I principii scientifici del divisionismo/IX

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CAPITOLO IX




I colori complementari.



D
alle esperienze sui colori dello spettro, Newton i vide non solo che la ricomposizione della luce bianca si poteva ottenere riunendo di nuovo i sette raggi dispersi dal prisma, ma che la luce bianca risultava ancora dalla fusione di certe coppie dei colori semplici spettrali, e chiamò colori complementari quelli che, riuniti a due a due, formano il bianco.

Ma tutti i colori dello spettro sono complementari purché ciascheduno abbia un corrispondente, dalla cui unione ritorna la luce bianca, e tali possono essere anche i colori di due fasci di raggi di luce decomposta, purché gli elementi che mancano nell’uno siano contenuti nell'altro.

L'importanza dei colori complementari nella pittura, astrazione fatta dalla ricostituzione del bianco, perché è saputo che per quanti miscugli si possano fare coi colori assorbenti della tavolozza, non è dato ricavarne che dei grigi e dei neri, è grandissima, decidendo essi del risalto maggiore otte[p. 190 modifica]nibile dai colori. E tale importanza viene ancora ad aumentarsi grandemente per le difficoltà inerenti allo studio stesso di tali colori che a coppie chiaramente visibili e in proporzione perfetta, come quelli dello spettro, non si presentano mai sugli oggetti naturali, né sia ancora possibile produrli artificiosamente oltre una limitata ed uniforme serie di casi che non rappresenta, né la colorazione normale delle cose del vero, né, quindi, l'elemento di comparazione necessario all'artista per impadronirsi del rispettivo loro rapporto in tutte le intensità che volesse ottenere.

Lo studio dei colori complementari fatto sullo spettro solare presenta difficoltà d'esecuzione pratica così rilevanti che non sono compensate per l'artista dalla sola verifica, che, sovrapponendo volta a volta i raggi rossi, aranciati e gialli sui contrapposti verdi, azzurri e violetti, il risultato del miscuglio di ciascuna coppia è, come si è già detto, la ricostituzione della luce bianca.

Il raggio di sole che penetra dalla piccola apertura della camera oscura cambia di direzione ad ogni due minuti e occorrerebbero degli apparati di proiezione muniti di eliostati, coi quali solo è possibile seguire il movimento del sole, per mantenerne costantemente un raggio sul prisma in modo da prolungare l'osservazione, condizioni possibili solo nei gabinetti di fisica, ma non certamente nello studio d'un artista.

Fig. 58. [p. 191 modifica]Per vedere sullo spettro solare che non è necessario il concorso di tutti i colori semplici per formare la luce bianca, è noto un modo d’incrociare con un solo prisma due immagini spettrali, collocando il prisma fra due fenditure concorrenti inclinate di 45 gradi circa, come sulla fig. 58. Si avranno in tal modo dal passaggio della luce per le fenditure ed attraverso il prisma, due spettri sullo schermo in forma di parallelogrammi incrociati (fig. 59), colle striscie diversamente colorate, sovrapposte sul triangolo, o meglio, campo comune dei due spettri dove, nei punti d'azione combinata dei colori opposti, i piccoli rettangoli I, 2, 3 appariranno bianchi per l’azione simultanea ivi prodotta dal rosso sul verde azzurro, dall'aranciato sull’indaco, dal giallo verde sul violetto, e via di sèguito per quante coppie complementari si possono riunire in tal modo.

Fig. 58.

L’istrumento che permette di eseguire più facilmente e compiutamente il nucleo di osservazioni dalle quali il fenomeno dei complementari viene nella sua complessa manifestazione a fissarsi nello spirito dell’artista è, senza dubbio, il polariscopio, il cui uso è tanto semplice rispetto alla materialità di ottenere immagini di colori complementari, quanto è complicato per riguardo alla intelligenza delle cause originarie di queste singolari colorazioni, delle quali si è accennato alquanto distesamente a proposito dell’interferenza e della polarizzazione della luce essendo pur necessario che [p. 192 modifica]l'artista penetri la ragione di quei fenomeni che si trova continuamente nella contingenza di dovere interpretare coll’arte.

