Favole (La Fontaine)/Libro ottavo/XII - Il Porco, la Capra e il Montone

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Libro ottavo

XII - Il Porco, la Capra e il Montone

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Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro ottavo

XII - Il Porco, la Capra e il Montone
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Una Capra, un Monton e un Porco grasso,
sopra un sol carro andavano alla fiera,
e, se la storia è vera,
non andavano, sembra, per ispasso,
né sembra che il padrone anche volesse
condurli al teatrin dei burattini,
ma venderli e pigliare dei quattrini.

Il sor Porcello non faceva intanto
che gridar sulla strada, ed eran strilli
da rendere balordo
un uomo sordo.
- O che ti pelan vivo? -
dissero i suoi compagni più tranquilli.
- E c’è bisogno di strillar sì tanto?

- Zitto là, - poi soggiunse il cavallante, -
tu ne stordisci, stattene quieto,
hai l’esempio di questi a te davante
che insegnarti dovrebber la maniera
di viver bene e d’essere discreto.

Non vedi questo povero Montone
che non apre la bocca? questi è un saggio.
- Saggio non è, - rispose don Porcello, -
ma ditelo un minchione,
che se non ha di piangere il coraggio,
è perché di conoscer non gli è dato
ciò che l’aspetta appena sul mercato.

S’ei lo sapesse, strillerìa, scommetto,
con quanto gli è rimasto fiato in gola,
e con lui griderebbe in do di petto
anche l’altra che ha persa la parola.
Ma l’uno e l’altra crede
che lana e latte a vendere al mercato
vada il padrone e sono in buona fede.

Può darsi che ciascun non abbia torto,
ma in quanto a me, che valgo in quanto morto,
non ho motivo alcuno di sperare.
Lasciatemi gridare e la mia casa
e la mia bella patria salutare -.

Sor Porcello parlò come un giornale,
ma nulla gli giovò, ché nulla vale
contro il destin che non si cangia mai,
il far lamenti e guai.

Da ciò potrà vedere l’uom prudente
che chi men sa, ben spesso è il più sapiente.