[p. 105 modifica ] ANNO IH. - N. 26. DI MILANO DOMENICI 50 Giugno 4 844.
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si
danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musico
classica antica e moderna, destinati a comporre un volume
in 4." di centocinquanta pagine circa, il quale in
apposito elegante frontespizio si intitolerà Anihlogia
classica mi sitale. — Per quei Signori Associati chi’
amassero invece altro genere di musica si distribuisce
un Catalogo di circa N. 20ii0 pezzi di musica, dal quale
possono far scelta di altrettanti pezzi corrispondenti a
N. 150 pagine, e questi vengono dati gratis all’atto die
si paga I’ associazione annua; la metà, per la associazione
semestrale. Veggasi I’ avvertimento pubblicato nel
Foglio N. 50, anno 11, 1843.
• La musique, par des inflexions vives, accentuées, et,
- pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas•
sians, peint tous les tableaux, rend tous les objets,
• soumet la nature entière à ses savantes imitations
• et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen•
timenls propres à l’émouvoir. •
■/. /lorsstjr.
Il prezzo dell’associazione alla (iazsettue alla Musica
è di effettive Austriache L. 12 per semestre, ed effettive
Austriache I. 14 affrancata di porlo tino ai contini di Ila
Monarchia Austriaca: il doppio per l’associazione annuale.
— La spedizione dei pezzi di musica viene fatta
mensilmente e franca di porto ai diversi corrispomPnti
dello Studio tlicordi. nel modo indicato nel Manifesto.
— Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio
della Gazzetta in casa tlicordi. coni rada degli Dinenoni
N.” 1720; all’(‘stero presso i principali negozianti
di musica e presso gli tjllìci postali. — Le lettere, i gruppi,
ec. vorranno essere mandati franchi di porto.
SOMMARIO.
L. Storia musicale. Secolo d’oro della musica italiana.
- II. Del ciiihoglnnasta. - III. Composizione musicale.
- IV. Progetto ih una nuova riforma iiuSICALE.
MILANO. - VII. CORRISPONDENZA PARTICOLARE.
- Vili. Notizie. - IX
PUBBLICAZIONI MUSICALI.
STORIA MUSICALE (»)
ca ruttore.
(Continuazione: vedi i numeri 17 e 18g
L’accennala circostanza unita alle liberalità
del monarca e alla politica illuminata
del suo ministro Colbert, contribuì
infinitamente ai progressi delle lettere non
solo in Francia, ov’egli è indubitabile che
arrivarono al maggior loro splendore, ma
nelle contrade straniere eziandio. Imperocché
s’egli é vero, siccome apparisce chiaramente
dalla storia del cuor umano, che
l interesse. l’emulazione e la gloria siano
le tre leve più possenti a sollevare l’ingegno
e ad affrettarlo nella carriera del
sapere, codeste passioni si ritrovavano tutte
grandemente lusingale a Parigi nell’epoca
di cui parliamo. La munificenza d un sovrano
che pagava con quattordicimila
scudi un pessimo sonetto di Claudio Acliillini.
faceva con più ragione attendere non
dissimili lavori per se ai belli spiriti lauto
più bramosi nella pratica di ricchezze, e
di un’agiata fortuna, quanto più si mostrano
dispreizatoli di esse ne’loro scritti: somiglianti
appupto a que* sacerdoti musulmani
di cui parlano i viaggiatori, i quali predicando
fervidamente ai Turali 1 astinenza
del vino, iiiun altra cosa assaporano con
tanto diletto quanto una bottiglia di eccellente
liquore europeo. L’emulazione,
figlia pericolosa dell amor proprio, che
alle volle partorisce f invidia, alle volte
genera l’eroismo, ma che divien necessaria
in mancanza della virtù per far germogliar
i talenti e per sollecitarli alle magnanime
(I) Nel N. 18 anno corrente a pag. 7’1 Nola (1)
leggesi u LArteaga scriveva sul finire del secolo XI II.
