Esempi di generosità proposti al popolo italiano/Prima la Patria

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Prima la Patria

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Non mettere gli uomini a cimento Il debole che perdona


[p. 209 modifica]Usciti di Ceila i secento con Davide, andavano qua e là incerti, com’uomo che non sa la via, e ora prende questa e or quella, sperando che l’ultima sia la meglio: vagando qua e là incerti, temendo ora da questo lato ora da quello le insidie di Saul. Ma re Saul, quando seppe che Davide era scampato da Ceila, fallitogli il colpo, non si mosse. Voleva coglierlo alla sprovvista, come acchiappasi di notte l’uccello nel nido. Davide, per riaversi un poco dall’incessante angoscia del sospetto, che all’anime generose è più affannoso ancora del terrore, si mise nel paese di Zif dentro alla montagna solitaria, naturalmente [p. 210 modifica]difesa per roccie e per foresta paurosa a vedere, ma tanto più fida a abitare al misero perseguitato. Come gli saranno parse pesanti le ore in quel luogo deserto, lontano dalla moglie e dalla madre e dal padre e dall’amico e da’ fratelli; e in mezzo a gente che conosceva poco il suo cuore; e che, dicendogli male di Saul (e facendogli sperare vendetta, credevano forse piacerli, e farlo servire alle ree mire loro! Perchè gli uomini che non conoscono il vostro cuore quando vi lusingano o accarezzano, allora più risicano d’abbattervi e d’accuorarvi. Quella compagnia non degna sarà a Davide più grave ad ora ad ora, che l’odio di Saul.

E Saul tuttavia cercava d’averlo; ma indarno. Gionata, il fido e valente, non potè più sostenere che non rivedesse il dolce fratello; e le pene che Davide pativa, glielo rendevano ancora più prezioso. Volle dunque, di nascosto dal padre, ire a vederlo: e un uffizio santo, era forza compirlo di furto. Andò Gionata dunque: e in un recinto d’alberi, là dove la costa fa seno a mo’ di vallicella, aspettò Davide, che nessun de’ compagni ce lo vedesse. E quando lo vide, non avevan parole; e le tante preghiere e domande e consigli si perdevano in quel tumulto d’affetti; come ruscello che, commosso, non lascia vedere il fondo di sè. Ma vedendo Gionata che Davide era accorato, s’ingegnava il confortarlo; e per confortarlo diceva parole amare al suo proprio cuore. Non già che perdesse rispetto al suo padre; ma diceva a Davide che non temesse, che non cadrà nelle mani a chi l’odia; ch’egli era destinato a regnare; che lui, Gionata, si sottometteva a cotesto, sentendo che così Dio voleva. E dopo novelle promesse di mutua fede e pietà; dopo nuove raccomandazioni dell’uno e dell’altro che si badassero [p. 211 modifica]dai pericoli, si dipartirono; e Davide rimase nella foresta. Gionata ritornò nella reggia casa, casa disgraziata.

Ma taluni del paese di Zif vennero a re Saul e gli dissero: «Voi cercate, o signore, di Davide: or non si trova egli nel più folto della foresta, sul poggio d’Achila a mandiritta non si trova egli là? Venite, e darlo nelle mani del re sarà cura nostra». Si rallegrò Saul di torbida gioia, e: «Preparate le cose con cura: badate bene; tenete dietro ad ogni orma del suo piede; interrogate chi l’abbia veduto, e in che luogo l’abbia veduto. Egli sta all’erta sempre. Ricercate bene a uno a uno i nascondigli dov’è solito accovacciarsi; e ritornate da me a cosa certa e sicura, e io ci vengo. Si foss’anco imbucato sotterra, ne lo trarrò. Mi metterò sulle tracce degli abitanti di Giuda a uno a uno, per iscoprire la traccia di lui». Come diventa abbondante di parole re Saul quando si tratta dell’uomo odiato! Come benedice quelle spie fide e pie! Come le intenerisce della sua grande disgrazia; della disgrazia sua grande d’aver un nemico, e di non poter passare da banda a banda! Come si raccomanda a’ montanari di Zif! Come si fa servitore delle spie! Come prega di disporre le faccende per bene, con prudenza e bravura per riuscire a che? Alla morte d’un uomo, dell’uomo a chi egli aveva sposata la propria figliuola. Come par gli dispiaccia che cotest’uomo si badi, che non si lasci, da buon suddito, fedelmente ammazzare! Come sa bene commettere a quelli di Zif che facciano, che trovino, che conducano sua maestà sopra luogo, a colpo bell’e sicuro! Come fa il bravo a promettere di volerlo cercare fin nelle viscere della terra, perchè spera che quelli di Zif gli rendono questo servizio di carità! Poteva egli re Saul raccomandare più fortemente a quelli di Zif, [p. 212 modifica]che gli trovassero un tesoro perduto? che gli riconducessero il genero, fatto schiavo da’ nemici: che gli togliessero dalle fauci della morte la figlia? Ahi miseri noi! L’odio ha occhi più dell’amore; il piede che batte le vie del nuocere è più infaticabile del piede che cammina le vie del giovare: e alle opere brutte sovente l’uomo dimostra più pertinacia che non perseveranza alle opere belle. Oh abitanti di Zif, voi parete pur necessarii a certi potenti, come bastone al vecchio cieco. O abitanti di Zif, nell’orecchio vostro taluni pongono il proprio giudizio, e il destino e la gioia e la gloria. Quando finirà mai la vostra razza innumerabile o abitanti di Zif?

Davide lo seppe; e co’ suoi secento era sceso nella solitaria e sassosa costa di Maon. Giuntane al re la novella, andò a quella volta. Era la solitudine di Maon dalla parte opposta a quella onde re Saul veniva, talchè Davide camminava co’ suoi dall’un fianco della montagna, e Saul dall’altra; e l’una schiera beveva de’ ruscelli scendendi a levante, e l’altra di quelli a ponente del poggio. Sapendo ormai il re per l’appunto ove Davide fosse, non aveva che a inviare dall’una e dall’altra strada soldati, i quali fasciassero il monte: onde da qualche lato sboccavano i secento, cadessero nelle mani del re, il quale aveva d’armati numero troppo più grande seco. Davide già disperava di poter fuggire dal rincontro di Saul: e già questi apparecchiava, quasi arco teso, l’ira sua tante volte delusa, come fame di belva.

Quand’ecco gli giunge correndo un messaggio: «Signore, presto! i Filistei sono in armi e irrompono». Saul allora lascia d’inseguire la sua preda, e corre addosso ai Filistei, e li sperde, e li caccia.

Vincere l’odio [p. 213 modifica]antico per ricordarsi della patria abbandonare la tanto sospirata vendetta per adempiere un debito sacro, è come fermare a mezzo la china, un masso che precipitava. Coloro che godono attenuare il merito delle azioni buone, come i debitori si argomentano di negare il debito, diranno che il pericolo del suo regno lo mosse a questa vittoria di sè stesso; diranno ch’egli bramava dimostrarsi a Davide e agli amici di lui atto anch’esso a domare il nemico. Io, quanto a me godo dal poter attribuire a merito d’umanità e di valore generoso quest’atto; perchè poter credere al bene è consolazione grande; e chi non ci crede, potendo, costui forse attrae a sè il male ch’egli ha sospettato. Credere che i men buoni non siano capaci d’azione o intenzione buona, è un calunniare la natura umana tutta quanta, un far torto a sè stesso, un condannare irremissibilmente sè stesso se mai cadesse.