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Il Trecentonovelle/CCVIII

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Novella CCVIII

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CCVII CCIX

Mauro pescatore da Civita nuova, recando granchi marini gli mette nella rete sul letto, escene uno fuori la notte, e piglia la donna nel luogo della vergogna, e Mauro, soccorrendo co’ denti, è preso dal granchio per la bocca; e quello che ne seguita.

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Nuova novella di moglie e di marito è questa che seguita, e differente forse da tutte quelle che s’udiranno mai. Nella terra di Civita-nuova nella Marca presso alla marina, fu già un pescatore di piccole pescagioni, pescando con ami e con lenze e con reticelle di minore maniera; era giovane e avea nome Mauro, avendo una moglie giovanetta chiamata Peruccia. E venendo per caso un giorno che questo Mauro, essendo andato a pescare, avesse preso certi granchi marini; li quali, perché sono molto malagevoli a tenerli, avea messo in un carniere di rete; e chi ha già veduto li detti granchi, può considerare, veggendo le loro bocche, quanto sono piacevoli quando afferrano altrui.
Tornato questo Mauro con la detta pescagione in su la sera, volontoroso e di mangiare e di bere, come incontra a chi usa quell’arte, disse a Peruccia:
- Truova modo che io ceni -; e questo carniere da piede puose sul letto; e poi per poco spazio, essendo apparecchiato da cena, il marito e la moglie si posono a cena; e cenato che ebbono, volontorosi d’andarsi a posare, se n’andorono a dormire, sanza ricordarsi di muovere il detto carniere.
Di che, dormendo, quasi sul primo sonno, uno di questi granchi, sí come quelli che mai non truovono luogo, cercando de’ fori donde possano uscire, e ancora rimbucarsi, uscí per la bocca del detto carniere, ed entrò tra l’uno lenzuolo e l’altro, accostatosi alla donna verso la parte dove è la bocca senza denti, forse per rimbucarsi; e la donna sentendolo, come paurosa, con la mano toccandolo per sentire quello che fosse, e ’l granchio per lo sentirsi toccare, come fanno, ristrignendosi, per lo labbro prese la detta bocca, e stringendo, fu costretta Peruccia di trarre un gran guaio. Al cui romore il suo marito Mauro si destò, dicendo:
- Che hai tu?
Ed ella risponde:
- Marito mio, io non so che fiera m’ha preso nella tal parte.
E ’l marito subito si leva, e va per lo lume e dice:
- Ov’è, dov’è? - come quando si trae al fuoco.
La donna con istrida manda il copertoio giú, e dice:
- Per Dio! guata quello che m’ha vituperata -; e con questo tuttavia forte languendo.
Mauro, veggendo il granchio, come e dove l’avea afferrata, dice:
- Per Santa Maria dell’Oreno! che uno di quelli granchi marini che iersera pigliai, è uscito del carnieri che puosi sul letto, e hatti cosí agghermigliata -; e ingegnandosi con le mani pigliare ora un piede e ora l’altro, tirava il granchio per spartirlo dalla donna; e ’l granchio, come è di lor natura, quanto piú si sentiva tirare, piú mordeva, e piú assannava, e con l’altra bocca s’ingegnava pigliare le mani di chi lo tirava; e la donna, gridando, sentiva soperchio dolore.
Ond’il marito s’avvisò di provare un altro magistero, e molto semplice; e questo fu che, chinato il capo verso quel luogo, s’avvisò con li denti troncare quella zanca la quale cosí forte molestava la donna; e come la bocca porse, per pigliare co’ denti la zanca del granchio, el granchio con l’altra bocca afferra costui per lo labbro, il quale subito comincia a gridare, e la donna grida e tira, e colui grida e tira.
El gridare di Mauro era molto grande, però che rimbombava nella citerna; e quanto piú tiravano, e ’l granchio piú mordea. A questo romore quelli della casa traggono, gridando:
- Che è?
E li vicini traggono; e intrati dentro, accostansi alla camera, la quale essendo da un debole uscetto serrata, pinsono in terra, ed entrorono dentro; e domandati che aveano, dissono la cagione, come che Mauro la dicea con gran fatica, come quelli che era preso per lo labbro della bocca. La donna per vergogna, oltre l’altra pena, tirava il copertoio in su: il marito gridava però che, oltre al duolo, affogava sotto il copertoio. Quelli della casa piú baldanzosi dissono:
- Per certo noi vederemo che è questo -; e scuoprono il copertoio, e veggendo presi la moglie e ’l marito da uno granchio marino in due si diversi luoghi, si maravigliano, segnandosi con la croce; e Mauro si lamenta, e dice il meglio che puote che l’aiutino.
Era fra la brigata uno valente maniscalco, il quale disse a un suo discepolo che per le tanaglie andasse alla sua stazzone, il quale subito andato e tornato con esse, il maniscalco troncoe le bocche del granchio; delle quali tanaglie e Peruccia e Mauro ebbono gran paura, sanza la vergogna, che non fu minore. E cosí la moglie e ’l marito vituperati, furono dal maniscalco liberati dal granchio marino; il quale lasciò loro sí fatti segni e sí dogliosi che ’l marito andò piú dí con una pezzuola d’unguento sul labbro, e la donna forse si medicò anch’ella, però che buon pezzo andò a gambe aperte. E gli uomini della terra di tal novella piú tempo n’ebbono a ridere e a parlare. Ma ancora ci fu meglio, che ’l maniscalco domandò d’essere pagato, e Mauro contradiceva, allegando che si dovea pagare di ferrare, e non di sferrare. E ’l maniscalco rispondea:
- Come! o non mi debb’io pagare, quando io medico uno cavallo levandolo da pericolo di morte, o d’altro fortunoso caso? o se uno cane rabbioso, com’era questo granchio, avesse afferrato uno cavallo, e non lo lasciasse, e io facessi sí che lo lasciasse e guarisselo, non doverrei io essere pagato? - e di molte altre belle ragioni disse tanto che li diede soldi venti, come se avesse ferrato uno cavallo.
Cosí avviene spesso agli uomini trascurati, o piú tosto, si potrebbe dire, smemorati; ché, venendo costui dal mare co’ granchi, li puose sul letto, e gli ne intervenne quello che ben gli stette; però che s’egli avea preso il granchio, e ’l granchio si vendicò, pigliando lui e la moglie per sí fatta maniera che quando il granchio ne fu levato dal maniscalco si potea dire, come disse Dante: «La bocca sollevò dal fiero pasto ec.». E cosí in questa vita spesso son presi gli uomini da diversi casi, e sono tanti che uomo non gli potria mai immaginare. E però non si dee alcuno fidare della fortuna però che spesse volte il morso d’un piccolo ragnolo ha morto uno fortissimo uomo.