Il Baretti - Anno II, n. 1/Lettera sul Potomak

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Guglielmo Alberti

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La pittura italiana nel primo 800 (parte seconda) Guitry e Ruggeri
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Lettera sul Potomak.

Gran tempi i nostri, caro Pilade; «Davvero, dirai tu, se i morti risuscitano...». Che, che: i morti giacciono. E neppure è un fantasma questo che ti sta scrivendo, ma proprio quell’Oreste, sai pure... Via, spoglia quell’abito compassato di esecutore testamentario! E quanto a me rassicurati: non indulgerò soverchiamente a rievocazioni, chiarimenti e ancor meno a bilanci in cui tu possa venirti a trovare in qualche modo impegnato. Un buon abbraccio val meglio. Riconoscerci vivi: questo solo importa oggi.

Rieccomi, e neppur di ritorno. Seguito il viaggio, fidando negli Dei, riconoscente anzi per quanto di maraviglia comporta il mistero del nostro destino se in umiltà di spirito lo contempli.

Altri seguiti dunque a interrogare. Ed altri ancora danzi. Per me son rassenato: che significa docile, disponibile - pronto a tutto, cioè, fuor che a resistere. O a nulla, se più ti garba, che non mi consenta l’integrità del mio cuore. Gran tempi davvero questi che mi fan così possibile! Ma lasciamo andare. Piuttosto è di questo inverno che vorrei saperti parlare, così mite che non si può a meno d’esser per le vie e di giorno e di notte. Non ho mai tanto amato la città. Al mattino le cose s’inteneriscono così da farsi quasi rosa. E c’è quel breve getto d’acqua nel giardino pubblico qui accanto che ascoltarne il fruscio continuato sotto le stelle m’è una benedizione ogni notte prima di coricarmi. Quando poi al mattino passo presso alla vasca ci sono i passeri che ci si tuffano dall’orlo, ci svolazzano a fior d’acqua, in un arruffio di penne gocciolanti al sole. Daccanto c’è una panchina, sovente mi ci seggo; anche stamani e m’abbandonavo a tanta grazia di trilli e tuffi e frulli nella dolcezza della stagione.

Ma ho tosto tratto di tasca un libro; e quel ch’è più, fresco di stampa, nuovo. Un libro nuovo; o presunzione d’autore, smodate pretese di lettore! — ci si ricasca ogni volta. Quasichè stimassimo che possano darsi libri nuovi, quasichè non fosse sempre la medesima storia che si racconta... Pilade, rammenta le nostre letture: «Les livres ne sont peut-être pas une chose bien nécessaire; quelques mythes d’abord suffisaient; une religion y tenait tout entière... Puis on a voulu expliquer; les livres ont amplifié les mythes; - mais quelques mythes suffisaient».

Erano quelli i tempi in cui preoccupato di motivazioni alla minima riga che il caso potesse trarmi dalla penna, tanto vigore mi riduceva a continuamente allevare virtuosi propositi di silenzio che una petulante smania di giustificazioni al mondo non cessavo poi di viziare.

«Un mot d’écrit; un pas d’ôte à la chute».

E’ l’angelo o il demonio che parla? Soffrivo di non saper distinguere le loro voci. Oggi lascio che s’identifichino.

Se ti cito Cocteau e ti riparlo di quel me stesso che con alcuna ragione credevi sepolto, è perché questa frase nello scoprirla stamattina m’ha ridestato in cuore palpiti appena assopiti.

Un critico ti dirà, anche se non hai voglia di badargli, quanto valga Cocteau, quanto questo Potomak ristampato ora com’è assicurato in copertina nel suo texte définitif (e noi vogliamo sperarlo).

In quanto a me nello sfogliarlo stamane, appena ho ritrovato il gusto che avevamo con delizia assaporato il quel prodigioso tempo in cui in una frase del Secret professionnel riassumevamo non senza segreta compiacenza, come in un’impresa, l’agile musculatura dei nostri equilibrismi intellettuali, delle nostre acrobazie verbali. «Ah! Narcisse, quel drôle de couple tu fais!». Non abbiamo oggi da rimpiangere di non aver conosciuto allora Bersicaire, Argémone, il Potomak e questi Eugénes pur così divertente nei disegni. Noi leggevamo allora Paludes; neppur più del resto: lo sapevamo a memoria. Che non sapevamo a memoria? Ci dicevamo, al pari di Lafeadio e Protos, dei subtils di fronte a «l’unique grande famille des crustacés». E’ stato un bel tempo, possiamo dirlo a conti fatti.

