Gynevera de le clare donne/7. De Francesca Venusta del Conte Bernardo da Polenta

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7. De Francesca Venusta del Conte Bernardo da Polenta

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7. De Francesca Venusta del Conte Bernardo da Polenta
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Francesca, figliola del conte Bernardo, magnifico signor de Polenta, et moglie honoranda de Albertho di Galuzi splendidissimo cavaliero de la cità de Bologna (il quale, stato cum lei circa tredici anni, moritte) fu donna honestissima et belissima de corpo , et de viso excellente, per la cui gratia era nominata la Venusta Fracesca. Di che, com’è naturalmente [p. 59 modifica]che le belle cose piaceno, fu molto combatuta da gli occhij de’ giovani et da altre lascive battaglie. Ma lei come savia donna visse cum grandissima honestate, pudicitia et continentia, et ogni opera et insidie di lascivi amanti lassava a l’ aere et al vento per non inquinare l’anima et la generosità del suo sangue et l’honore de la cara memoria del maritto.

Visse magnificamente in reputatione de pudica fama, cum servi et serve conforme a la gloria del suo sangue. Fu devota del stato del paradiso, et in quanto a Dio et al mondo, fu liberale, et fu per la sua honorata dota habundante de richeze. Fu donna morale ed in lettere latine assai intelligente. Fu in lingua, et cum il calamo facunda. Pigliava non poco dilecto de la pictura et de la musica. Fu devota molto in laude de la virginità de la Regina di Cieli. Pigliava piacere come reale dilecto [p. 60 modifica]alcuna volta de ucellare ad falcone, et de andare ad cacia de lepore et caprioli. Vivea cum proponimento stare nel stato viduile. Homini et donne per la sua virtute et prestantia l’haveano in singular reverentia.

Accadette che la nostra cità era oppressa da fiera et longa guerra da Joanne Bizozero milanese, alto capitaneo del potente exercito del principe de Milano Bernabò Vesconte, per farla ad esso principe subiecta, cosa intolerabile al bolognese populo. Il quale, terminava cum fermo proponimento prima exterminatamente morire, che tolto li fusse el thesauro de la sua libertà, perchè non è cosa più dolce che per la libertà finire.