Leggasi invéce:’ del secolo XVIII.
imprese. ne trovava aperto un vastissimo
campo in tanti illustri rivali, su «piali diveniva
sommamente gloriosa la vittoria e
scusabile la sconfina. Gli sforzi fatti adunque
per superarli o per distinguersi dovettero
necessariamente portar ciascun’arle
alla rispettiva loro perfezione, fra le «piali
ia musica ebbe non mediocre fortuna. Luigi
Bossi. Arcangelo Gorelli con altri valenti
italiani emuli a Parigi e imitatori del Lulli,
riportarono al loro ritorno nella patria idee
più chiare e più distinte dell armonia. A
questa s aggiunse più giusta una cadenza secondo
il gusto Lulliano, furono banditi i
soverchi artifizj,si lecer camminare con maggior
precisioni; e calore il movimento e la
misura, e le ouvertures di molle opere italiane
si lavorarono alla francese, il qual costume
durò pili di ventanni di qua dai
monti lino al principio del secolo presente (1).
checché ne dicano in contrario gli Italiani
facili ad essere smentiti colla prova delle
carte musicali di que" tempi. Allora si svegliarono
dappertutto gli ingegni, ed ecco sorgere
a debellar il gusto fiammingo. che da
lungo tempo vi dominava, il Cassali e il
Modani a Roma, il Segrenzi a Venezia, il Colonna
a Bologna, il Bassani a Ferrara e lo
Stralicila a Genova, celebre non meno per
labilità sua che peri suoi amori e pel tragico
fine. Dietro alle pedate di costoro
camminarono felicemente que grandi armonisti,
Gaetano Greco, l’Allunimi, il Caldaia,
il famoso Giovanni Buononcini e Pietro
Sandoni bolognese, i quali sostennero con
lauto decoro la gloria del nome italiano in
Inghilterra, in mezzo al grido che aveano
meritamente levato in quell isola le composizioni
dell* Ilandel. Gli Inglesi (che ad
un vivo interesse per la patria loro sanno
accoppiare quella imparziale filosofia che
generalizza i sentimenti e le idee, e presso
ai quali il titolo di straniero non è, come
per lutto altrove comunemente, un titolo
alla esclusiva o un’arma di
inerito nelle mani
arma di più contro al
dell* invidia) si prendevano
talvolta il piacere di obbligar Ì
ii
tre professori a suonare in presenza del
pubblico a gara in tre organi separati,
con proposte e risposte da una parte e
dall’altra - come già nell* antica Grecia si
vedevano Eschilo, Sofocle, Monandro,
e Filemone concorrere Dell’Odeon d’Ateue
a disputarsi, fra i lietissimi applausi del
(I) Avvertiamo di nuovo che l’Attenga scriveva
nel secolo XVIII.
radunato popolo, ora il premio del tripode.
ora il privilegio di recitar sul teatro
i loro componimenti.
Alloi a si coltivò I espressione, anima e
spirito dell arie, la quale è alla musica
ciò che 1 eloquenza al discorso: s imparò
a subordinare T una alle altre tutte le diverse
e molteplici parti che la compongono,
e a dirigere ii lutto verso d gran
fine di dipingere e di commuovere: si
studiò con maggior cura l’analogia che dee
sempre passare tra il senso delle parole
e i suoni musicali, tra il ritmo poetico e
la misura, tra gli alletti che esprimono i
personaggi e gli eliciti che rende il compositore: si sminuirono considerabilmente le
fughe, le contrafughe, i canoni e gli altri
lavori simili, i quali sebben provino, allorché
sono eseguili esattamente, la ricchezza
della nostra armonia e l’abilità del
maestro, nondimeno sogliono per lo più
nuocere alla semplicità ed energia del sentimento.
Si bado.soprattutto a conservar
1 unità nella melodia, regola fondamentale
di musica, come lo é di tutte quante le
belle arti, la quale consiste nel rivolgere
verso un oggetto tutta 1 attenzione e tutto
1 interesse dell’uditore, nel rinforzar il motivo
dominante, ovvero sia il canto della
parte principale con quella di ciascuna in
particolare, e nel far si che l’armonia, il
movimento, la misura, la modulazione, la
melodia e gli accompagnamenti s’acconsentano
scambievolmente, e non parlino.
a cosi dire, che un solo linguaggio. Codesto
pregio, che non sembra a prima volta
ne straordinario ne difficile ad ottenersi,
é nullameno uno degli sforzi più grandi
die abbiano fatto i moderni Italiani La
difficoltà consiste nella natura de nostri
sistemi musicali composti di moltiplicità
di parti. Se ciascuna di esse ha il suo
canto peculiari* e distinto, come può darsi
che suonando tulle insieme e contemporaneamente
a vicenda non si distruggano?
