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Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro I/Capitolo XXXVII

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Illustrazioni al Libro I - Capitolo XXXVII

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Brunetto Latini - Il Tesoro (XIII secolo)
Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
Illustrazioni al Libro I - Capitolo XXXVII
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Capitolo XXXVII.


L’Allighieri aveva scolpita profondamente nella memoria questa lezione sull’origine di Firenze, quando nel canto XV dell’Inferno, si fece ripetere dal medesimo Brunetto:

Ma quell’ingrato popolo maligno,
     Che discese da Fiesole ab antico
     E tiene ancor del monte e del macigno,

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Ti si farà, per tuo ben far, nimico....
Faccian le bestie Fiesolane strame
     Di lor medesme, e non tocchin la pianta.
     Se alcuna surge ancor nel lor letame,
In cui riviva la semente santa
     Di quei Roman’, che vi rimaser, quando
     Fu fatto il nido di malizia tanto.


Nel canto XIII dell’Inferno, ripete con Brunetto, come i Fiorentini fossero già sotto la protezione di Marte, al quale fu sostituito s. Giovanni Battista, e come guerre e discordie per ciò li tormentassero.

     Io fui della città, che nel Battista
     Cangiò ’l primo padrone, ond’ei per questo
Sempre con l’arte sua la farà trista.
     E se non fosse che in sul passo d’Arno
     Rimane ancor di lui alcuna vista,
Quei cittadin’, che poi la rifondarno
     Sovra ’l cener che d’Attila rimase,
     Avrebber fatto lavorare indarno.

Sull’equivoco di Dante fra Attila e Totila, a noi qui non tocca parlare. Attila non passò il Po.