Ordinò fare ultimo suo sforzo insieme cum el signor Carolo Malatesta, principe de Arimino, suo fidelissimo capittaneo et essere a le mane cum lo exercito inimico. La Venusta [p. 61 modifica]Francesca, intendendo la deliberatione del populo, come valorosa donna de animo et de ingegno, ne prese singular speranza de futura victoria; per il che, non sapendo lei alhora altro che fare, mandò per degno costume de sua magnificentia, a presentare il capitaneo del bolognese exercito, tri fiaschi coperti de pavera, uno era argentato, l’altro aurato, et l’altro megio aurato et megio argentato de fin auro et argento, (credo perchè se cognoscessero) quali erano pieni.In uno era iulebbe, in l’altro solemne vino, et in l’altro aceto rosato: et mandoli una grande cesta di candidissimo pane condito de zucharo et de aqua rosata. Et cum questo presente, di sua propria mano, in questa forma, una lettera li scripse recomandandoli el bolognese populo per la futura bataglia: « Signor mio, valoroso capitaneo; mossa io sinceramente da la affectione, che ho la excellentia [p. 62 modifica]de le tue virtute, e dal desiderio grande vedere liberata questa cità da li affanni, incendij et jacture, che patisse per la presente guerra del tyranno, il quale vole de liberi farne servi a lui, scrivo la presente lettera a la tua alteza, in compagnia de lo exiguo presente de mi tua devota feminella. Il quale te mando per confortarti li spiriti quando fusseno affannati da la calda stasone per la fatica de le arme. Te prego duncha strenuo capittaneo signor mio, te sia racomandato l’unica speranza del felsineo populo, che ha in la tua militare virtute; chè così operando farai cosa di te degna et renovarai la gloria de’ toi progenitori, quali sempre cum felice victorie illustrarono la militare disciplina. A la tua duncha grandissima virtù me raccomando, et recordote che io sono minor figliola, perchè casa mia da Polenta è de affinità per antiquo coniuncta cum casa Malatesta. Prego [p. 63 modifica]Dio prosperi li toi desiderij concedendoti la desiderata victoria per nostra etterna fama. Al capittaneo fu iocundissimo il presente de la magnifica donna, laudando molto il suo prestante animo. Venuto il tempo de la terminata battaglia, il populo armato usitte fuori de la cità, et cum il suo capittaneo asaltarono strenuamente et cum grandissimo ordine li inimici, li quali rupeno et spezarono cum ultima clade. Et in memoria de tanta felice victoria, la repubblica a prieghi de la excellente donna, de la pictura molto vaga (come decto habiamo) la fece effigiare in un oraculo nel bel templo del sarapho Francesco, a sinistra mano ingrediendo dentro, verso li vaghi monti. La qual battaglia, instaurando quell’oraculo, fu ruinata, che certo quando li penso ne suspiro et piango; me doglio che li nostri primarij citadini de la republica patri circunscripti, che non sono curiosi conservare lo exemplo [p. 64 modifica]de le glorie de loro passati per reputatione de la nostra cità, et per acendere li posteri ad simile, overo a magior glorie. In questa bataglia de la aquisita victoria, che se chiamava la bataglia de san Rophillo, perchè al ponte de san Rophillo presso la cità nostra tre miglia fu facta, se vedea el capitaneo grande, grosso et rubicondo cum la spada in mano, sopra leardo cavallo apomelato, in animare le copie di militi contro le hostile squadre. Se vedeano le gente da piedi et a cavalo, christate variamente, et mischiate et avilupate, et questo et quello caduto in terra, chi morto et chi ferito et chi piegato fin sopra la gropa di cavali per li receputi colpi, et chi passato dal’un canto a l’altro cum li accuti ferri de le lanze. Parea proprio vedere exire sangue vivo de le ferrite. Se vedeano li tronchoni de le spezate lanze, parte ne l’aere, et parte in terra. Se vedeano de li cavali [p. 65 modifica]vivi et morti reversati in terra, et alcuni cespitanti ne li pavesi, che erano abandonati da l’imbrazatori. Pareano li cavali, cum spumanti freni per la faticha, sentire fremire, li quali non cum mancho felicità pareano pincti, che fusse il cavalo pincto da Appelles, excellentissimo de tutti li picturi, tanto naturalmente formato, che gli altri cavalli vedendolo incominciavano fremire. Se vedeano anchora l’arme di militi, et il viso de’ pedoni insanguinati et pulverosi per la percossa terra da cavalli et da gli homini combattenti. Se vedea dono Alonso, nepote del nobilissimo Egidio cardinale di Spagna in Bologna degnissimo Legato, cum molte ferite morto cadere a terra in favore del bolognexe populo. Se vedeano cum strenui acti et gesti li arceri tiranti le nervose corde de li duri archi fin a le aurecchie, che le saette cazavano, et similmente le baliste caricare et trare.Si vedeano li trombetti [p. 66 modifica]rubicundi cum le guangie enfiate per la forza del fiato che davano a le tube per inanimare li combattenti. Se vedeano li pavaglioni et li tentorij tesi, et molti instrumenti bellici. Se vedea el vexillo de Santa Chiesia, et vedease quello del populo et libertà de Bologna, donato al valoroso capitano, et quello de esso capittaneo cum malateste insegne, che pareano dal vento combatuti; si vedeano anchora ventilanti li vexilli de li collegij de l’arte de la cità. Se vedeano poi pigliare de li inimici, et menare a la cità et rapire li stendardi per intiera victoria, che certo credo a nostri tempi che cosa bellica più degnamente pincta già mai se vedesse. Altro non restava se non audire vociferare li affigurati combatenti. Lassiamo dunche questa gloria passare, di poi ch’altri non cura; et torniamo a l’opere degne de la valorosa donna de quanto per annali et recordi de fedeli ingegni habiamo [p. 67 modifica]potuto sapere, che ’l presente anchora de lei de li aurati fiaschi al capitaneo erano pincti.

