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Gynevera de le clare donne/25. De Isabella de Aragonia regina de Neapoli, piena de religione

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De Isabella de Aragonia regina de Neapoli, piena de religione ../24. De Catherina Beata da Bologna ../26. De Biancha Maria Vesconte, duchessa de Milano quarta IncludiIntestazione 31 luglio 2010 75% saggi

25. De Isabella de Aragonia regina de Neapoli, piena de religione
24. De Catherina Beata da Bologna 26. De Biancha Maria Vesconte, duchessa de Milano quarta


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Isabella, de’ Neapoletani serenissima regina, fu de tantra clarytà de sangue et de virtute, quanto de altra presso noi, in honore del nostro Gynevero, se possa cum divine laude celebrare, come narraremo. Se debbe dunque sapere che essendo restata herede del parthinopeo regno la regina Ioanna secunda del re Lecislao, et tolto per marito de Franza el re Iacobo, che prima se dicea duca de Nerbona, et da lui poi facto incarcerare il pricipe [p. 246 modifica]de Taranto, quale parea aspirasse ocupare il regno, poi per opera de Tristano, illustre cavaliero di prischi signori de Franza, de la casa de Chiaramonte, carissimo affine alevato del prefato re Iacobo, marito de la regina Ioanna, fu de le carcere liberato, che tal liberatione già mai se sperava. Questo alhora principe de Taranto, per non essere a tanto beneficio ingrato, dette in matrimonio una sua cara nepote, figlia del suo quondam fratello et de la consorte de quello Catherina de li Ursini, principi romani. Del quale matrimonio ne nacque ne li anni de la salute mille ccccxxquatro Isabella prenominata et due altre figliuole, quale altamente maritate morirono. Morta la regina Ioanna antedecta, il re Alphonso de Aragonia, già facto adoptivo figlio de essa regina, come habiamo ne le virtute de lei narrato, venne nel regno, chiamato da li signori de quello et da li primati de Neapoli per succedere [p. 247 modifica]nel regno, come adoptivo figliuolo: in lo quale, doppo molte guerre ultimamente restato re, et non havendo altro unico herede che Ferdinando, suo figliuolo, dubitò, come savio re, che doppo la morte sua non intervenisse qualche defectione nel stato, per essere il figliuolo Ferdinando, alhora duca de Calabria, di etate anni xvi; et per firmarlo cum forte spale ne la successione del regno, gli dette per moglie Isabella che era de anni xxii, cara nepote (come propria figliuola) del principe de Taranto, et figliuola già del predecto illustre cavaliero Tristano. Cun ciò fusse che, quando esso re Alphonso venne ad Neapoli, trovò el principe de Taranto, infra gli altri benivogli signori, molto suo affectionato; et così, regnante Alphonso, vixe sempre in grandissimo favore. Di che iudicò essere meglio uxorare il figliuolo nel regno, che fuori de quello altamente et cum più reputatione, come era de tore la figliuola [p. 248 modifica]del duca de Bergogna, quale di era cum degno partito offerta, et a tanta affinità da molti baroni del regno era confortato. Ma credo che ’l cielo permetesse, che per il premio de le virtute de costei fusse del titolo de la regina dignificata, et che poi la sua anima infra le etheree et candide nymphe dominasse.

Questa Isabella fu formosissima, quanto mai regina se possa recordare. Alta de corpo, cum una grata macilentia, colorita biancheza; li suoi occhii tendevano un poco sul bianco; li capilli furono biondi et lungissimi. Infra certe venustà del suo corpo, mai fu veduta in donna mane più bianche, nè dete più longhi et ben proportionati, che a lei. Naturalmente il suo aspecto era regale in modo, che qualuncha incognito l’havesse veduta, o sola, overo in compagnia de altre donne, non per distinctione de vestimente, overo altri portamenti, ma solo per la maiestà de lo aspecto [p. 249 modifica]che era in lei , senza dubio l’haverebbe iudicata regina. Fu eloquente, hebbe dolce sonorità de voce, come bene organizata; fu humanissima et affabile, honestissima in opere et in parole, senza mormoratione de alcuna vanità. Le sue parole per diportarsi erano savie et benigne. Voluntieri vedeva gl’homini docti et costumati; le donne de bona fama et de virtute haveano gratia cum lei. In la corte sua non li piacea tenire gioveni nè homini de legiero sentimento, che quando aprisseno la bocha, el vento li menasse la lingua.Ma donde sentiva homini prudenti et de grande maturità, cum ogni industria et spesa se operava presso se tenerli; et similmente questa felice electione usava in le donne et damicelle, che tenea in camera sua, le quali sempre erano erudite da lei, in quanto a Dio et al mondo, al virtuoso vivere.