Se per il contrario le parli producono
lutte un solo e medesimo canto, in
qual guisa si otterrà 1 armonia che è una
combinazione equitemporanea di più melodie
diverse?
Ira i primi autori di si fdice rivoluzione
debbono annoverarsi Alessandro Scarlatti
e Leonardo Leo. napoletani, nelle
composizioni dequali incominciarono le
arie a vestirsi di convcnevol grazia e melodia,
e fornite si veggono d’accompagnamenti
più copiosi e brillanti. Il loro an© [p. 106 modifica ] - 106 i
I
I
(lamento é più spiritoso e più vivo che i
non soleva essere per il passato: donde
spicca maggiormente il divario tra il recitativo
e il canto propriamente dello. Le
note però e gli ornamenti sono distribuiti
con sobrietà in maniera, che senza toglier j
niente alla vaghezza del motivo^ non rimane!
questo sfigurato dal soverchio ingombro. Il
Vinci, mirabile nella forza e vivacità delle;
immagini, prese a perfezionare quella specie
di composizione della volgarmente reci- j
tativo obbligato, la quale per la situazione
tragica che esprime, pel vigore che riceve
dalla orchestra, e pel patetico di cui abbonda,
è lavoro pregiatissimo della musica
drammatica. L ultimo alto della Ut- |
done abbandonala^ modulato in gran parte ]
da lui a questo modo, è preferibile a quanto
han di più fiero e più terribile nella pittura
i quadri di Giulio Romano. Celebre
parimente si rendette Giacomo Antonio
bolognese, e più di lui Nicolò Porpora
napoletano, che parecchi capolavori ci ha
lasciati in codesto genere. Pergolese, il
gran Pergolese divenne inimitabile per la
semplicità accoppiata alla grandezza del suo ।
stile, per la verità dell’effetto, per la naturaralezza
e vigore della espressione, per l’agginslatezza
ed unità del disegno, onde!
vien meritamente chiamalo il Raflaello e
il Virgilio della musica. Simile al primo, egli
non ebbe altra guida che la natura, né i
altro scopo che di rappresentarla al vivo:
L’arte. che tutto fanulla si scopre.
Simile al secondo, ei maneggiò con felicità
incomparabile i diversi stili, de quali
si fa uso nella musica, mostrandosi grave,
maestoso e sublime nello Slabat IHaterj
vivo, impetuoso e tragico nell Olimpiade
e neirO//èo, grazioso, vario e piccante,
ma sempre elegante e regolato nella Serva
Padrona, la quale ebbe il merito singolare,
sentita che fu la prima volta a Parigi, di
cagionare una inaspettata rivoluzione negli
orecchi de’Francesi troppo restii a favorire
la musica italiana. Ninno meglio di lui
ha saputo ottenere Ì fini che dee proporsi
un compositore: ninno ha fatto miglior
uso del contrappunto, ove l’uopo lo;
richiedeva: niuno ha dato più calore e più
vita ai duetti, questa parte cosi interessante,
della musica teatrale. Del che possono far
fede l’inimitabile Addio di Megacle e di
Aristea nell’Olimpiade, e il Lo conosco a
quegli occhietti della Serva Padrona, modelli
entrambi di gusto il più perfetto, cui
si possa arrivare in codesto genere. Egli in
somma portò la melodia teatrale al maggior
grado di eccellenza a cui sia stata
finora recata, e se non ci fosse stato da
troppo immatura morte rapito (•), la quale
gli tolse l’adito di potersi correggere di alcuni
difetti proprii al genio, egli avrebbe forse
fatto vedere, che se la musica moderna
non produce i maravigliosi effetti dell’antica,
ciò non proviene dalfesser (dia incapace
di produrli, ma da mancanza delle
nostre legislazioni, che non sanno convenevolmente
applicarla.
