Esilio/Levati, e cammina/I giardini
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I GIARDINI.
Giardini oscuri, simili a foreste
vergini, carchi d’èlitre ronzanti
entro socchiusi calici, formanti
4a quete ville una gelosa veste:
giardini oscuri, ove il colloquio delli
alberi varia a ritmo d’acqua e d’aria,
date una fronda anche alla solitaria
8che si sofferma, pallida, ai cancelli.
Ella è colei che non trovò la pace
mai, nè pur quando l’ebbe faccia a faccia,
e il suo dolore amò, sol d’esso in traccia
12correndo, e solo in quel disio tenace.
Ella è colei che nacque per andare
andar, fin che le manchi il soffio e il passo,
e morte eterna uguagli il corpo al sasso
16sotto l’eterna fissità stellare.
Adesso è stanca. Il sole, a piombo, è spada
arroventata, è ardor che in mille e mille
roghi conflagra. Dolce alle pupille
20goccia d’acqua sarebbe, o di rugiada:
dolce, alla bocca, ritrovar nel calice
d’un àrum bianco un sorso per la sete:
e poi dormir, supina, in una rete
24di frasche, sotto il murmure d’un salice.
Ma dormire non può. — Sonno s’è tolto
e tregua: poi che un attimo d’oblio
basterebbe a nasconderle del Dio
28che va cercando il sospirato volto.
Nè ombra può goder: poi ch’essa vuole
ardere, sino a non formar che un puro
getto di fiamme, alto così nel puro
32cielo, che in sè lo riassorba il sole.