Li suoi piaceri et quilli delle sue damicelle furono sempre cum grande [p. 250 modifica]honestate et sobrietate, a ciò che Ceres et Bacho non facessero in la sua pudica corte Venere regnare. Del che ogniuno existimava la regia casa non regale in questo, ma più tosto monastero, overo di castità sacratissimo templo. Li suoi habiti et vestiti furono neapolitani et modestissimi, senza ostensione de le pumpe, come hogidì usano molte donne per lasivia, ma quasi tutto il pecto cum vera honestà portava coperto. Et quisti habiti non solamente lei usava, ma generalmente volea che tutte le donne de sua compagnia usaseno. Infra l’altre sue innumerabile virtute fu de tanta constantia, che nel tempo che lei era duchessa di Calabria, il socero re Alphonso teneva costantemente per inamorata, per vivere iocundo, la bella Lucretia de Lagna, per la quale esso re fece tante magnificentie, tante amorose feste et triumphi et doni, et auctorità a lei concesse nel regio stato, che non voglio dire dispiacesse ad [p. 251 modifica]Isabella, ma a la prefata Lucretia portò tanto honore et reverentia, quanto li fusse stata propria matre. Del che il re et tutti li signori existimarono Isabella infra l’altre illustre dote de la natura essere stata constante, patiente et humanissima, perchè questa Lucretia era come regina honorata.

Nel tempo de nove anni che Isabella stete duchessa de Calabria, cum molta gratia di populi, hebbe cinque figliuoli. Il primo fu Alphonsio, al presente duca de Calabria, precipua gloria in Italia de l’arte militare; il secundo Lionora, duchessa di Ferrara; terzo figliuolo Federico, felice principe di Altamura; quarto Joanne, quale fu colendissimo cardinale; quinto figliuolo fu Beatrice, dignissima regina de Ungaria. Che poi fece il sesto figliuolo, quando divenne regina, nominato Francesco, quale moritte.

Morto il re Alphonso, Ferdinando, [p. 252 modifica]che era duca de Calabria, successe re nel paterno regno, et lei regina. La quale nel stato regale se gubernò cum la sua usata religione et serene virtute, per modo che di lei beatamente se parlava. Quando il regno fu invaso dal duca Ioanne per occuparlo cum lunga guerra, havendo il conte Iacobo Picinino per suo valoroso capitaneo, che fin in Neapoli de strenue opere d’arme ribombare facea, et il re Ferdinando cum florido exercito defendendosi, Isabella per sei anni sola gubernò la cità de Neapoli, capo del regno, cum iustitia et tranquilità et amore de citadini. Lei pur se mostròe rigorosa a li delinquenti, et de buoni fautrice; sempre cum franco animo confortò il marito a la guerra per diffensare il regno; fu de tanta continentia et tollerantia, che essendosi ribellato el principe de Taranto suo patruo, et mostrandose acerimo inimico de sè et del suo stato, che mai disse parola contra lui, che non fusse [p. 253 modifica]humana et reverente. Lei non lassava opera a fare, per salute del regno et de li populi, de giorno et de nocte. Mai fu tanto occupata in le occorentie del regio stato, che ella preternitesse li officii, le oratione, le messe, li deiunii, le abstinentie, le discipline et il portamento de cilitio, et le elemosine, perchè era catholica, devota et amante de Dio; quale continuamente orava, se per el meglio era, li defensasse el regno da la guerra havea. La quale fu tanto longa et grande, che ’l re suo marito, molte volte trovandose de denari exhausto, lei per la vendicata a se benivolentia di populi, era da quilli confortata cum affectionate offerte de denari et de argento, ogniuno secundo la sua possibilità; et fu tal giorno, che recoglieva octocento ducati de subventione. Questo subsidio fu de tanto fomento, che ’l re tenne la sua gente de arme al suo servitio, la quale era totalmente deliberata abandonare il regno, cum evidente [p. 254 modifica]iactura de perdere tutto il regno. Di che el re, confortandose in speranza consequire la salute del stato, ringratiava Dio, che l’havea de tal donna dotato.