Fig. 60.

Il polariscopio consiste essenzialmente di un prisma analizzatore, di un supporto munito di lenti per la maggior chiarezza dell'immagine di polarizzazione e di un polarizzatore di vetro, disposti come si vede nella figura qui delineata che riproduce quello detto di Nébrremberg.

Quando la lastra di vetro A dell'istrumento fa un angolo di 35°,25' colla verticale, e guardando pel prisma C che si gira opportunamente, si scorgono due immagini dell'apertura rettangolare esistente nel supporto B, l’apparecchio è pronto per le esperienze.

Allora, se si pongono sul supporto delle lamine sottilissime di cristalli, come la mica, il quarzo, ecc., tagliate secondo l’asse di cristallizzazione, le due immagini, che appariscono attraverso il prisma, sono colorate e perfettamente complementari l'una dell'altra.

La mica o selenite o solfato di calce cristallizzato si può ridurre in sottilissime lamine, col semplice uso di un temperino, essendo di facile clivaggio, e prepararsi così una serie numerosa di colori da studiare utilmente, dipendendo dalle grossezze delle lamine l'intensità delle tinte, che sono tanto più pallide quanto più la lamina è grossa. [p. 193 modifica]Anche lo schistoscopio di Bruke, fondato sulle stesse proprietà della luce polarizzata e dei cristalli birefrangenti, ma assai più semplice dell'apparato di Nérremberg, può soddisfare allo stesso scopo.

Lo strumento riprodotto dalla fig. 61 si compone:

Fig. 61.

1° di un cristallo di spato B d'Islanda A chiuso in un tubo A annerito e sormontato da una lente B, piano convesso, che funziona da analizzatore microscopico;

2° di un prisma di Nicol, pure contenuto in tubo annerito internamente, appeso ad un supporto munito di una piccola apertura quadrata di due millimetri di lato, sul quale si posa il cristallo da esaminare, sotto l'influenza della luce polarizzata dal prisma di Nikol. Il tubo contenente il prisma, pure girante su sé stesso, e l’asta cui è infisso insieme alla lamina di supporto, è mobile dall'alto in basso per mezzo della vite E.

3° di una lamina di supporto F, piana, mobile dall’alto in basso, sulla quale si colloca un pezzo di carta bianca, che serve da specchio riflettore.

Allorché, osservando per la lente B, non si vede che una sola immagine della apertura quadrata, e ciò si ottiene sempre girando l’'analizzatore finché si presenta la doppia immagine del foro, l’istrumento è pronto. Si colloca la lamina di selenite sul supporto E volgendolo finché si mostrino due immagini brillanti e colorate che saranno esattamente complementari l’una dell'altra. [p. 194 modifica]

Ancora per lo stesso scopo, e sempre utilizzando la legge di Malus, secondo la quale i due fasci, a cui dà luogo un raggio polarizzato che penetra in uno spato sono sempre complementari, si può costruire un congegno ancora meno costoso (fig. 62), sostituendo al nicol polarizzatore una pila Fig. 62. di vetri P, composto di tre o quattro lastre di vetro, posta all’estremità in una cassetta bassa e scoperchiata, inclinata a 35°,25, di un prisma birefrangente posto in N, e di una lente L piano-convessa di 25 millimetri di distanza focale. In A un disco di sughero trattiene in un’apertura rettangolare una lamina di quarzo, tagliata perpendicolarmente al suo asse di cristallizzazione e questa si mostrerà allo stesso modo che fra i più complicati sistemi di lenti e di prismi.

Ma questi istrumenti che bisognerebbe far costruire appositamente, non valgono l’apparecchio già descritto di Nörremberg, essendo quasi inutile avvertire che per il pittore interessano dippiù i complementari delle tinte più delicate che non le opposizioni dei colori più intensi ed essenzialmente quelle tinte che il pittore vuole stabilire come base dell’armonia cromatica della propria opera.