Scarlatti il giovane, Durante, Perez, Terradeglias,
Lotti, Ziani, Gasparini, Lucchese,
Sarro, Mancini ed alcuni altri lavorarono
all’esempio loro con ottimo gusto,
(1) Morì di trentatrè anni. Alcuni affermano esser egli
morto di veleno propinatogli dai maeslri di cappella suoi
rivali. Quantunque ciò non inorili ogni credenza, egli è
tuttavia certo che Pergolese fu il bersaglio dell’invidia, c
che sembra essersi avverata nella sua persona quella
severa e. incomprensibil sentenza, che la natura in
creando gli uomini singolari, ha, come dice un poeta
francese, pronunziata contro di loro: Sois grand homme,
sois malheureux.
stili alquanto diversi, de quali! suoi Çapricçû ripieni di intricate stranezze
benché con
pero non formando classe da per sé. ma riducendosi
a principj esposti di sopra, non
occorre il fare individualmente menzione.
Come al rattiepidirsi della stagione nella
primavera, il calore che penetra nel centro
della terra, va dilatandosi a poco a poco
per tutti gli oggetti finché comprende e
vivifica la intiera natura, cosi il buon gusto,
comunicato sul principio ad un genere,
si propagò ben tosto agli altri che concorrono
alla perfezione del melodramma.
Lo strumentale fu il primo a partecipare
del benefico influsso. E opinione avverala
dalla esperienza e confessata dagli oltramontani
eziandio, che il ridente cielo del1
Italia comunichi agli slromenti una non
so qual delicatezza, che non si ritrova sotto
gli altri climi d’Europa. Forse ciò deriva
dalla temperatura dolce e fervida insieme
dell’aria, che domina generalmente in questo
paese, la quale, rendendo più
en
colti, più aridi e conseguentemente più
leggieri i legni, e più elastiche le corde,
è la cagione altresì che pesino meno, e
che più armoniosamente risuonino. Al che
aggiungendosi l’accento vivo ed appassionato
degl Italiani. che li dispone in partitola!’
maniera alla melodia e dolcezza di
canto, non è da meravigliarsi se la musica
strumentale, la quale non è che una imitazione
più o meno vaga e generica della
musica vocale. prende anche essa f indole
(liticala e leggera del suo modello.
Così si vede per prova che posta la stessa
fabbrica degli stromenti lirici o pneumatici
che siano, e la stessa abilità ne* maestri,
si osserverà tuttavia dagli orecchi imparziali
ed esercitati la soavità del suono
italiano a preferenza degli altri.
Se non che il miglioramento dell arte
del suono in Italia non dee tutto ripetersi
dalle accennate cagioni. ma dalle scuole
eziandio, che incominciarono a fiorire dopo
la metà del passato secolo. Le più celebri
furono quelle del Gorelli. e non molto
dopo quelle del Tarliui. La prima, che
ebbe origine dal più grande armonista
che mai ci sia stato di «pia dai monti,
spiccava principalmente nell’artifizio e
maestria delle imitazioni, india destrezza
del modulare, nel contrasto delle parti
diverse, ’ nella semplicità e vaghezza delf
armonia. La superiorità nell arte sua, e
la facilità di piegarsi a diversi gusti di
entrambe nazioni, italiana e francese, procacciò
al Gorelli un nome immortale in
tutta Europa, quantunque un numero assai
discreto di produzioni ci abbia egli
lasciate, memore della massima di Zeuzi:
Dipìngo adagio perchè dipingo pei’ tutti i
secoli. Lo stesso Lulli si riconóbbe inferiore
a lui, allorché, spinto da bassa e indegna
gelosia si prevalse della grazia in cui si trovava
presso alla Gorte di Francia per iscacciarnelo
da quel regno. Fra i rinomati discepoli
di questo grand’uomo la posterità annovera
tuttora il Locateli! bergamasco, il Ge
miniani e il Sdmis^). Il primo compositore,
disuguale e fecondo, presenta agli amatori
del bello musicale eccellenti esemplari d imitazione
nei maestosi e patetici gravi lavorati
in gran parte sull’esempio degli Adagi
del suo maestro, nelle brillanti variazioni,
e sopra tutto nelle sonate a solo,
le quali sono la più pregievol raccolta
che ci resta nella scuola Corelliana. Ma i
(2) Questi nomi, celebri al tempo dell’Arteaga, ora
sono appena conosciuti dai dotti bibliografi musicali.