Quando esso suo marito fu rotto nel strenuo facto d’arme in la foce de Sarno, che per ogni homo se iudicava l’ultima sua ruina, lei cum iocunda ciera et prudente parole li dise che non dubitasse et che l’havesse in Dio ferma speranza, che presto ogni suo affanno et dolore li tornarebbe in letitia et pace: che Cristo permetea che li suoi servi fusseno le più volte opressi, et non perhò in tutto absurti et annegati; sì che vivesse cum animo invicto, che presto lei farìa provedimento de refare le rotte gente de arme. Così lei se redusse nel templo del divo Pietro martyto, dove fece chiamare molti citadini; et molti altri li andarono per speciale amore, senza essere vocati; et cum tanta benignità li recomandò el marito [p. 255 modifica]et lei, che ogniuno li prestò amorevolmente denari, più che non comportava le conditione di tempi et le loro facultà, in modo, quando prestavano, parea andasseno ad pigliare plenaria indulgentia. Questo auxilio et suffragio fu tanto, che ’l re in campo se refece. Ma vedendo lei grande difficultà a la defensione del regio stato, per essere a quello ribellato el principe de Taranto suo patruo, disposto in tutto a la victoria del duca Joanne, et che per lettere nè per secreti oratori et messi l’havea potuto reconciliare, andò ad trovare in secreto luoco el prefato principe, per removerlo da la devotione del duca Joanne, et non cum manco animo et virtute, che andasse Victuria, nobile romana, in campo ad trovare Coriolano suo figliuolo, che havea obsessa Roma; et in questa forma disse: « Principe magnifico, io te ho per patre [p. 256 modifica]sempre habiuto, et in tanta dilectione, che mai de la mia bocha non usitte parola, che non fusse verso di te honesta, come sempre il mio core te ha filialmente observato; quantuncha tu me faci affannatamente vivere, per lo auxilio doni al duca Ioanne, che expella il mio signore marito, il quale me desti cum tanto lieto animo, a ciò io diventasse regina. Tu te sei sdegnato seco per effecto, existimo, de poco valore. Et la tua signoria pur effectualmente dimostrò più che altro signore del regno amare el patre Alphonso, quale, come sai, a ti me domandò, a ciò fusti columna de conservare doppo la sua morte el figlio nel regno, come quello che havea in te tutta la sua speranza; et così a lui et a me prometesti. Hora la tua excellentia non è de tanta fede et speranza observatrice. Tu me hai facta regina, et mo’ me voi fare vasalla: che a te, oimè, non sarà alcuna laude. Pregoti duncha dolcemente, [p. 257 modifica]per paterno amore, lassi el duca Ioanne, et piglia el mio marito per figliuolo, che ancora ne sarai felice, lassando, come effecto del magnanimo principe, ogni iniuria et sdegno andare al vento. Et quando per altro la tua signoria non el voglia fare, facialo per amore di mei figliuoli, li quali fin qui non manco ho alevati per gloria del tuo nome, che per quella del proprio patre. » Et cum molte altre prudente prole et virile maturità, persuase il ribellato principe, che ’l se destolse dal duca Joanne; la qual cosa fu felice presidio a la vendicatione del suo regno, per modo quello remase cum molta gloria difensato; et dipoi fu de esso regno il marito legiptimamente coronato da Pio secundo, pontefice maximo.

Tranquilato el regno, Isabella non mancò mai de le sue illustre opere et virtute. Et per dieci anni che vixe regina, in tutte le virtute spirituale et sancte et seculare se fece splendida [p. 258 modifica]et diva, et cum tanta iustitia et beatitudine, che alhora se potea in Neapoli et in tutto el regno dire esser la etate aurea de Saturno. Fu tanto dilecta et cara al re marito, che per dea l’adorava. Cum grande devotione instaurò in Neapoli un templo, chiamato sancto Petro martire, de la religione de Dominico divino confessore, dove lassò octomilia ducati de brocati et vestimente sue. Fece molte altre opere pie et elemosine, ad gloria et laude de Dio. Pigliava dilecto audire li certamenti de li theologi et de legere opere morale et sancte. Hebbe spirituale piacere legere la copia di quello libretto de sancti documenti, composto per la beata Catherina da Bologna, che a la regia sua maiestà mandò in dono Angelo Capranica cardinale nostro legato, come in le virtute sancte de essa Caterina beata habiamo exposto. Non mancò mai ancora exhibuire el debito a la iustitia, quantuncha fusse de sua natura [p. 259 modifica]humanissima et clemente, mostrandose aspra et rigorosa, quando rechedea el tempo et la stasone.