Per raggiungere tale scopo fu messa ancora a profitto la proprietà dei prismi birefrangenti di raddoppiare le immagini, da Dove, in una maniera semplicissima. Dove di[p. 195 modifica]pingeva due piccoli rettangoli di carta, coi due colori che riteneva poter essere complementari e sottoponendoli al prisma in modo che l’immagine di uno dei due colori spostandosi, andasse a coprire l’altro, osservava, se il risultato fosse il grigio puro, che si sarebbe mostrato se i due colori avessero avuto fra di loro il rapporto che negli stessi colori dello spettro producono la luce bianca. Se tale rapporto non era ottenuto, modificava uno o l’altro dei colori finchè il grigio si presentasse.

Sia infatti P il prisma ed a e b i due rettangoli tinti che si vogliono ridurre complementari (fig. 63). È chiaro che Fig. 63. raddoppiandosi virtualmente, per effetto del prisma, il rettangolo a, questo potrà prendere posizione colla seconda immagine sul rettangolo b e coprirlo esattamente. Ora, se per supposto, il rettangolo a è rosso ed il rettangolo b è verde azzurro, la sovrapposizione dell’immagine virtuale a rossa su quella reale b verde azzurra, dovrà produrre la luce bianca in virtù della proprietà nota dei complementi rosso e verde azzurro di formare luce bianca.

Con le sostanze coloranti, come ne è questo il caso, il [p. 196 modifica]bianco non potendosi ottenere, si avrà un grigio tanto più puro quanto la relazione fra il rosso dell’un rettangolo col verde azzurro dell’altro, si accosterà al rapporto dei colori analoghi dello spettro, ma è pure evidente, che è in arbitrio dell’esperimentatore di potere modificare l’un o l’altro dei colori fino al raggiungimento di quel tipo di grigio che nel suo criterio rappresenta il limite di approssimazione alla luce bianca che si può aspettare da colori materiali.

Risulta da questo modo di procedere per la ricerca del complemento di un dato colore, una prossimità attendibile per le tinte intense, ma della massima incertezza per colori pallidi, sia perchè il prisma diminuisce l’intensità colorante delle immagini, sia perchè il grigio di riferimento è un termine troppo vago quando è lasciato all’arbitrio individuale.

Qualche aiuto per una approssimazione fondata sugli effetti di vere miscele di luce, si può anche ricavare dai vari apparecchi inventati per studiare gli effetti dei contrasti.

E nella figura 64 si dimostra con evidenza il modo di funzionare del vetro V a due faccie parallele. L’occhio Fig. 64. situato in O vede, per trasparenza, il rettangolo R e per riflessione il rettangolo R’ cioè i due rettangoli fusi in uno solo, perfettamente bianco se le due tinte sono esattamente [p. 197 modifica]complementari. Fu Lambert, per quanto si ritiene, a ideare questo apparecchio della massima semplicità, ma di ristretto aiuto.

Anche lo stereoscopio, che di tutti i congegni immagi| nati per sovrapporre due immagini in una sola, è. quello che richiede i mezzi più semplici; bastando una lente biconvessa tagliata in due, e voltarne i margini più stretti all'indentro per improvvisarne uno colla maggiore facilità; parrebbe prestarsi allo studio dei colori complementari sostituendo, al posto delle due figure prospettiche, due tinte differenti l'una dall’altra per poterne vedere il miscuglio nell'immagine unica che si forma per l'incrocio degli sguardi (fig. 65). Tuttavia, all'atto pratico, in tale strumento , che Fig. 65. pure sovrappone tanto bene le immagini lineari più complicate, i colori vi si presentano separati persistentemente o fluttuanti in modo da permanere visibili ambedue, piuttosto che fusi assieme, finché la stanchezza che subentra negli occhi costretti ad una deviazione di sguardi fuori del naturale, decide ad abbandonare la prova. [p. 198 modifica]Molte esperienze pratiche, miranti a determinare il complementare di un dato colore, si potrebbero raccogliere come documenti dell'importanza attribuita a tale conquista, e fra i tentativi derivati da un procedimento razionale sono degni di nota i cartoncini proposti dal Calvi nella pregevole sua memoria del dipingere le ombre. Il modo consigliato dall'autore consisterebbe nel prendere diversi cartoncini colorati; omettendo di valersi di carte trasparenti e preferendo i colori più distinti affinché riesca più distinto l'effetto; ed in questi cartoncini colorati praticare un foro della grandezza di una moneta media, poi collocarvi di dietro, in modo che non vi cada luce diretta, una superficie bianca (fig. 66), che verrà, essendo illuminata da una luce radente, a prendere una tinta grigiastra.

