I Mille/Capitolo LX

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Capitolo LX. Il Racconto

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CAPITOLO LX.

IL RACCONTO.

 Cassandra!
E guidava i nipoti,
E l’amoroso apprendeva lamento
 Ai giovinetti.
 (Foscolo).


Lina aveva richiesto schiarimenti al vecchio Elia, sugli avvenimenti incomprensibili, che si effettuavano in presenza di loro. Ma tanta fu la precipitazione degli avvenimenti stessi, che non fu possibile al canuto di appagare il desiderio della fanciulla.

Ridotto però il Monsignore nella sua stanza, trasportata Marzia nel proprio letto, e rifasciata la ferita, minacciante emorragia, e portato fuori il cadavere della Contessa, Elia potò soddisfare la giusta curiosità di Lina, non allontanandosi però dal letto della sua cara Marzia, rinvenuta dallo svenimento, ma spossatissima.

«Io passavo tranquillamente l’esistenza colla mia Rebecca, nel ghetto di Roma, con una piccola bottega da merciaio. Non ero ricco, ma [p. 375 modifica] potevo, col mio commercio ed una vita sobria, essere indipendente da chicchessia.

«Il mio matrimonio colla donna eletta dal mio cuore era stato beato dalla nascita d’una fanciulla, e benchè ambi fossimo robusti, e robusta la bambina, noi avemmo la disgrazia di perderla all’età di sei mesi.

«In quel tempo frequentava la casa mia una donna romana, per nome Silvia, d’un’onestà che io ebbi occasione di sperimentare molte volte. Moglie d’un artista, essa pure passava vita agiata, senza essere molto ricca. Voi sapete, come noi ebrei, paria dei cristiani, — più di noi numerosi — apprezziamo sempre un protettore nella classe più forte. E Silvia, oltre d’essere pratica costante della mia bottega, era veramente la protettrice nostra. Alla morte della mia bambina (e qui una lagrima solcò la guancia rugata ed arida del vecchio figlio d’Israele), Silvia mi disse: «Una signora, amica mia, ebbe in questi giorni una fanciulla, e per mancanza di latte, desidera avere una balia. Vorrebbe la Rebecca incaricarsene, non per bisogno certamente, ma per essere l’amica mia, una preziosa persona, e la bambina di meravigliosa beltà?»

«Rebecca, aveva cuore eccellente, ed addoloratissima della perdita fatta, accettò la proposta.

«Il giorno seguente, una ricca carrozza fermossi davanti alla mia porta, ed una signora velata ne discese, poi Silvia, con una creatura di pochi giorni, splendidamente adorna. Al collo vi [p. 376 modifica] aveva questa collana, ch’io le rimetto oggi (e la consegnava nella destra di Marzia). Di più: la signora scoprì la spalla destra alla bambina, e mi mostrò il neo che cagionò oggi la commovente sorpresa alla madre — sorpresa che svelò all’anima mia istupidita dalle torture tutta una storia ben interessante e molto terribile.

«Pria di congedarsi, la signora prodigò tanti baci, piangendo, alla bambina, e fu in quel momento, che, scostato il velo, io vidi il più bel sembiante di donna, ch’io avessi mai veduto: splendido volto i di cui lineamenti mi rimasero impressi sempre, tanto più che mi erano ricordati da Marzia, crescendo essa con una somiglianza sorprendente della madre.

«Io vi ho tenuto luogo di padre, Marzia mia! e, certo, come figlia vi ho sempre amata, e sempre vi amò teneramente quella mia cara compagna, che le atrocità dei preti precipitarono nella tomba immaturamente».

E qui il povero vecchio spargeva calde ed amarissime lagrime, bagnando la destra dell’amatissima sua figlia adottiva: e lo sfogo del pianto sollevò quel cuore travagliato da tanti dolori morali e materiali. Egli, finalmente, ripigliò il suo racconto.

«La morte m’aveva la prima volta portata la desolazione nel mio focolare: un nero serpe mi gettò nella sventura, una seconda. — Quel rettile, invaghitosi della mia Marzia, insinuossi con ogni ipocrisia nel mio negozio, e voi sapete se si [p. 377 modifica] può, in Roma, respingere la visita d’uno di cotesti demoni, dal sacristano al monsignore. Egli presentossi da principio col pretesto di comprare qualche cosa nella mia bottega, poi finse di volerla fare da protettore, e finalmente, malgrado le mie paterne ammonizioni, egli finì per sedurre la mia cara e rapirla!

«Dopo rapita all’amor mio da quell’infame — che la madre vostra chiamò scellerato or ora, e ch’io riconobbi pure, malgrado l’orribile sua metamorfosi — io seppi del vostro ritiro in un convento, e poi più nulla, sino alla vostra comparsa in Roma, per quella ridicola ed abbominevole conversione con cui i chercuti vollero ingannare il mondo, per sostenere la crollante loro baracca.

«Per me, l’esistenza ha cessato d’arridermi; e se un filo mi vi tiene ancora, siete voi quello, mia amatissima figlia».

I singhiozzi interruppero nuovamente il veglio, per cui cessò la sua narrazione, e P..., vedendo la fanciulla fortemente commossa e spossata, lo prese per un braccio e lo allontanò colla sedia un po’ distante dal letto.

Un silenzio tetro succedette alle scene violenti, già descritte, e al racconto del canuto, Marzia aveva ritrovato il padre, per saper ch’egli era uno scellerato! E la madre!...... per vederla morire!

Povera Marzia! v’eran ben motivi d’essere addolorata, e di peggiorare lo stato già ben grave della sua ferita! Gli astanti, nelle loro meste [p. 378 modifica] meditazioni, erano silenziosi, e sul loro volto stava dipinto il profondo rammarico che loro cagionava l’interessante e bellissima infelice. Lina piangeva dirottamente, e cercava di nasconder le sue lagrime, immergendo il volto nel seno dell’amica.

P... stesso, assuefatto a vedere mucchi di cadaveri e di feriti, non aveva potuto trattenere il pianto, a tanta sventura d’una fanciulla ch’egli idolatrava.