Esortazione al fratello

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Sergio Corazzini

1906 Prosa Letteratura Esortazione al fratello Intestazione 8 luglio 2011 75% Da definire

Ma nella croce delle tribolazioni et delle afflitioni ci possiamo gloriare, però che questo è nostro.

Ma un giorno voglio sradicarli dal suolo e disporli in modo che ognuno stia da sé, affinché apprenda la solitudine.


Giovine, se amor di perfetta letizia in te sia, vigila affinché la mala femina cui gli umani dicono Speranza non adeschi l'inesperto Desiderio.

Sii semplice e puro come un fanciullo; non altra ombra godere se non quella generata dal prezioso lume della tua anima.

E questo lume, assai dolce, sappia tu nutrire di olii non vani e curare affinché il suo raggio non sia parte di un tutto, ma un tutto, per se stesso. Ama, dunque, l'ombra e fuggi la luce ché, a simiglianza del tempo, essa è ingenuamente maligna e terribilmente giusta.

E, con l'ombra, ama il silenzio, poiché l'ombra delle tue parole è il silenzio.

Amalo come Calvario delle tue Imagini, come Croce del tuo Sogno, come Tomba della tua Anima. Saprà darti una stella per una parola, un'aquila per un grido, un pianto per un ricordo, sempre. Tu non vivrai che di Passato: ti sarà, in tal modo, assai men grave fuggir la speranza e la vana felicità. E dovrai viverne fino a morire. Lo spasimo bianco sarà per tenerti ognuna ora: tutto che di più infantile e di più lontano verrà a battere alla tua porta, dovrai accogliere nel profondo e goderti. La tua tristizia sarà quella de l'uomo che sempre ritorna: tristizia e letizia maggiore tu non saprai, né mai sapresti.

Or tu voglia, nell'ombra e nella solitudine, morir questa morte. Sudario dell'agonizzante sia il Silenzio.

E l'anima tua non possederà il brivido libidinoso della Speranza, ma ogni Suo gesto sarà di rassegnazione come il chiudersi delle vetrate, a sera.

Allora che lungamente la tua vita per il deserto del Dolore tratta sarà e non tu la gola arida - in udendo le fonti della caduca felicità cantare - lusingata avrai di Piacere; allora che l'anima si sarà cibata, divotamente dell'ostia del Silenzio, prona all'altare della Solitudine, lo spasimo gaudioso vorrà tenerti tutto, in fino a che la Morte non a te si figuri come il meraviglioso fiorir di un seme ignoto e divino.

E in te sarà, veramente, la gioia e la dedizione de la corolla che s'apra, nel mattino, al sole.

Giovine, io ti esorto a considerare e meditare la mia volontà. Non temer dell'umano; anzi, se avvenga che tu gli mova riso, godi e sappi che nello spregio degli altri è la felicità del solitario. Felicità di esaltazione che non vorrai disdegnare come quella che, sola, vana non sia e cresca in te il desio della solitudine.

Getsemani!

Oh, che tu debba inginocchiarti e orare e sudar sangue, novizio, in fin che una sua cantilena, incomprensibile e monotona come le parole di un folle, ti lacrimi la Morte, dolce sorella, e tu a lei ti doni a simiglianza dell'esule che ritorni e all'anima delle vecchie cose tutto se stesso affidi, colmo il cuore di una mortale felicità.