Favole (La Fontaine)/Libro ottavo/XV - Il Topo e l'Elefante

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Libro ottavo

XV - Il Topo e l'Elefante

../XIV - Esequie alla Leonessa ../XVI - L'Oroscopo IncludiIntestazione 16 ottobre 2009 50% raccolte di fiabe

Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro ottavo

XV - Il Topo e l'Elefante
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La vanità, ch’è tutto un mal francese,
fa ch’ogni sciocco e stupido borghese,
un grand’uomo si creda in quel paese.

Vani son gli Spagnoli e tuttavia,
per quanto grande il lor difetto sia,
è più che scipitezza una pazzia.

L’esempio che vi conto vi dimostra
la boria nostra, la qual su per giù
non vale men di un’altra e non di più.

Un Topolin piccino
vide un grosso Elefante gigantesco,
e rise di quel grande baldacchino
pesante ed arabesco,
con tre piani di sopra e una sultana
seduta in mezzo di beltà sovrana,
con cani e gatti e pappagalli suoi,
e con tutta una casa che in viaggio
andava ad un lontan pellegrinaggio.

Rideva il Topolin perché la gente
stesse a guardar quel coso stravagante,
più che animale, macchina ambulante.

- Bel merito, - dicea, - d’esser sì grosso,
come se il bello fosse in un colosso...
O gente sciocca, ov’è la meraviglia
che ai ragazzetti fa levar le ciglia?
Così piccino come son, un grano
non valgo men di questo pastricciano -.

E stava per aggiungere di più
il Topo vanerello.
Quand’ecco sul più bello
un gatto salta giù
e fric... in un istante
mostrò che un Topo è men che un Elefante.