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Galateo ovvero de' costumi/XII

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Capitolo XII

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XI XIII
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Cap. XII. Si riprova distintamente l’uso di raccontare i sogni nelle conversazioni.

50. Male fanno ancora quelli che tratto tratto si pongono a recitare i sogni loro con tanta affezione, e facendone sì gran maraviglia, che è uno isfinimento di cuore a sentirli massimamente che costoro sono per lo più tali, che perduta opera sarebbe lo ascoltare qualunque s’è la loro maggior prodezza, fatta eziandio quando vegghiarono. Non si [p. 32 modifica]dee adunque noiare altrui con si vile maleria come i sogni sono, spezialmente sciocchi, come l’uom gli fa generalmente. E comechè io senta dire assai spesso, che gli antichi savi lasciarono ne’ loro libri più e più sogni scritti con alto intendimento e con molta vaghezza; non perciò si conviene a noi idioti, nè al comun popolo, di ciò fare ne’ suoi ragionamenti. E certo di quanti sogni io abbia mai sentito riferire, comechè io a pochi soffera di dare orecchio, niuno me ne parve mai d’udire che meritasse che per lui si rompesse silenzio; fuori solamente uno che ne vide il buon messer Flaminio Tomarozzo gentiluomo romano, e non mica idiota nè materiale, ma scienziato e di acuto ingegno: al quale, dormendo egli, pareva di sedersi nella casa di un ricchissimo speziale suo vicino; nella quale poco stante, qual che si fosse la cagione, levatosi ii popolo a romore, andava ogni cosa a ruba; e chi toglieva un lattovaro e chi una confezione, e chi una cosa e chi altra, e mangiavalasi di presente, sicchè in poco d’ora nè ampolla nè pentola nè bossolo né alberello vi rimanea che voto non fosse e rasciutto. Una guastadetta v’era assai picciola, e tutta piena di un chiarissimo liquore, il quale molti fiutarono, ma assaggiare non fu chi ne volesse, e non istette guari, che egli vide venire un uomo grande di statura, [p. 33 modifica]antico e con venerabile aspetto, il quale riguardando le scatole ed il vasellamento dello spezial cattivello, e trovando quale voto e quale versato, e la maggior parte rotto, e’ gli venne veduto la guastadetta che io dissi: perchè postalasi a bocca, tutto quel liquore si ebbe tantosto bevuto sì, che gocciola non ve ne rimase; e dopo questo se ne uscì quindi, come gli altri avean fatto: della qual cosa pareva a messer Flaminio di maravigliarsi grandemente: perchè rivolto allo speziale, gli addimandava: — Maestro questi chi è? e per qual cagione si saporitamente l’acqua della guastadetta bevve egli tutta, la quale tutti gli altri aveano rifiutata? — A cui parea che lo speziale rispondesse: — Figliuolo, questi è Domeneddio; e l’acqua da lui solo bevuta, e da ciascun altro, come tu vedesti, schifata e rifiutata, fu la discrezione; la quale, siccome tu puoi aver conosciuto, gli uomini non vogliono assaggiare per cosa del mondo. —

51. Questi così fatti sogni dico io bene potersi raccontare, e con molta dilettazione e frutto ascoltare, perciocchè più si rassomigliano a pensiero di ben desta che a visione di addormentata mente, o virtù sensitiva, che dir dobbiamo: ma gli altri sogni senza forma e senza sentimento, quali la maggior parte de’ nostri pari gli fanno (perciocchè i buoni e gli scienziati sono, eziando quando dormono [p. 34 modifica]migliori e più savi che i rei e che gl’idioti) si deono dimenticare, e da noi insieme col sonno licenziare.