El libro dell'amore/Oratione VII/Capitolo I

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Oratione VII - Capitolo I

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Oratione VII Oratione VII - Capitolo II
Ove si conchiude tutte le cose decte con la opinione di Guido Cavalcanti philosopho.

Finalmente Cristophoro Marsupino, huomo humanissimo, avendo nel disputare ad rappresentare la persona d’Alcibiade, con queste parole ad me si volse. Marsilio Fecino, io mi rallegro molto della famiglia del tuo Giovanni, la quale intra molti cavalieri, in doctrina e opere clarissimi, partorì Guido philosopho, diligente tutore della patria sua e nelle sottigliezze di loica nel suo seculo superiore a tutti. Costui seguitò l’amore socratico in parole e in costumi, costui con suoi versi brievemente chiuse ciò che da voi d’amore è decto. Phedro toccò l’origine d’amore quando disse che del chaos nacque; Pausania l’amore già nato in due spetie divise, celeste e vulgare; Eriximaco la sua amplitudine dichiarò, quando mostrò che le due spetie d’amore in tutte le cose si ritruovano; Aristofane dichiarò quello che faccia in qualunque cosa la presentia di Cupidine tanto amplissimo, mostrando per costui gli huomini, che prima erano divisi, rifarsi interi; Agatone tractò quanto sia la virtù e potentia sua, dimostrando che solo questo fa beati gli huomini; Socrate finalmente, ammaestrato da Diotima, ridusse in somma che cosa sia questo amore, e quale e onde nato, quante parte egli abbia, ad che fini si dirizzi e quanto vaglia. Guido Cavalcante, philosopho, tutte queste cose artificiosamente chiuse ne’ sua versi. Come pe ’l razzo del sole lo specchio in uno certo modo percosso risplende, e la lana ad sé propinqua, per quella reflexione di splendore, infiamma, così vuol Guido che la parte dell’anima, chiamata da·llui obscura fantasia e memoria, come uno specchio sia percossa dalla imagine della bellezza, che tiene el luogo del sole, come da uno certo razzo entrato per gli occhi, e sia percossa in modo che ella per la decta imagine un’altra imagine da sè si fabrichi, quasi come splendore della prima imagine pe ’l quale splendore la potentia dello appetire non altrimenti s’accenda che la decta lana, e accesa ami. Aggiugne nel suo parlare che questo primo amore, acceso nell’appetito del senso, si crea dalla forma del corpo per gli occhi compresa, ma dice che quella forma non si imprime nella fantasia in quel modo che è nella materia del corpo, ma sanza materia, nondimeno in tal modo ch’ella sia imagine d’un certo huomo posto in certo luogo sotto certo tempo; e che da questa imagine subito riluce nella mente un’altra spetie, la quale non è più similitudine d’uno particulare corpo humano, come era nella fantasia, ma è ragione comune e diffinitione equalmente di tutta la generatione humana. Adunque sì come dalla fantasia, poi che ha presa la imagine del corpo, nasce nello appetito del senso, servo del corpo, l’amore inclinato a’ sensi, così da questa spetie della mente e ragione comune, come remotissima dal corpo, nasce nella volontà un altro amore, molto dalla compagnia del corpo alieno. El primo amore pose nella voluptà, el secondo nella contemplatione, e stima che il primo intorno alla particulare forma d’uno corpo si rivolga, e che il secondo di dirizzi circa la universale pulchritudine di tutta la generatione humana, e che questi due amori nell’uomo intra loro combattino: el primo tira in giù alla vita voluptuosa e bestiale, el secondo in su alla vita angelica e contemplativa c’innalza; el primo è pieno di passione e in molte genti si truova, el secondo è sanza perturbatione e è in pochi. Questo philosopho ancora mescolò nella creatione dell’amore una certa tenebrosità di chaos, la quale di sopra voi avete posta, quando disse l’obscura fantasia illuminarsi, e della mixtione di quella obscurità e di questo lume nascere l’amore. Ancora la prima sua origine pone nella bellezza delle cose divine, la seconda nella bellezza de’ corpi, imperò che quando ne’ suoi versi dice sole e razzo, pe ’l sole intende la luce di Dio, pe ’l razzo la forma de’ corpi. E vuole che il fine dell’amore risponda al suo principio, in modo che l’instincto d’amore fa cadere alcuni infino al tacto del corpo, e alcuni fa salire infino alla visione di Dio.