Fra la favola e il romanzo/Zaccaria/XVI

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Zaccaria - XVI

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XVI.



Un giorno di febbraio Berta e le bimbe stavano per l’appunto nella bottega; e Zaccaria, lavorando, per la millesima volta narrava alla moglie le varie vicende della sua vita, argomento suo prediletto; quando la invetriata si apri, ed una dama di aspetto nobile e grave entrò per domandare di un giojello esposto in mostra. Non era ancora del tutto compiuto, ma le piacque; e convenne coll’orefice che il giorno di poi glielo avrebbe recato finito all’albergo delle tre Sirene. Dissegli il numero dell’appartamento da lei occupato, ed uscì.

Zaccaria, parlando a quella signora, non era come il solito. Parea turbato, convulso, incerto talmente che, chiusa appena la invetriata, Berta in preda a grave apprensione corse al marito e lo prese per mano, temendolo malato.

Ma egli tosto esclamò — Non ho nulla, Berta: ma è lei, sai; è lei.

— Chi, Zaccaria?

— È lei; non ne dubito.

— Ma, rispondi in nome di Dio. Chi? [p. 117 modifica]

— È lei; è la signora, la mia benefattrice, quella che mi ha salvato la vita.

— E ne sei certo?

— Non posso ingannarmi. Il cuore m’ha troppo palpitato a quella voce.

— Ma anch’essa t’avrebbe riconosciuto...

— Lo pensi, Berta? Riconoscere me che allora era un povero pezzente, alto come questa seggiola, mezzo morto pel freddo e per la fame....

— Oh come fare per assicurarsene?...

— Attendi, attendi. Dammi il cappello.

Zaccaria esce di casa; va all’albergo, e domanda della persona che abita al numero indicatogli.

È lei; è la signora.

Torna di volo alla bottega e te lo aveva detto io, esclama, che non poteva ingannarmi? È lei, è lei. Oh come fare per mostrarle la mia gratitudine? — Si consiglia con la moglie, e quindi si mette ansiosamente al lavoro.