Facezie (Poggio Bracciolini)/103
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Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
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CIII
Storia di un notaio narrata da
un certo Carlo da BolognaFonte/commento: ed. 1884 e 1885.
Eravamo a cena nel palazzo del Pontefice in molti, fra i quali erano ancora alcuni segretari, e il discorso cadde sull’ignoranza di coloro, i quali non attingono altra scienza o dottrina fuori dalle formule scritte, nè sanno dare di queste alcuna ragione, ma dicono soltanto che così trovarono scritto dai loro maggiori. Carlo da Bologna, che era uomo molto gioviale, venne fuori a dire: — Costoro sono simili ad un certo notaro della città, (e ne disse il nome); vennero a questi due uomini per fare un contratto di vendita, ed egli, presa la penna per cominciare a scrivere, chiese i loro nomi; e quando quelli dissero che uno aveva nome Giovanni e l’altro Filippo, il notaro subito disse che l’istrumento (chè così si chiama) non potea farsi fra loro. E avendone essi chiesta la ragione: “Se il venditore, rispose, non si chiama Corrado e il compratore Tizio (questi erano i nomi che egli aveva imparati nella formula), questo contratto non si può rogare nè può stare in diritto.” E poichè essi dissero che non poteano mutarsi il nome, ed il notaro rimase nella sua opinione, perchè così era scritto nelle sue formule, quelli se ne andarono. E andarono da un altro, abbandonando quell’uomo sciocco, che credeva di commettere delitto di falsità se mutava i nomi che erano scritti nelle sue formule. —