Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro I/IV

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Libro I - Cap. IV

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CAPITOLO QUARTO.

Navigazione sin’à Nanyanfù.


F
Atto il fornimento de’ viveri m’imbarcai con gli due Fanti Cinesi Venerdì 25. ben tardi in una barca del dispaccio, che ad ogni tre giorni si spedisce dal ViceRè per dar contezza all’Imperadore di quanto avviene nella Provincia: la qual cosa solamente egli, e i due Ministri maggiori possono fare. Per tre pezze d’otto mi diedero una camera nell’istessa barca assai agiata. Non partì la sera la barca sudetta, perche attese il dispaccio: il quale ottenuto fè tosto vela Sabato 27. tre ore prima di mezzo dì. Passammo dal canal grande di Canton in altro picciolo ben popolato di barche, sempre a vista di villaggi, e casini di campagna, continuandosi il cammino fra verde terreno. Tre ore prima del cader del Sole giugnemmo nella Città di Fuscian: dove il Doganiere, che stava in [p. 38 modifica]una barca, rivide il passaporto solamente del Barcajuolo. La Città da ambe le rive tiene più di due miglia di lunghezza con buone case di fabbrica, ma basse. L’altra Città (le dò questo nome per la sua grandezza, essendo effettivamente villaggio) è su l’acqua composta di barche, dalla cui moltitudine è quasi serrato il passo del canale; mentre a qualsivoglia popolazione di terra corrisponde altra su lo stesso, amando la povera gente abitare in case natanti ne’ canali, da’ quali tutto è tagliato il paese. Fuscian è una gran Città mercantile con ricchissime botteghe. E’ migliori drappi, che si trasportano da’ Spagnuoli nella nuova Spagna, si fabbricano nella medesima. Tiene più di mille telai, che lavorano sete: in ogni uno de’ quali li fan quattro pezze in una sola volta. Ella non ha Tribunale, e per tutto è soggetta a Canton, potendosi per questa soggezzione chiamar villaggio, però tale, che sa un milione d’Anime, all’uniforme relatione, che me ne ferono i Padri Missionarij. Quivi sopraggiunta la notte diedero fine i Barcajuoli alla lor fatica, riposando nella Guardia di Xùantìn.

Ripigliammo Domenica 28. il [p. 39 modifica]cammino tre ore innanzi giorno sempre a vista di buoni villaggi, e terreno coltivato; poiche i Cinesi sono sì industriosi, che non solo coltivano il piano, ma gl’istessi monti ancora, facendogli a scalinate per seminarvi. Prima di mezzo dì passammo la Villa di Seùtan, posta entro una selva d’alberi fruttiferi; quindi ne passammo un’altra detta Sinan lunga più d’un miglio; vedendosi ambe le rive popolate in terra, e su l’acqua da tante famiglie in barche. Rellammo nella Guardia di Sùxuytan. La giornata si fe, remandosi la barca da cinque uomini. L’andare è delizioso, rimirandosi disteso in letto ambe le rive verdeggianti.

Lunedì 29. innanzi giorno proseguimmo il viaggio, incontrando ad ogni quattro miglia le Guardie del canale, che tengono un barcone armato di spingarde, et un falconetto alla prora, per seguitare i ladri; pagando l’Imperatore infinito numero di Soldati per render sicuro il cammino di tutto l’Imperio, con tenervi a competenti distanze le Guardie. Per altro un ladro è ben difficile che si ponga in salvo, poiche se andrà nella sua Patria sarà preso; se vorrà occultarsi in altra abitazione, non è agevole, poiche i [p. 40 modifica]vicini della contrada, dove andrà a vivere, non l’ammetteranno senza malleveria di dieci famiglie, che non lo faranno, fuor solamente che a persona ben conosciuta. La notte dimorammo nella villa di Zin-juenxyen; le cui mura son di giro d’un miglio, et è ben popolata, e con buone strade, e botteghe; tiene un Borgo su la destra riva assai lungo, ch’abbonda del tutto.

Martedì 30. secondo l’usato si trasse la barca per una corda, a cagion dell’acqua, e del vento contrario. Entrammo dopo mezzo dì fra altissimi monti, che s’aprivano per dar passo al canale. Eran quelli assai vaghi, e pieni di verzure, e di ruscelli, ma l’acqua è poco buona. Lasciammo a sinistra una gran Pagode con più case all’intorno fra il fresco degli alberi, servita da Bonzi. Volendo io mangiar pesce (che non vendesi quivi, ma a peso cambiasi con riso) i serventi Cinesi il posero a cuocere insieme con una Gallina, giudicando così darmi miglior piatto; di che io turbato lo fei gittare nel canale: Passato lo stretto de’ monti restammo la notte nella Guardia di Xyàcheù; Quivi tutta la notte toccavasi il tamburo Cinese, per dimostrar la [p. 41 modifica]Sentinella la sua vigilanza.

Mercoledì 31. ripresa la strada andammo per luoghi, dove ben rare erano l’abitazioni; e posammo la sera in mezzo al fiume.

Giovedì primo di Settembre aprendoci il canale il passo fra alte montagne, passammo all’ombra di quelle; e giungemmo a mezzo dì in Yntèxyen, picciola Villa murata con un gran Borgo.