Fig. 66.

Osservando dal foro del cartoncino colorato, tenuto in piena luce, il fondo grigio, posto a conveniente distanza, si scorgerà la parte visibile del fondo assumere sempre il colore complementario o conseguente di quello del cartoncino dal quale si guarda.

Essendo sempre possibile cambiare il colore del cartoncino di traguardo quanto quello della superficie di fondo, si potranno avere anche tinte composte e una guida comunque approssimativa di quell’effetto che di tali colori si può aspettare sul dipinto. [p. 199 modifica]Più rudimentale è, senza dubbio, la ricerca del complementare con tutti quei mezzi da cui il complemento è prodotto intercettando il passaggio della luce in una materia trasparente di colore deciso. Il pittore Bossi (1815) si valse di vetri disposti come nella fig. 67.

Fig. 67.

Con vetri di tinte poco intense il fenomeno è visibilissimo e analogo a quello osservato da Plateau che poneva liste di cartone attraverso a carte colorate trasparenti, collocate contro la luce, come il processo del Calvi. pare un’applicazione diretta di un’osservazione di Brewster che rilevò il colore verde nel foro di una tenda rossa, dietro la quale stava un fondo bianco.

Infine appartengono a processi affatto empirici di determinazione dei colori complementari le carte o favole dei colori colle quali si cercò con mezzi grafici o calcoli aritmetici, di offrire, a colpo d'occhio, il complemento di un dato colore.

Newton fu il primo che ebbe l’idea di distribuire in circolo i sette colori che trovò più distinti nello spettro prisma[p. 200 modifica]tico, disponendo alla periferia i colori saturi e degradandoli sino al bianco puro che situò nel centro del cerchio.

Scherffer fece alcune variazioni a questa distribuzione, che dal padre Benvenuti venne rinnovata compartendo il circolo in sette spazî proporzionati alla estensione di ciascun colore sullo spettro (fig. 68): ma anche così modificato il Fig. 68. circolo non accontentò nessuno osservandosi che lo scomparto sarebbe arbitrario, perché lo spettro riesce diversamente proporzionato secondo la sostanza dei prismi, sui quali si voleva che influisse anche l’azione del clima, ma principalmente per non corrispondere colla teorica allora sostenuta da Brewster, dei tre colori fondamentali giallo, azzurro e rosso, teoria dietro la quale si escludeva l’indaco che pure occupa uno spazio considerevole nello spettro fra gl’intermedi principali.

I sette colori di Newton nei nuovi circoli cromatici si ridussero a sei, scompartendo il cerchio in triangoli equilateri coi tre colori principali sul triangolo che aveva la base orizzontale (fig. 69).

Il pittore Bossi nel suo circolo cromatico adottò tale disposizione ponendo il nero nel centro del cerchio e de[p. 201 modifica]gradando man mano alla periferia accostandosi così alla piramide già immaginata da Lambert (1792), la cui base Fig. 69. comprendeva i sette colori di Newton e nel vertice si risolveva nel massimo scuro (fig. 70).

Chevreul si è servito di un circolo diviso in tre parti eguali da un triangolo risultante da tre raggi di un angolo Fig. 70. di 120°. Per ogni angolo pose il rosso, il giallo e l'azzurro tipico dello spettro solare e fra questi introdusse tre gradazioni intermedie, costituendo così un primo circolo di colori puri ed intensi al massimo grado.