La II.
e inventati soltanto per aver il vanto della
difficoltà vinta. non dovranno servir di
modello a chicchessia, se non se allora
quando 1 indiava zzo got ico sarà preferibile
alla greca semplicità. 11 Geminiani serberà
chiara lungo tempo la sua memoria presso
agl intelligenti a motivo della sua perizia
nell imitar lo stile del suo maestro, e nella
O
esecuzione, come il SomÌs, per la flessibile
leggerezza, uguaglianza, soavità e limpide!
suo stile.
dezza
(Sarà continuato)
«E PEU l.CU>E5Z<
Di una delle cause per cui il progresso ritirarle
musicale è rallentalo.
Quando io veggo l’affettata indifferenza di certi professori
di musica, segnatamente di quelli che si dedicano
all’insegnamento, per i nuovi trovali, e per i
perfezionamenti che tuttodì si fanno in opere di trattali,
di metodi c di meccanismi alti ad accelerare il
progresso degli studiosi, sarei vago di sapere la vera
cagione per cui essi da ninna cosa sicno mossi ad abbandonar
neaneo di un passo il sentiero battuto fin
dal pi imo incominciare della loro carriera. A udirli,
parrebbe che, siccome le buone disposizioni intellettuali
c fisiche c lo squisito sentire degli studiosi per
poco bastano a signoreggiar Tarte, così nulla, se non
quanto assolutamente importa a dirigere tali facoltà,
valga a cooperare alla pronta loro esplicazione, a rinvigorirne
la fiacchezza, a sopperire per qualche lato
alla loro mancanza; che i nostri sommi all’altezza in
che li veggiamo, poterono pervenire senza il sussidio
delle invenzioni falle dopo di essi; che per conseguente
ogni innovazione è ciarlatanismo, dappoiché le basi di
ogni ramo dell’arie musicale da lungo tempo sono
pianiate, e il volersene rimuovere, o il volervi aggiungere
riesce a inutilità o a detrimento. Con questi od
altri poco dissimili sofistici argomenti vanno persuadendo
il volgo musicale che la didascalica dell’arte
nostra assai prima d’ora sia arrivata al colmo della
perfezione, c che essi da questo punto precisamente
siansi partili.
Io sono ben lontano dal negare la straordinaria potenza
di alcuni ingegni, i quali, senza attingere altronde
che dalle comuni fonti i principi! da cui alla meritala
celebrità furono guidali, seppero innalzarsi sojira tulli
i loro contemporanei, lasciando di gran lunga indietro
i loro predecessori. Ma è pur forza che altri meco
convenga essere pochi gl’ingegni di sfinii tempra, e
che, senza il sussidio delle cognizioni c degl’ingegnosi
trovati già prima esistitili, a (aula altezza non sarebbero
al certo pervenuti. L’uomo non progredisce se
non in quanto arroge le sue alle cognizioni comunicategli
o tramandategli da altrui. Chi sa se Paganini
nel XVII secolo avrebbe pareggialo Gorelli? Chi sa se
Clementi o G. Sebastiano Bach non supererebbero i
nostri Liszt, Thalberg, Dohler, se posteriore fosse stata
la loro venula?
Mi paiono adunque mollo equivoche le ragioni che
i maestri, di cui ho parlato sopra, addurrebbero per
giustificarsi. Se non che nella maggior parte di costoro
siffatte ragioni (se pur sono da tanto di saperle addurre)
non servono che a velare una magagna assai piofonda.
La quale, per dirla schiettamente, non è altro che.
l’inerzia di coloro che professano un’arte per mestiere,
c che, per non istillarsi il cervello a contribuire secondo
lo proprie forze al progresso dcH’arle, trovano
comodissimo Tespedienlc di condannar tutto, senza aver
conosciuto nè tampoco esaminato nulla.
A comprovare la verità della mia asserzione potrei
citare di molli falli: ma per non dilungarmi soverchiamente
dallo scopo principale di quest’articolo, a due
soli mi ristringerò.
Dieci anni fa un metodo per pianoforte in grande
voga in Torino era quello di Colombo, ed era quasi
J Tunico conosciuto. Sopravvenne quello di Kalkbrcnner
SEGUE IL SUPPLEMENTO.