Questa donna duncha per suo costume pio et de liberalità, molti de li nemici presoni, ferriti, menati in la cità, che erano poveri, fece del suo proprio medicare cum grande pietade, et molti altri per sua intercessione fece liberare, et a chi donnò panni et denari, et mandoli via in pace cum dolce memoria de lei, et non cum manco gratia de liberalità (data la equalità del stato et conditione) che fusse la liberalissima Busa decta Paulina femina pugliese, orionda de Canusia, verso la moltitudine grande de quilli che fuggirono a Canusia cità confederata a li Romani, per la strage grande dette Hanibal a li Romani. Li quali fugiti tutti strachi, ferriti, insanguinati, nudi et percossi, da la magnifica Busa senza spavento de la terribile strage del potentissimo vincitore Hanibale, furono [p. 68 modifica]recevuti, confortati, vestiti et facti medicare ne le sue proprie possessione, et datoli arme cum grandissima pietate et liberalità maravigliosa.

Questa Venusta Francesca, per più intelligentia de la prestantia del suo animo, pigliava piacere de’ falconi, come de sopra, in fra l’altre sue virtù preclare habiamo decto. Uno giorno el suo falconiero perdette il falcone, di che lei di doglia non potea morire. Fu a l’hora uno nostro egregio citadino, nominato Andrea di Magnanimi, famiglia nobile et antiqua de la cità nostra de Bologna, che per coruptione se dice Magnani, la quale coruptione troviamo causasse per uno citadino de questa famiglia, homo fiero et de viso nero come caliginoso, per il che era chiamato Magnano. Questo Andrea duncha di Magnanimi, che era acto a qualuncha prestantia, sentendo el dispiacere de la [p. 69 modifica]donna per il perduto falchone li mandò sinceramente a donare uno falcone pelegrino che avea, et non già perchè fusse de la donna familiare, ma a lei era affectionato per la magnificentia et virtute de essa, come costume de li animi gentili, che amano le persone de virtute ornate, ancora da loro sieno state vedute già mai. La donna restò assai consolata, et considerando che il donatore non potea essere se non generoso, che non essendo fra lui et lei alcuna amicitia, nè fatto a lui benefitio, l’havesse munificata de sì gentile presente, la discreta donna, exstimando tanto la excellentia del core del donatore, per non essere ingrata del ricevuto dono, più volte fu temptata nel secreto animo prenderlo per marito, dicendo, che a la nobiltà del core de lui non manchava se non bona fortuna, et iudicando che la robba sarebbe presso lei de più splendore, senza mormoratione [p. 70 modifica]del vulgo, pessimo detractore di chi vole cum virtuosa gloria vivere, et non volendo essere nel numero de quelle femine petulante, che estimano più le vane et transitorie riccheze, che de gli homini el valore, et non attendeno se non sindicare or questo, or quello in cose frivole et pieno de vento. Ma pur non volendo mancare del splendore de la sua viduità, et vedendose havere satisfacto debito al tempo et debito a la etate se spoliò cum multi sani argumenti in tutto de tal pensiero, et al magnanimo Andrea mandò a donare uno bellissimo cavallo fallerato egregiamente de fraponi de scarlato, come se costumava per li magnifichi citadini; per il quale presente tutta la cità ne parlò cum gloria de lei, per la quale il nostro Gynevero ne ornerà cum dilecto le sue verdegiante et vaghe fronde; come quello anchora augumentaremo de ornamento per li fulgori de prudentia de Cathe[p. 71 modifica]rina Vesconte duchessa prima de Milano che sequendo narreremo in questa forma.