Nel secondo circolo gli stessi colori sono mescolati di piccola quantità di nero, che aumenta nel terzo circolo, sino al decimo, costituendo Fig. 70. un complesso di 72 scale di colori divise in 20 toni ciascheduno, moltiplicato per i 10 cerchi più una scala per il grigio neutro, il che dà un totale di 14,420 tipi, nei quali dal bianco al colore più intenso, come dal bianco al co[p. 202 modifica]lore mescolato dalla maggior quantità di nero, o nei grigi, dal bianco al nero, per ogni possibile colore è dato stabilire il relativo complemento, che nella sfera cromatica risulta sempre sul raggio opposto e rintracciabile colla massima facilità.

Ma il difetto di questa, come d’altronde di tutte le carte consimili, è quello di dare, come riferimento per luci vere, il risultato di miscugli di sostanze coloranti, ed a queste attribuire un modo di comportarsi analogo alle mescolanze dei raggi luminosi, e ciò che sconcerta di più ogni criterio sulle proprietà intrinseche ed enormemente differenti dei raggi luminosi e dei colori materiali, quella regolare distribuzione che riduce il rapporto fra luci e sostanze coloranti a conversione in peso o volume di cose che non si possono equivalere.

Alla piramide altri sostituì un cono ed altri un cilindro che veniva a risultare come la sovrapposizione di tanti dischi, dal nero assoluto alle tinte più chiare sino al bianco, ciascuno, al solito, diviso nei sette colori spettrali.

Per non tralasciare alcuna delle forme apparse e intese a risolvere l’arduo problema, si vuole accennare ancora alla sfera divisa in fusi di Otto Rungen (1870), risultanti da tanti semicircoli massimi dello stesso diametro.

La grande emisfera cromatica di Chevreul (1842) sta tuttavia, fra il triangolo di Maxwell e di Rood, monumento insuperato della tenace convinzione, fra gli scienziati, del vantaggio pratico di un sistematico ordinamento dei colori.

Ma un tale mezzo non potrebbe essere di guida per il pittore se non quando le cognizioni sui colori e i mezzi d’analizzarli, quanto quelli di riprodurli, come opina il Rood, rispondesse ad un piano di classificazione e di esecuzione veramente scientifico e non sottomesso a idee affatto arbitrarie. [p. 203 modifica]A più sicure conclusioni pratiche nella ricerca dei colori complementari, possono condurre i dischi giranti, noti col nome di dischi di Maxwell, e fondati sul miscuglio che si può ottenere dalla rotazione di colori diversi.

Newton, fra le dimostrazioni che i sette colori semplici riuniti di nuovo formavano la luce bianca, si valse anche di un disco di cartone del Fig. 71. diametro di circa 35 cm., mobile su di un asse orizzontale congiunto con un meccanismo di rotazione, sul quale disco aveva disposti cinque spettri coloriti rispettivamente in rosso aranciato, giallo, verde, azzutro, indaco e violetto, imitati alla meglio possi- bile dai colori semplici dello spettro solare (fig. 71).

Imprimendo a questo disco un rapido movimento rotatorio, l'occhio riceve simultaneamente l’impressione di tutti i colori dello spettro ed il disco sembra bianco od almeno di un grigio luminoso che dimostra abbastanza la ricostituzione della luce bianca, essendo facile concepire che il risultato imperfetto dell’esperimento viene dalla qualità diversa dei colori dipinti dalle luci semplici dello spettro e dalla imitazione, più o meno accurata, dei colori del disco con quelli reali ricavati dal prisma.

Tale modo di mescolare i colori è di origine antichissima, trovandosene cenno nelle opere di Tolomeo, ma dopo [p. 204 modifica]Newton, fatto rivivere solo più tardi da Musschenbroech (circa nel 1762), finché Maxwell nel 1860, con una modificazione importante sul modo di applicare i dischi colorati al congegno di rotazione ne divulgò l’uso, e l’apparato prese il di lui nome.

