Il Baretti - Anno II, n. 4/Libri

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Tendenze letterarie Il teatro è malato


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LIBRI

Mario Vinciguerra.Il Preraffaellismo inglese. (Collezione «Le grandi civiltà» diretta da O. Manacorda).

Bologna. Nicola Zanichelli edit.

E’ una interessante monografia, fatta con attenzione e intelligenza come tutte le opere del Vinciguerra. Lo stile, legnoso a forza d’esser compatto e disadorno, non guasta a petto della materia tanto iridescente e cangiante che deve trattare. Sebbene la parentela che le cose nostre ci hanno col movimento preraffaellista è tutta di maniera, fu tanto importato e di moda anche da noi che uno studio minuto e bene informato merita di far fortuna. Osserveremo solo che il libro sta, cosi, a mezz’aria, senz’addentrarsi a dovere nel mondo inglese, di cui rispecchia un solo aspetto esagerato e marginale. La storia retrospettiva del movimento doveva toccare persone più autorevoli e più rappresentative (Coleridge, Keats, Carlyle...), a far sentire, se non altro, qual tenue derivazione fosse la novità o il ritorno tanto decantato... Viceversa, non s’esaurisce il Wilde notandolo come uno fra gli epigoni degno di mezza pagina. Ma lo sbaglio è forse imputabile non al Vinciguerra, bensi all'ordinatore della collezione. Non si può, nella più accademica delle decadenze, cercare il segno duna civiltà.

Joseph Conrad. — Cuore di Tenebra - Versione di A. C. Rossi.

Bottega di Poesia - Milano.

Alberto Rossi è il primo, crediamo, a darci un volume — o meglio un racconto — di Conrad tradotto. Se la fortuna di questo autore fra noi sarà sempre affidata a mani tanto sagge, è da sperare che uguagli quella ottenuta in terra di Francia. Una prima parte di questo racconto è del Conrad migliore. L’evidenza della natura — uomini bruti e paese — , sempre riproposta con incidenze diverse della luce, crea il peso di una realtà dalla quale non ci è scampo. Nella insistente armonia, che placa gli orrori isolandoli da qualunque, compromesso e da qualunque compiacenza e li abbandona a una pietà così diffusa e presente che non può nemmeno raccogliersi in un grido, è il segreto, e anche il compenso, dell’onestà dello scrittore. La quale si rivela anche, sebbene tinta d’ingenuità, nella psicologia dei personaggi finali, che non hanno funzione fuori dei loro rapporti con quel regno di tenebre. Nè, in verità, Mr. Kurtz, nè il Russo, ne la fidanzata ci sembrano ricchi e intensi come altri eroi conradiani — stanno anzi a mostrare un gusto facilmente orientato verso il medioevalismo vittorughiano nel loro autore. L’eroe mostruoso infatti è tutto una lebbra e uno sfacimento fuor che la voce che tutti incanta, dai selvaggi al buffone (il russo) alla bella lontana e insospettosa... Ma se Conrad sapesse rimediare alla facilità da vecchio teatro di certi caratteri e di certe «situazioni», sarebbe perso parecchio del suo dono, che è di imporre quasi con un soffio immediato una vita universale a delle figure atteggiate fino allora come dei fantocci.