Favole (La Fontaine)/Libro settimo/XIV - Ingratitudine e ingiustizia degli uomini verso la Fortuna

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Libro settimo

XIV - Ingratitudine e ingiustizia degli uomini verso la Fortuna

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Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro settimo

XIV - Ingratitudine e ingiustizia degli uomini verso la Fortuna
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Vincendola sui venti, nei più remoti mari,
un certo Mercatante fece de’ buoni affari;
né secche mai, né scogli gli chiesero i pedaggi
e i dazi della merce ne’ suoi lunghi viaggi,
fin ch’egli sol tra cento compagni ebbe il conforto
di giunger colla nave felicemente in porto.

Del mar, anzi di Stige gli altri nell’onda bruna
precipitar; lui solo condusse la Fortuna
a riveder la patria, e qui gli fe’ trovare
soci ed agenti onesti, perle a trovarsi rare.
Quindi gli fece vendere, per finir bene i conti,
lo zucchero, il tabacco, a lauti prezzi e pronti,
le droghe, la cannella e in poche settimane
il fondo delle stoffe e delle porcellane.

La moda e la pazzia, le mani colme d’oro,
a far più grosso vennero il già ricco tesoro,
tal che in bottega e in casa non si sapea contare
che a due scudi per volta. Nulla di singolare
se fra cavalli e cani e servi e fra carrozze,
paresse di quaresima sempre un festin di nozze.

Un degli amici un giorno gli chiese la ragione
a tavola di tutta questa benedizione.
- D’onde la traggi? - D’onde? dal mio talento, o caro,
dall’arte di sapere usare il mio denaro
a tempo e luogo giusto. Con vanto lo confesso,
la mia Fortuna, amico, non devo che a me stesso -.

Così, tratto dal dolce, fece i suoi conti male:
in nuovi giochi e in rischi, perdette un capitale.
Si aggiunse l’imprudenza che un grosso bastimento,
mal noleggiato, al primo colpo perì del vento,
e un altro mal provvisto di buone armi e d’armati
cadde senza difesa in mano dei pirati,
e infine che la merce d’un terzo giunto in porto,
rimase per un pezzo denaro mezzo morto.

A questo ancor si aggiunse l’inganno degli agenti,
lo sfarzo, le baldorie e l’altre spese ingenti
del fabbricar... Capite che messo su una strada
che sdrucciola bisogna che chi tentenna cada.
Vedendolo ridotto in un meschin arnese:
- E ciò d’onde deriva? - l’amico suo gli chiese.
- D’onde? - rispose. - Ahimè! dalla Fortuna trista -.
E l’altro: - Miserabile, prego che Dio t’assista,
e ti conceda il Cielo il dono del coraggio,
che se non sei più ricco, almen ti renda saggio.