliena dalla corporale materia. La seconda Venere, che nell’anima del mondo si pone, di Giove e di Dione è generata: di Giove cioè di quella virtù dell’anima mondana, la qual virtù muove e cieli, imperò che tal virtù ha creato quella potentia che le cose inferiori genera; dicono ancora questa Venere avere madre, per cagione che, essendo ella infusa nella materia del mondo, pare che con la materia s’accompagni. Finalmente, per arrecare in somma, Venere è di dua ragioni: una è quella intelligentia la quale nella mente angelica ponemmo; l’altra è la forza del generare all’anima del mondo attribuita. L’una e l’altra ha l’amore simile ad sé compagno. Perché la prima per amore naturale ad considerare la bellezza di Dio è rapita, la seconda è rapita ancora pe ’l suo amore ad creare la divina bellezza ne’ corpi mondani. La prima abbraccia prima in sé lo splendore divino, dipoi diffunde questo alla seconda Venere; questa seconda transfonde nella materia del mondo le scintille dello splendore già ricevuto. Per la presentia di queste scintille tutti e corpi del mondo, secondo sua capacità, risultano belli. Questa bellezza de’ corpi l’animo dell’uomo apprende per gli occhi, e questo animo ha due potentie in sé, la potentia del cognoscere e la potentia del generare: queste due potentie sono in noi due Venere, le quale da due amori sono accompagnate. Quando la bellezza del corpo humano si rappresenta agli occhi nostri, la nostra mente, la quale è in noi la prima Venere, ha in reverentia e in amore detta bellezza come imagine dell’ornamento divino, e per questa ad quello spesse volte si desta. Oltr’ad questo la potentia del generare, che è Venere in noi seconda, appetisce di generare una forma a questa simile. Adunque in amendua queste potentie è l’amore, el quale nella prima è desiderio di contemplare, nella seconda è desiderio di generare bellezza. L’uno e l’altro amore è onesto, seguitando l’uno e l’altro divina imagine. Or che è quello che Pausania nello amore vitupera? Io ve ’l dirò. Se alcuno per grande avidità di generare postpone el contemplare, o veramente attende alla generatione per modi indebiti, o veramente antepone la pulcritudine del corpo a quella dell’animo, costui non usa bene la dignità d’amore, e questo uso perverso è da Pausania vituperato. Certamente colui che usa rectamente l’amore loda la forma del corpo, ma per mezzo di quella cogita una più excellente spetie nell’anima, nell’angelo e in Dio, e quella con più fervore desidera, e usa intanto l’ufficio della generatione in quanto l’ordine naturale e le leggi da’ prudenti poste ci dectano. Di queste cose tracta Pausania diffusamente.