I guai son nati il giorno che mi sono scontrato con Hubert, crustace tipo, e ho voluto sul serio prender contatto con lui, smaniosamente preoccupato di difendere la mia dissimiglianza — più ancora: di contrapporla in quanto disinteressata alla sua piattamente utilitaria sebbene ingenua sommissione ai codici vigenti... Mentre poi nell’intimo non cessava di ferirmi la sua disinvolta facoltà di agire che pareva ostentarmisi dinanzi come un tacito rimprovero. (E qui conceda Gide e che lo si abbia in qualche modo rivissuto, come a suo modo del resto l’ha rivissuto Cocteau). «Lui du moins fait quelque chose» dice Angéle «il s’occupe». J’avais dit que je n’avais rien fait; je m’irritai: «Quoi? Qu’est-ce qui’il fait?» demandai-je... Elle partit: «Des masses de choses... D’abord lui monte à cheval... et puis vous savez bien: il est membre de quatre compagnie industrielles; il dirige avec son beau-frére une autre compagnie d’assurances contre la gréle: - je viens de souscrire. Il suit de cours de biologie populaire et fait des lectures publiques tous les mardis soir. Il sait assez de médecine pour se rendre utile dans les accidents. - Huber fait beaucoup de bien: cinq familles indigentes lui doivent de subsister encore; il place des ouvriers qui manquent d’ouvrage chez des patrons qui manquaient d’ouvriers. Il envoie des enfants chétifs à la campagne, où il y a des établissements. Il a fondé un atelier de rempaillage pour occuper de jeunes aveugles. — Enfin, les dimanches, il chasse. - E vous! vous, qu’est-ce que vous faites?» — «Moi! répondis-je un peu géné, - j’écris Paludes».

Un libro!

«N’aurais-tu jamais rien compris, pauvre ami, aux raisons d’être d’un poème? à sa nature? à sa venue?». Questa che mi pareva assoluta incapacità di Hubert a intendere la necessità di un libro, mi fece allora dubitoso se io stesso le intendessi chiaramente, e a furia di prendermi a vagliare le mie ragioni di esistenza finivo col dubitare fin della legittimità di alcun mio diritto ad essere. Ti rammenti Jacques Forestier nel Grand Ecart? «En cherchant plus haut son contour je le dénonce comme parasite sur la terre. En effet, où est donc le papier qui l’autorise à jouir d’un repas, d’un beau soir, d’une fille des hommes? Qu’il nous le montre. Toute la société se dresse comme un agent civil et le lui demande. Il se trouble. Il Jacques Forestier. Quella di Cocteau, d’altri, immagino, la mia stessa forse, coincide con quella della fabbricazione del documento che valga come giustificativo. Ma quand’anche ci s’infischi della legalizzazione del Tribunale, un rischio c’è sempre, il più grave, il solo anzi che conti: di non riuscire che ad un falso. Son tempi questi che se consentono una così scaltrita lucidità è solo per imprigionarvici come in un gioco di specchi.

Il Potomak è la storia di chi vuol scrivere un libro; mentre Paludes vent’anni prima n’era stato la satira, e non di questo soltanto. Gide diceva: «Moi, cela m’est egal parce que j’écris Paludes...» Ma in vece di Polder ci ha poi dato les Nourritures Terrestre; e les Caves du Vatican tutto ci autorizzano ad attender dalla pubblicazione dei Faux Monnayeurs annunziata per quest’anno.

Cocteau s’accorge della sua inconsistenza? della sua monotonia? S’accontenta della grazia del suo gioco: scambietti, ammiccamenti, sottintesi. Ma ripete, insiste: «Je laisse partout le mot livre et l’enflure naïve des promesses». «Tout ce livre - est-ce bien un livre? - son verbiage noir, ses contradictions...». Infine nella dedica a Strawinsky: «Il n’y a pas eu de livre; tout au plus une feuille de température». Per prevenire ogni attacco non solo ambe le guancie offre con destrezza, ma tutto si spoglia: «Ma pudeur: Etre tout nu, ranger la chambre, éteindre. Et chacun apporte sa lampe».

Pilade, ho sete d’aria. Se ha pigliato questa piega la lettera che t’ho scritto, farcita così di citazioni è un poco per liberarmi dalla loro insistenza. Se me la son presa con Cocteau è perchè un Potomak ho pur io voluto scriverlo un giorno e vorrei dimenticarmene. Se adesso ti abbandono così in furia a decifrare l’incongruenza della mia scrittura è perchè la sera è scesa e cedo al richiamo delle vie. Possa tu pure un giorno cedere a quel che ti sollecita e ravvisare la voce della felicità. Chi meglio del viandante assapora la dolcezza dei riposi?

Oreste.


Jean Cocteau — Le Potomak - 1913 -1914 précédé d’un Prospectus 1916 - Stock - Paris, 1924 — Le Secret professionnel - Stock, 1923 — Le Grand Ecart - Stock, 1923. André Gide — Paludes - première édition • Librairie de l’Art Independant - Paris, 1895.