L'effetto del disco girante poggia sulla durata delle impressioni luminose sulla retina. Uno dei fenomeni della visione soggettiva per cui le luci in moto si figurano nel nostro occhio, non per i varî punti progressivamente occupati dall'oggetto luminoso lungo il suo percorso, ma per una linea non interrotta. Del quale fenomeno sono esempio quelle striscie bianche che accompagnano il movimento delle onde del mare, l'illusione di continuità che mostra il paesaggio visto attraverso le travate di un ponte mentre il treno è in moto, e ormai il cinematografo che con fotografie curiosissime, ha generalizzato abbastanza la cognizione di questo fatto fisiologico, perché occorra insistervi con altri esempi, i quali tutti, in fine, si riassumono in una delle più antiche e ingenue esperienze,

Fig. 72. Fig. 73.


quella del circolo luminoso che il bambino si diverte a formare rotando un carbone acceso infilzato all’estremità di una canna, dipendente pure dallo stesso principio. Ed in fatto, segnando su di un disco oscuro (fig. 72) un sol punto bianco, [p. 205 modifica]e facendo rotare il disco, si ottiene l’illusione di un circolo bianco perfettamente continuo (fig. 73).

E tanto meglio, considerando la debole intensità di un punto, sarà visibile la continuità di una sostanza colorata o nera che occupi sul disco uno spazio maggiore, come potrebbe essere quella di un settore del disco stesso quando si ponga in movimento sufficiente.

Per questo effetto di continuità d'immagine, anzi, ogni quantità di colore o di nero, posta sul disco in rotazione, si potrà tradurre in una sol tinta ampia quanto il disco e distribuita in modo così uniforme, come se con un solo miscuglio e di una sola gradazione di chiaroscuro si fosse coperta l’intera superficie del disco.

Ed è pure evidente che il metodo della rotazione non ostacola veruna gradazione possibile di chiaroscuro e di colore dal fatto che ‘proporzionando, ad es., lo spazio tinto come nelle figure 74, 76 e 78, dalla rotazione risulta perfettamente un identico tono, quale avverrebbe cioè se

Fig. 74. Fig. 11.


le stesse quantità di bianco e di nero si fossero mescolate in altrettanti recipienti col mezzo del pennello; che anzi il vantaggio è maggiore perché dal miscuglio del bianco e del nero, col mezzo della rotazione si ottiene il grigio [p. 206 modifica]perfetto, mentre dal miscuglio operato col pennello la tinta volge a gradazioni che non si possono mai precisare, tante

Fig. 76. Fig. 77.


sono le varietà di colori che porta in uno stesso nero ogni proporzione di bianco. Il perfezionamento introdotto da Maxwell nel disco già

Fig. 78. Fig. 79.


in uso consiste in una semplice fenditura lungo un raggio qualsiasi del disco (fig. 80), così che è possibile con qualunque altro disco tagliato allo stesso modo, incastrarvi quel settore che più si desidera, come si vede dalla fig. 81, rendendo fermo l'insieme con una riparella che si avvita sull'asse di rotazione. I dischi mobili, si fanno di cartone sottile perché permettono di essere tagliati al momento [p. 207 modifica]dell’esperienza e la fenditura potrà essere lunga quanto il raggio. Ma per dare più consistenza al disco, è meglio tenerla più corta, ed al caso, fendere anche soltanto un piccolo tratto verso l’esterno per potere incastrare una striscia Fig. 80.Fig. 81. anzichè un settore, e con altro circolo più piccolo, mettere insieme anche quattro colori in una sol volta, misurando così intensità luminosa e intensità colorante allo stesso tempo.

Nei più vecchi dischi si otteneva quasi sempre la rotazione con una funicella avvoltolata e a tergo del disco, attorno di un cono scannellato su cui la fune agiva a modo di trottola, e le osservazioni si facevano a disco orizzontale; ma tale primitivo congegno, oltre rendere incomoda la posizione dell’osservatore, durava in moto troppo poco, mentre i dischi moderni si reggono su più ragionevole sostegno verticale e meccanismo a fune continua, con una ruota più grande che può mantenere, a mano, una velocità prolungata.

I vantaggi del settore mobile di Maxwell, perchè veramente il trovato del Maxwell consiste nel settore d’applicazione e non nel disco rotante, si mostrano principalmente quando occorra ragguagliare la luminosità di un colore o di più colori al bianco della carta preso come 100, o ad [p. 208 modifica]un disco per metà bianco e per metà tinto di nero fumo, che forma, rotando, il tipo preferibile di grigio puro. Operazione preliminare indispensabile prima di procedere alla ricerca di qualsiasi tinta complementare.

