Gli assempri/De' tremuoti che fuorono al Borgo a Santo Sepolcro

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De' tremuoti che fuorono al Borgo a Santo Sepolcro

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De' tremuoti che fuorono al Borgo a Santo Sepolcro
Come Idio minacciò terribilmente un mormoratore Come un'anima subbitamente ch'el la passò di questa vita, apparbe a un suo confessore

[p. 205 modifica]De’ tremuoti che fuorono al Borgo a Santo Sepolcro.1

CAP. 55.⁰


In un castello che si chiama el Borgo a Santo Sepolcro presso a la città d’Arezzo a quindici miglia, avenne alquanto tempo doppo la mortalità del mille trecento quarantotto, che alquanti villani partendosi de la terra la sera al tardi quasi notte, tornavansi a le case loro. Et essendo già dilongati parecchie miglia, e quasi su le due ore, riscontraro grandissima moltitudine di gente a cavallo neri scuri e terribili tanto, che quelli villani vennero tutti meno de la paura. Ma pure un di loro s’assicurò tanto, ch’egli dimandò un di loro e disse: Che gente sete voi? Allora un di quelli cavalieri rispose e disse: Siamo gente del diavolo ch’andiamo a sonnabissare el Borgo a [p. 206 modifica]Santo Sepolcro. Allora quelli villani si fecero el segno de la santa croce, e subbito quella gente tutta sparì. Anco in quella medesima notte era nel detto castello un giudice del Podestà de la terra, el quale era un buono uomo e molto devotamente viveva nel timor di Dio, et osservava e’ suoi comandamenti. Et in fra l’altre virtù ch’egli aveva, si aveva questa cioè che molto devotamente diceva l’officio de la santa chiesa, e massimamente si studiava di dirlo all’ore quanto poteva. Sicchè in quella medesima notte essendo egli levato per dir mattino, et avendo cominciato a dirlo, sentì grandissimo romore per la terra di gente a cavallo, e facendosi a la finestra e mirando che gente fusse, vidde ch’era gente a cavallo armati, e pareva molto scura e terribile gente, et erane piena tutta la terra. Allora el giudice vedendo questo, con gran paura se n’andò a la camera del Podestà, e chiamollo dicendo che si levasse, però che la terra era piena tutta di gente a cavallo, e non sapeva che gente si fusse. Allora el podestà gli rispose e disse. Va’ che se’ un fantastico, va dorme, e lassa dormir me. E medesimamente chiamò tutta l’altra fameglia, e quasi simigliantemente con proverbio ciascuno gli rispose. Allora el giudice ritornò a la finestra, [p. 207 modifica]e mirando questa gente parevali che facessero si grande el romore, che non credeva che fusse persona ne la terra che nol sentisse, e non dimeno nol senti altro che egli solamente. E istando egli cosi a mirare questa gente senti una grandissima voce che disse: Percuoto? E subbitamente un’altra voce gli rispose e disse: No: però che non è anco detto mattino a Santo Augustino. E poi stato un’altro poco, anco senti quella medesima voce che disse: Percuote; però che a Santo Augustino è detto il mattino. Allora subbito cominciò un tremuoto grande e terribile e tanto tenebroso, che pareva che tutta l’aria fusse piena di dimonia. E tutto ’l palazzo del Podestà sonnabissò e cadde, e chiunque v’era dentro vi mori sotto, salvo che ’l giudice che era a la finestra e vedeva et udiva queste cose. E però che ’l muro era grosso et antico rimase per dispensazione di Dio quel pezzo del muro con tutta quella finestra e coll’arco, che non sonnabissò. El giudice allora venne sì meno, che quasi tramortì de la paura, e per tal segnale stette el giudice a quella finestra la maggior parte del di innanzi ch’egli ne potesse scendare. E molte case et altri edificii, si come fuorono luoghi di religiosi caddero ne la terra, e morivi sotto religiosi, et infinita moltitu[p. 208 modifica]dine di popolo. Di questo fu testimone tutto l’avanzo degli uomini e de le donne, che rimasero ne la terra. Et anco e’ villani, che riscontraro e’ dimoni ch’andavano a sonnabissare quella terra. Et in quel medesimo tempo in molti luoghi de la cristianità sonnabissaro molte città e castella, et eziandio in molte parti del mondo, ne le quali morì infinita moltitudine di popoli.


Note

  1. Questo terremoto è rammentato nella Cronaca Perugina del Graziani: non meno che dal Villani. Venne il 9 settembre 1349 e si estese molto per tutta la provincia della Marca. Nota il cronista che i paesi più di tutti danneggiati nelle fabbriche furono Aquila, Spoleti, e Borgo S. Sepolcro.