I Salmi di David (Diodati)/SALMO CXLVII

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SALMO CXLVII.

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SALMO CXLVII.

1          L’eterno Dio laudate,
     Ch’egli è pur vaga e dilettosa impresa,
     Di celebrar di santa voglia accesa,
     L’Eccelsa Maestate
     Del nostro Dio, cui son le lodi grate,
     E ben decenti i vanti.
     Ei di Salem ristora i muri santi,
     E le disperse membra
     Del suo caro Israel in quegli assembra.
2          Agli affannati cori,
     Che dura afflizion macera e frange,
     Fascia le doglie, onde lor alma s’ange,
     E risana i languori.
     Esso rassegna de le stelle i cori,
     Ed ogni lor facella

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     Col propio nome a’ suo’ servigi appella.
     Grande è la sua potenza,
     Ed infinita l’alma provedenza.
3          Esso i pii mansueti,
     Per la man sollevati, erge da terra.
     Ma degli empi lo stuol calca ed atterra.
     Or salmeggiate lieti
     Di laudi al nostro Dio canti discreti,
     Che ’l ciel di nubi involve
     E ’l nembo aduna, da stemprar la polve,
     Onde i monti satolli,
     D’erbe si veston verdeggianti e molli.
4          Ei di larga pastura,
     Gregge silvestri bisognose, erranti
     Provede; e’ corbicini crocitanti
     Negletti, senza cura,
     Da la fella paterna aspra natura.
     Il Signor del destriero
     Sdegna la possa, e d’uom il piè leggiero.
     Ma gradisce ch’il teme,
     E ne la grazia sua ripon la speme.
5          O Salem graziosa,
     Fa del Signor le gran virtuti conte:
     Del tuo Dio innalza, o Sion, sacro monte,
     La fama gloriosa.
     Perch’ei ti fa cittade poderosa,
     Con isbarrar tue porte,
     E de’ tuo’ figli in te bear la sorte.
     Ei pace a tue contrade,
     E gran dovizia a te dona di biade.
6          Qualor avvien ch’ei mande
     Ne la terra la sua diva parola,
     Quella per tutto trascorrendo vola.
     E ratto in copia grande
     Neve a falde lanose, in giuso spande:
     E qual cenere trita,

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     Di lucido candor brina fiorita:
     E ghiaccio a pezza a pezza,
     D’aspra ed intollerabile freddezza.
7          Ma se varia gl’imperi,
     Di tiepide aure a’ primi aliti lievi,
     Tosto si struggon brine, ghiacci e nevi,
     Correnti in fiumi alteri.
     Ei rivela a Iacob suo’ detti veri,
     E sue sacrate leggi.
     Popol non v’è, ch’ei tanto favoreggi.
     Perch’ad ogni altra gente
     Del suo lume lasciò cieca la mente.