Il modo più sicuro di ragguagliare la luminosità di due colori differenti è dunque il procedere al confronto separato di ciascun colore col grigio puro di un disco rotante, procedendo in questa guisa.

Fig. 82. Fig. 83.

Si tinge del colore in esame una fascia del disco e sia questo, ad esempio, l'azzurro, segnato nella fig. 82, e posto un settore di nero ed uno di bianco nel circolo interno del disco, si fa ruotare il disco, aumentando o diminuendo il settore nero, finchè i due toni siano eguali come nella fig. 83, ciò che si ottiene dopo poche prove. Sostituendo poi all’azzurro supposto l’altro colore, è evidente che se il tono di rotazione non corrisponde al grigio prima ottenuto, non esiste l'eguaglianza cercata fra i due colori, e sarà d’uopo modificare l'uno o l’altro secondo la convenienza del caso.

L'esperienza, condotta in tal modo, è piena di ammaestramento sulle difficoltà dello stabilire dei rapporti precisi di luminosità da cui dipende talvolta la riescita o meno del contrasto dei complementari, collegata in modo sensi[p. 209 modifica]bile alla luminosità diversa dei due componenti, specialmente pel giallo ed il violetto.

Determinata l’intensità luminosa cui deve rispondere il contrasto complementare che si ricerca, e supposto questo essere rappresentato dal grigio di un settore nero di un quarto di circolo sul rimanente bianco, ed Fig. 84. i complementari l’aranciato e l’azzurro, tornerà necessaria una disposizione del disco analoga alla già descritta. Vale a dire che, posto nel cerchio interno bianco il settore nero di un quarto di circolo (fig. 84), bisognerà scompartire la fascia circolare esterna fra l'azzurro e l’aranciato, dietro un rapporto dapprima arbitrario, ma che dalla rotazione verrà precisandosi man mano che, modificando l’uno o l’altro dei colori in intensità ed in estensione, risulterà il grigio della fascia esterna dello stesso tono del circolo interno, ossia tutta la superficie del disco di un solo grigio, come se tutto fosse coperto di una sola tinta.

In tutte le esperienze sui dischi è naturalmente da considerarsi la qualità della luce sotto la quale si opera per le stesse ragioni che si sono esposte riguardo l’influenza della variazione delle luci. I corpi non avendo colore per sé, ma assumendolo in maniera diversa secondo le luci incidenti, si mostrano differenti alla luce del giorno da quello che appariscono con lampade a gas od elettriche, cosicché una materia colorante, che di giorno sembri verde e sia in perfetta opposizione con un rosso, a lume di gas od altra luce giallognola perderà questo rapporto giacché il verde si mostrerà di un verde giallo cui abbisogna per complemento un violetto, mentre il rosso, per l’effetto del [p. 210 modifica]gas, volgendo all’aranciato, non potrà più figurare come complemento del verde giallo, e quindi la scomparsa del contrasto conseguito alla luce diurna.

È ovvio perciò, che a determinare i contrasti che devono servire in una pittura da vedersi a lume di gas, si deve partire dallo studio dello spettro di una fiamma di gas illuminante e su quello stabilire i complementari lavorando contemporaneamente sempre allo stesso lume, altrettanto dovendosi fare per pitture da vedersi sotto altre luci che influiscono sui colori in modo diverso dalla luce diurna, ed il non senso delle esposizioni di pittura fatte di notte e il cattivo servizio che viene reso a tante opere d’arte, mostrandole sotto luci artificiali, sia pure la luce elettrica, che ha molta assomiglianza con quella del giorno, risulta abbastanza manifesto.

Ritornando ora sullo spettro solare ottenuto dal prisma, ciò che colpisce subito l’osservatore è il grado di luminosità differente di ciascun colore semplice, in contrasto coll'idea istintiva, che per ottenere dei colori di una massima opposizione debbano, le coppie complementari avere una luminosità simile.

