I Persiani (Eschilo-Romagnoli)/Prefazione

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Prefazione

I Persiani (Eschilo-Romagnoli) ../Personaggi IncludiIntestazione 9 dicembre 2017 100% teatro

Eschilo - I Persiani (472 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1922)
Prefazione
I Persiani (Eschilo-Romagnoli) Personaggi
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In un antico argomento dei Persiani troviamo la notizia che sotto l’arcontato di Mènone (472 a. C.) Eschilo vinse col Finèo, i Persiani, il Glauco e il Prometeo, dramma satiresco.

Finèo il famoso re di Tracia, al quale le Arpie lordavano e divoravano il cibo, ogni qualvolta lo imbandisse: gli Argonauti lo liberarono da quella sozzura.

Di Glauchi ricordati dal mito, ne troviamo due. Uno, un pescatore, che, gustata una certa erba, divenne Dio marino, e acquistò dono profetico: l’altro, il padre di Bellerofonte che, presso alla sua città di Potnia in Beozia, fu sbranato dalle sue cavalle, rese feroci da certa erba magica.

Un gran da fare si son dati i filologi per vedere come le avventure di Finèo e quelle dell’uno e dell’altro Glauco1 potessero avere col soggetto dei Persiani tali analogie da [p. 82 modifica]formare con essi una trilogia. Ma furono, e saranno sempre, sofisticaggini. Fra i due miti e l’episodio storico non intercede verun rapporto. Ed anche ammessi quelli, molto lambiccati, che taluno pensò di poter scavizzolare, immaginando, per esempio, che Finèo predicesse agli Argonauti le future lotte coi Persiani, e Glauco ai suoi interlocutori la battaglia di Platea, questi nessi puramente — e un po’ scioccamente — ideali, non distruggerebbero il fatto che sostanzialmente i tre drammi devono stare ognuno da sè.

Ed anche per conto proprio dové stare il dramma satiresco che chiudeva la trilogia, e che toglieva argomento dal mito di Prometeo: Prometeo portatore del fuoco. Ne rimangono frammenti insignificanti.

I Persiani son dunque un tutto chiuso e perfetto. Unici per questo carattere fra tutti i superstiti drammi di Eschilo, che, come sappiamo, sono frammenti di rispettive trilogie. Ed è circostanza importante. Infatti, la tragedia primitiva, ampliandosi in trilogia, aveva alterato un po’ il proprio carattere, specialmente dal lato della forma. I Persiani sono un modello della integra e schietta forma originaria, sia pure affinata da un’arte piú cosciente.

E troviamo in essi il gran Canto d’ingresso (pàrodos) in ritmo di marcia (anapesti), i tre canti intorno all’ara, e, di una forma sviluppata e tipica, la lamentazione finale. Forte sapore arcaico ha l’invocazione a Dario, che termina con l’apparizione del sovrano defunto (vedi introduzione). E alla tragedia primitiva ci richiamano anche i tre brani in tetrametri trocaici di Atossa e di Dario.

Manca nei Persiani una vera connessione drammatica. Non ci sono infatti situazioni che comportino contrasto [p. 83 modifica]d’azione o, almeno, urto di volontà. Atossa e i signori Persiani ascoltano con profondo cordoglio il racconto delle sciagure provocate da Serse, ma non pensano ad opporglisi. Dario disapprova il figliuolo, ma non s’incontra con lui. Neanche esiste vera creazione di caratteri, anzi neppure aspirazione a caratterizzare. Sostanzialmente, la tragedia è una esposizione della lotta fra Greci e Persiani: epos assai piú che dramma. E la pittura della battaglia di Salamina è una delle pagine piú prodigiose che offra l’epica del mondo.

E la grandezza epica è chiusa in una linea piú ampia e possente. Se cerchiamo a fondo, noi moderni, anche piú che dal trionfo dei Greci sui Persiani, siamo colpiti in questa tragedia dalla evidente, incombente figurazione del crollo subitaneo d’una grande potenza dai sommi fastigi nella polvere.

Ora, non già che Eschilo avesse questa mira: la tendenza patriotica del dramma è innegabile. La questione è altra. Io mi richiamo ad una delle leggi fondamentali, già rilevate, della drammaturgia di Eschilo. In ciascuno dei soggetti che prende a svolgere, Eschilo cerca un nucleo etico, che poi, nella compiuta opera artistica, diviene come il centro lirico da cui irraggia la forza animatrice d’ogni parte della tragedia.

Ora, Eschilo non inventava i soggetti, bensí li accoglieva dalla tradizione, e senza alterarli. Se non che, non tutti offrivano abbastanza nitido quel contenuto etico. Sicchè la eccellenza di ogni singola tragedia dipendeva, in parte, dalla possibilità e dalla naturalezza di questa moralizzazione. Un po’ di stento si sente nelle Supplici. [p. 84 modifica]Nei Persiani, invece, l’ammonimento etico è tanto evidente, che se pure Eschilo non ci avesse insistito, esso sarebbe balzato fuori da ogni verso della tragedia.

Il finale dei Persiani si presta, come nessuna altra parte di nessun altro dramma eschileo, a dimostrare che in molte parti corali le parole avevano importanza assai secondaria. La lamentazione fra Serse e il popolo, con le sue fitte ripetizioni e l’insistere angoscioso dei lamenti, cosí come la possediamo ora, coi nudi versi, riesce sommamente monotona. Ma pensiamo che quelle parole erano solamente il fulcro della veste musicale, per la quale la ripetizione e la insistenza sono mezzi di sviluppo legittimi e capaci di potentissimi effetti; e intendiamo a quale sublimità riesca esaltata la tragedia da questa immensa melodia finale, che solleva i gemiti di tutto un popolo, come la intima forza del mare le masse dei suoi flutti innumerevoli, tutti simili, e tutti diversi.


Note

  1. Gli antichi grammatici ricordano appunto due Glauchi di Eschilo, il Pontio e il Potniese. Può essere che i due titoli siano lo sdoppiamento d’uno solo: tanto piú che nel catalogo dei drammi eschilei del codice laurenziano troviamo il solo Glauco Pontio. Ma tutto è congetturale.