I Mille/Capitolo XLIX

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Capitolo XLIX. Jessie White Mario

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Capitolo XLIX. Jessie White Mario
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CAPITOLO XLIX.

Amicizia, del ciel prezioso dono,
Io cederei per un amico un trono.
 (Young).


Io ho sempre creduto alla fortuna, e non dubito ch’essa non sia per la sua parte, nei fatti compiuti tra la famiglia umana, e massime nei fatti di guerra.

Qui seduto sul mio letto di dolore, e reso invalido dagli anni e dai malanni, io penso alle epoche fortunate della mia vita, in cui primeggiano certamente quelle ove mi trovai a contatto dei generosi figli della Britannia.

Un giorno, spogliati da pirati greci nell’Arcipelago, senza viveri, senza vestimenta, senza bussola, il mio capitano m’inviò verso un brigantino che si trovava a grande distanza da noi. Giunsi a bordo di quel legno, vi fui accolto gentilmente. Era il brigantino inglese Marianna, capitano Taylor. Egli si era accorto del nostro [p. 290 modifica] stato di sventura da uno straccio alzato al picco1 per mancanza di bandiera, ma era nell’impossibilità di avvicinarsi, per essere il mare bianco dalla bonaccia.

In cattivo inglese io feci comprendere al bravo capitano lo stato nostro, per cui egli mi colmò di cortesia, mi fece parte de’ suoi viveri, di cui tanto abbisognavamo e ci accompagnò sino al porto del Millo.

A Montevideo in un giorno di pugna navale, trovandomi io con un piccolo legno impegnato contro forze dieci volte superiori, e già sopraffatto da esse, il palischermo d’una corvetta da guerra inglese giunse e si frammise fra il mio legno ed i nemici; imponendo loro di cessare il fuoco. Alla vista della formidabile bandiera d’Albione, i servitori di Rosas restarono muti come per incanto, ed io salvo.

Ancor oggi io bacerei la mano di quel comandante, che certo, non fu spinto da ordini dell’ ammiragliato, ma dalla squisita generosità dell’anima sua. — Egli vide un conflitto di sangue, e lanciossi in sostegno del debole.

Che bell’impiego della forza, per coloro cui la sorte la mise in mano!

Avrei molte circostanze da narrare, in cui la benevolenza inglese prese a favorirmi, e per cui io sono giustamente pieno di gratitudine.

Il 1° ottobre, essendo stato impegnato prima [p. 291 modifica] dell’alba, nell’ardua battaglia, io mi trovavo completamente digiuno verso le 3 pom., quando, occupato ad ordinare le colonne d’attacco delle riserve giuntemi da Caserta, per lanciarle sul nemico tra S. Angelo e S. Maria, in quel punto mi comparve un angelo tutelare; era la graziosa ed intrepida figura della Jessie; — la sua apparizione mi colpì e richiamommi alla memoria la generosa e cavalleresca nazione, a cui immeritamente sono debitore di tanta simpatia. — Essa me ne figurava l’emblema, tanto più che mi si presentava accompagnata da un giovane marino della flotta inglese2 in uniforme, portando un canestro pieno d’ogni ben di Dio.

Se non è questa fortuna, bramo mi si accenni a delle migliori! E fra me dissi: questo è buon augurio. — Io avrei forse ceduto alla tentazione ed alla fame ch’era molta, ma un obice esploso a poca distanza mi richiamò al dovere, e ringraziai la gentile signora, pregandola di ritirarsi, cosa che la coraggiosissima donna eseguì con reluttanza. Io era stato contuso da un pezzo di quell’obice alla coscia sinistra.


Note

  1. Posto ove si alza la bandiera.
  2. La squadra inglese ancorata sulla rada di Napoli, ebbe in quei giorni varii disertori, che volevano ingrossare le nostre fila. Tale era la simpatia di quella brava nazione per la libertà italiana.