Helmholtz rilevò questa progressione dei colori semplici rispetto alla luminosità:

Giallo:
Aranciato e verde:
Rosso ed indaco:
Azzurro:
Violetto.

Così il giallo, che è il più luminoso di tutti i colori semplici, ha per opposto il violetto, che lo è meno d'ogni altro, diminuendo la differenza verso l'aranciato e l’azzurro sino al rosso ed al verde che sono di luminosità pressoché eguale. [p. 211 modifica]Dei numeri possono rendere più viva l’importanza di fissare l’attenzione sul rapporto luminoso dei colori complementari e Rood offre questo quadro delle differenti luminosità nelle varie regioni dello spettro.

Luminosità.

Colori.

30

. . . . .

Rosso intenso.

493

. . . . .

Rosso puro.

1100

. . . . .

Rosso.

2773

. . . . .

Rosso aranciato.

6985

. . . . .

Aranciato e giallo aranciato.

7891

. . . . .

Giallo aranciato

3033

. . . . .

Giallo verdastro, verde giallo e verde.

1100

. . . . .

Verde azzurro e verde cianuro.

493

. . . . .

Azzurro.

90,6

. . . . .

Oltremare artificiale.

35,9

. . . . .

Violetto azzurro.

131

. . . . .

Violetto.

Disponendo sulla stessa linea i complementari di questi colori e accostando i numeri relativi, si avrà uno specchio che mostra a colpo d'occhio il rapporto numerico delle luminosità spettanti a ciascuna coppia.

Colore.

Luminosità.

Complementare.

Rosso intenso

80 — 100

Verde azzurro cianuro.
Rosso puro

493 — 1100

Verde azzurro.
Rosso

1100 — 3033

Verde.
Rosso aranciato

2773 — 1100

Verde azzurro.
Aranciato etc.

2773 — 1100

Verde blu.
Giallo aranciato

7891 — 90,6

Oltremare.
Giallo verdastro

8033 — 13,1

Violetto.
Verde azzurro

1100 — 1100

Rosso,
Blu

463 — 6985

Aranciato giallo.
Oltremare

90,6 — 7891

Aranciato.
Viletto azzurro

35,9 — 3033

Giallo verdastro.
Violetto

131 — 3033

Giallo verde.

Ora, se praticamente questi numeri non hanno alcun valore, tuttavia rimane la dimostrazione che a ciascuna [p. 212 modifica]coppia complementare compete fra i componenti un rapporto proprio che l'artista deve avere nel debito riguardo, perché non sia assurdo il ricorrere ad un mezzo di aiuto del quale poi non si riconosce il fondamento dell’azione, e ciò che più importa, perché non venga a mancare l’effetto che dal riguardo mantenuto all’intensità luminosa dei singoli colori opposti, deve infallantemente scaturire.

Sulla traccia dei dischi di Maxwell si può modificare ancora il modo di ottenere il miscuglio per rotazione di due e più colori, lasciandone cioè uno fisso e davanti a questo ponendo in rotazione un settore di circolo della proporzione voluta. E poiché dei sistemi di rotazione cui applicare un pezzo di cartone tagliato a settore di circolo se ne trovano facilmente, compresi dei piccoli ordigni a mano che dànno un numero sufficiente di giri per avere la continuità dell’immagine, riesce facilissimo poter trovare il complementare della tinta di un colore anche già steso su di un muro o su di una tela; né può essere questione di sottilizzare sull’eleganza dell’istrumento purché si pervenga al fine, come già si è detto, dei più difficili da raggiungersi, essendo pochissimi i modi di ottenere dei colori esattamente complementari, all’infuori di quelli di polarizzazione dei cristalli birefrangenti, raramente in analogia ai colori degli effetti comuni delle cose naturali e delle tinte ottenute con sostanze coloranti. Perciò, ad istradare sul carattere tipico del complemento di un dato colore, stabilito e concretato in una sostanza colorante, solo un mezzo di ricerca condotto con sostanze coloranti, può corrispondere in maniera persuasiva, né oggidì, all'infuori dei dischi di Maxwell, si saprebbe rintracciare mezzo migliore per superare la difficoltà.