Entrai in una Pagode, dove erano grandi statue d’Idoli sedute con mustacci, e barbe lunghissime, con vesti regali, e con berette in capo alla Cinese, le quali son come teste di cappelli alte, e dimezzate sopra il capo. A’ lor piedi era una statua alquanto più picciola seduta dell’istessa maniera, ma con beretta differente; e a’ lati di quella stavan due come Paggi in piedi. Fuor della Pagode era una statua in piè con volto di demonio, che teneva una lancia, et a sinistra un’altra con un cassettino in mano come offerta: Più in fuori vi erano due Cavalli insellati a’ lati, ciascuno tenuto da un valletto per lo freno: eravi anche un gran tamburo appeso, et una campana di bronzo della forma delle nostre, che serve per toccarsi a mezza notte, e [p. 42 modifica]nell’ore solite dell’orazione. Restammo la sera nella Guardia, e Villa d’Uanfùcan.

Venerdì 2. passando per una Pagode tagliata in mezzo d’un’alta rocca, la cecità de’ Barcaroli brugiò alcune carte, e accese i lumi. Il Fiume era torto e la barca si tirava con una corda fatta di cannucce, onde il cammino si facea lentamente: e i Marinari ancora consumavan il tempo a far la loro cucina, travagliando nella medesima a vicenda; pcrcioche son sì ghiotti, che divoran due volte la roba, prima cruda, e poi mezza cotta; poiche uno se l’aggira nelle mani, l’altro le da un taglio: tal’uno la lava, et altri con l’occhio l’inghiottisce. Eglino fan all’alba il prima pasto, continuando ad ore gli altri, nè altro ch’il ventre è il loro Dio.

Pernottammo Sabato 3. presso la Guardia dì Pattù. Il caldo facevasi sentire, che l’accrescevano i Marinari co’ lumi, ch’ogni sera accendevan ad un pagodino, che stava dentro il mio camerino, per lo che tosto io gli ammorzai.

Domenica 4. prima di vespro giungemmo a Sciauceufù, Città cinta d’una debole muraglla di quattro miglia; e per le tre parti circondata dal fiume; ha buone botteghe, e case all’uso di Cina. [p. 43 modifica]

Lunedì 5. dopo lo sparo di alcuni mortaretti venne per la strada della marina il Mandarino della Città a prender fresco; lo precedevano due con due tamburi di bronzo, che davano nove colpi, due bandiere turchine, due bianche, due mazze con le teste di Draghi dorate all’estremità (son l’Armi Imperiali) due manigoldi con bastoni in mano, quattro mazzieri, altri quattro ufficiali con cappelli rossi, e neri, a modo di un pan di zucchero senza falda, e con due penne pendenti, i quali gridavan per avvertire il popolo. Veniva appresso il Mandarino in sedia, portato da quattro con tre ombrelle a’ lati; lo seguivano dieci Servidori con scimitarre, tenendo la punta avanti in vece del manico. Dimorammo la notte presso alle case di Tanfù, o guardia di Vyantan.

Restammo Martedì 6, in mezzo al fiume senza aver fatto molto cammino, per cagion della corrente contraria, e rapida.

Mercoledì 7. dopo vespro giugnemmo in Chiankeu, picciolo Villaggio, dove si finì il viaggio della prima barca. Si prese quivi altra più picciola, per cagion della corrente, e mancanza dell’acque, [p. 44 modifica]mentre quivi s’uniscono due fiumi; si pagò questa barca 700. Sien, o Ciappas (sono una pezza d’otto). Partimmo tosto, entrando nel fiume dalla destra. Posai la notte fra molte barche.

Giovedì 8. di buon’ora continuammo con maggior fretta il cammino, venendo al cader del Sole in Tancòyen; dove non potendo l’acqua del fiume irrigare i campi, gl’industriosi Cinesi la gittavano a forza di braccio con un cato sbalzato per una corda da due persone; o col piè girando una ruota, alla quale, e ad altra dall’estremità si aggira una catena di tavolette per taglio, ch’entrando strettamente dentro una lunga cassa di legno, della quale l’estremità è posta nel fiume, monta l’acqua per quella, e và nel terreno per un canale. Curiosa al certo invenzione, che non altri, che il peregrino ingegno Cinese poteva introdurre. Restammo la sera presso al picciolo luogo di Tauriyen.

Venerdì 9. giunsi dopo mezzodì in Nanyunfù ultima Città per quella parte della Provincia di Canton: andai nella Chiesa de’ Padri Missionarj Spagnuoli, dove quantunque non ritrovassi il Padre (ch’era andato alli Villaggi di sua [p. 45 modifica]missione) fui nondimeno con amore ricevuto da’ serventi, che mi trattarono alia miglior maniera, che poterono.

Nanyanfù è a destra del fiume in latitudine di gr. 25. e 142. di longitudine; la sua figura è lunga un miglio, e mezzo, larga un quarto. Postomi in sedia per lo fresco andai passeggiandola, e non trovai cosa, che allettasse gli occhi; poiche oltre d’esser basse le case, ve ne ha molte logore, e rovinate, restando spaziosi giardini dentro la Città. Vi sono molte botteghe di merci, e viveri, essendo quel luogo necessario passo per tutte le mercatanzie, che si trasportano da Mezzo dì al Norte, o al contrario.