Atendea solamente cum summo studio a la recta gubernatione del regno. Infra li altri effecti de iustitia, accadette uno giorno, che essendose absentato el re, uno suo carissimo curiale, chiamato don Ferrante de Juvara, adimandò de gratia a lei uno suo creato familiare, che era detenuto per certi furti et altri commissi delicti; et non possendone alcuna gratia consequire, mandò a supplicare al re, li facesse gratia de liberare questo suo creato. Così il re li fece gratia, scrivendo lettere a la regina per questa liberatione. Et le lettere, portate ad tre hore de nocte, non parse a don Ferrante de Juvara indisposto el tempo a presentarle, et il tempo defferitte a la sequente matina. Questo sentendo, Isabella regina, come desiderosa punire li delinquenti secundo loro delicti, avanti giorno de [p. 260 modifica]tre ore, et prima che le lettere li fusseno presentate, fece suspendere el delinquente. Recepute poi le lettere, respose al re che sua Maiestà havea comandato fusse liberato l’incarcerato, quale non havea, ma non l’homo impichato. Per questo spectaculo certo li selerati non manco se spaventavano, che li boni se alegrasseno de la conversatione de iustitia, et quiete vivere.

Le opere, costumi et sue virtute furono illustre et de grandissima excellentia; per le quale certo non ha manco nobilitato il sexo femineo, che facesse la prenominata Victuria, che per havere per le sue pietose et prudente parole liberato Roma da la obsedione del figliuolo, il Senato Romano, in memoria de tanta virtute fece hedificare un templo et lo altare a la muliebre fortuna; et fece che le donne fusseno da gl’homini per la via honorate, et che se dovesseno levare in piedi, dando a loro la via, et secundo [p. 261 modifica]le donne orientale, li fusse licito portare a le aurechie le annelle, et portare potesseno le purpuree vestimente et fimbre de oro et armille. Così quasi dire possiamo, che Isabella regina liberasse Neapoli per virtù del suo ingegno et eloquentia, havendo levato da la rebellione il patruo, potente principe de Taranto, come Victuria liberasse Roma.

Essendo pervenuta in li anni quarantauno de sua etate, et vixa cum grandissima continentia, pudicitia et religione et concordia cum el marito anni xviiii, zoè nove duchessa et dieci regina, se infirmò di febre et de uno accidente, che mai volse dire per honestate; per la cui forza, essendo confessata et comunicata, finite sanctamente li suoi giorni et invocando el nome de Iesu, a li xviiii giorni de marzo, in li anni de la salute millecccclxv. Infra le sue più chare reliquie et spoglie fu trovato uno coffanetto, nel quale, credendose [p. 262 modifica]fusse pieno di geme, li era uno cilicio et una sferza per la disciplina.

La morte de questa religiosissima regina aflisse il core et l’anima al re marito et a li picoli figliuoli. Tutti li signori et populi del regno furono provocati a lucto, a pianto et a suspiri, che mai in uno regno fu veduto et inteso magior cordoglio. Il mesto re cum magnificentissima pompa funebre et lugubre et de exequio, fece recundere el morto corpo nel templo del divo Pietro martyro, come lei in vita disse volere essere sepulta. Il re li fece nobile sepoltura, in testimonio del peservato honore, a ciò fusse conosciuto che ’l splendore de la virtute non può essere ofuscato per alcuna tenebre de la adversa fortuna. Il corpo duncha de Isabella regina in questo mondo gloriosamente cum benigna memoria honorato, così la sua anima possiamo iudicare essere in fra le celeste et dive colocata, orando per honore del nostro Gynevero, che co[p. 263 modifica]me in questa vita terrena è felice, così in la celeste fia beato.