Il Baretti - Anno II, n. 15/Craig

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Scenografia: Craig

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L'ombra dell'amico G. K. Chesterton

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SCENOGRAFIA

CRAIG

«Un direttore colto, ma non artista, è inutile in un teatro quanto un carnefice in un ospedale. Egli pretende nientemeno, che l’artista si limiti ai rapporti di altezza o di superficie segnati da lui!

Per una scena di porto, a mo’ d’esempio, vuol esporre in uno spazio ridevolmente angusto le rocce, le navi, la città, le case, il ponte di sbarco. L’attore deve, poi, agire in mezzo a tutta questa roba. Un personaggio deve imbarcarsi, un altro sbarcarsene sulla roccia. Questo quadro sarà per forza irreale, se si pon mente agl’inverosimili rapporti di misura che occorre attribuire ad ogni cosa perchè trovi posti in iscena.

Nel Vascello fantasma la scala arriva a metà della nave che sta dietro. La città è situata a cinquanta centimetri oltre il tetto delle cave. La cima delle montagne alla stessa altezza degli alberi della nave».

Cosi Eduard Gordon Craig.

Ed ancora:

«Il direttore chiede una foresta: il trovarobe gli porta la foresta, albero per albero, eceo il nostro uomo raggiante. Si scalda la testa e corre la città con i bozzetti o il solino di celluloide, stepitando: «Venite, venite a vedere la mia messinscena. Non s’è mai vista una cosa simile! La natura non potrebbe far meglio!»

Il direttore dice, poi, agli attori: «Camminate in questa foresta come persone ordinarie, siate naturali». Applaudisce l’artista che cade da una sedia inciampa in un tappeto, o grida: «che meraviglia di naturalezza!» A Londra, se un direttore ha bisogno di soldati, chiede gli uomini a un reggimento e li veste con un costume storico; non gli verrebbe mai l’idea di fermare il suo corpo di comparso, Perchè cercare di meglio di un vero soldato?»

Questo realismo non ha nulla di comune con l’arte. Il realismo finisce nel comico, nel music-hall, nell’anarchia.

Dunque: lo stile.

Ed una scuola.

«Ecco il progetto che vogliamo attuare: noi fonderemo, con capitali di tutti gli «amici» del teatro riuniti in «Società», una Scuola fornita di quanto è necessario alla scena e due teatri, di cui uno all’aperto. Adopereremo questo due scene per le nostre esperienze; sull’una o sull’altra, talvolta su entrambe, saranno provate tutte le teorie. I risultati di queste esperienze: note, disegni, fotografie, documenti fotografici, cinematografici non verranno pubblicati e serviranno soltanto ai membri della Scuola. Avremo strumenti per studiare, e produrre, il suono e la luce, come anche altri per studiare il moto. Vi sarà una stamperia, tutti gli utensili da falegname, una biblioteca completa. Noi faremo esperienze nel teatro, come il chirurgo nella sala anatomica. La nostra Scuola ci permetterà di studiare le tre fonti naturali dell’arte: il suono, la luce, il moto; cioè: la voce, la scena, l’azione».

Il direttore di teatro è uguale al direttore d’orchestra. Tutto dipende dalla sua bacchetta.

Perciò:

egli farà, prima, eseguire le scene o i costumi

poi, distribuirà le parti agli attori cho ne impareranno il testo prima di faro anche una sola prova

in seguito, provvederà alla illuminazione per creare un legamo armonioso fra il costume la scena o il poema

e, sopratutto, non copierà la natura: la interpreterà.

Anche per intendere l’arte di Gordon Craig gioverà un saggio di messinscena.

MACBETH

Dove si svolge l’azione? In che guisa compiamo l’ambiente? Vedo due cose: una rupe o la nebbia che ne fascia la cima. Cioè una rocca di guerrieri, una spelonca di fantasmi. L’umidore, col tempo, roderà il picco, gli spettri bandiranno gli uomini. Mettete una rupe, fatela salire o nascondetene la cima nella nebbia. Otterrete la riproduzione esatta di quello che avete immaginato.

Che forma avrà questa rupe! Ricordate le linee di un’alta montagna e indicatele: i dettagli importano poco. Non temete di farla salire molto in alto; non sarà mai troppo. Sappiate che su di un pezzo di carta potete disegnare una linea che s’elevi per più leghe; lo stesso potete fare sulla scena: è tutto un problema di proporzioni. Che cosa suggerisce Shakespeare? Non guardate prima la natura, cominciate con interrogare il poeta. Vi sono duo toni, uno pel il picco, l’uomo; l’altro per la nebbia, il fantasma. Non aggiungete altri toni nell’esecuzione dell’insieme di disegni per i costumi e le scene. Modulate soltanto nelle due note.

Ma oltre la rupe e la nebbia sono altre cose da considerare. Bisogna por mente che alle falde di questa roccia brulicano le forze terrestri e che nella nebbia si celano gli spiriti innumerevoli. Per dirla più tecnicamente, voi devete pensare a sessanta o settanta comparse che debbono muoversi nella parte inferiore della scena e ad altri personaggi che non possono appendersi a fili di ferro e che tuttavia convien distinguere chiaramente dagli esseri umani e più materiali. E’, perciò, necessario creare in qualche punto una soluzione di continuità, molto evidente allo spettatore. Ecco come vi perverrete: i sogni e le proporzioni hanno suggerito la consistenza della roccia, il tono e il colore — un sol colore — daranno l’aspetto etereo della nebbia. Intanto, conducete in basso questo tono e questo colore, quasi a livello del suolo; ma abbiate l’accorgimento di condurli sopra un punto distante dalla massa rocciosa.

Volete che vi spieghi tecnicamente quello che intendo? La vostra rupe non s’innalzi che a metà della scena, sia il fianco di un gruppo di monti traversati da molti sentieri che confluiscono in una piattaforma la quale occupi la metà o i tre quarti della scena.

Avrete, cosi, abbastanza spazio per tutto le comparso del lavoro.

So bene che non siete ancora convinti di questo sogno e di questa nebbia, so che pensate a quanto verrà più tardi nell’opera, specialmente molti «interni», ma non vi preoccupate: ricordate che un castello è fatto di materiali presi in una cava. Non è lo stesso colore per cominciare? i grandi colpi d’ascia sulla pietra non danno a ogni masso un tono che somiglia quelli che produco la natura: pioggia, gelo o folgore? Dovrete, dunque, trovare solo qualche variazione dello stesso tema: la rupe, nero — la nebbia, grigio — custodendo l’unità in virtù di questo metodo.

Il successo dipenderà dalla valentia nel creare variazioni su questi due temi: ma ricordate che non bisogna mai allontanarsi dal tema principale dell’opera, per cercare le variazioni. Con la scena otterrete i movimenti indicati dagli autori e dovrete perfino accrescere «l’impressione» del numero senza aumentarlo.

Potrete suggerire alla scena tutto quello che esiste, la pioggia, il sole, il vento, la neve, la grandine, il caldo intenso; ma non perverrete mai ad imitare realmente la natura.

Potete suggerire con il movimento la traduzione di tutto le passioni ed i pensieri di una folla e con lo stesso mezzo aiutare l’attore a riprodurre le passioni ed i pensieri della parte che deve rapresentare; ma sono inutili i dettagli.

Se volete anche disegnare costumi, non ispiratevi a libri speciali: lasciate correre la vostra immaginazione, vestite i personaggi secondo la vostra fantasia. Non importa se al principio commetterete degli errori.

Per giudicare l’effetto delle masse, che è fra le cose più importanti, guardatevi dal considerare, come fanno tutti, i costumi singolarmente ».

E. P.