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Il Trecentonovelle/CIV

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Novella CIV

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CIII CV

Messer Ridolfo da Camerino, per avere diletto d’alcuno, dice a Bologna una novella vera, che par miracolo; e per gli altri gli è risposto con altre due novelle, piú vere e incredibili che la sua.

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Essendo a Bologna messer Ridolfo da Camerino, generale capitano della Lega, che era col Comune di Firenze contro a’ Pastori della Chiesa, erano l’ambasciadori del Comune di Firenze, tra’ quali fui io scrittore, in quelli tempi che ’l cardinale di Genèva passò di qua co’ Brettoni. Ed essendo un dí a casa del detto messer Ridolfo e io e altri, appresso alla piazza de’ frati Predicatori di Bologna, e uno morto era portato a sepellire. Veggendo ciò messer Ridolfo, si volge a noi, dicendo:
- Che nuova usanza ho veduto in alcun paese, che quando uno è portato alla fossa, drieto gli vanno una gran brigata, tra’ quali molti innanzi vanno in camicia cantando, e poi ne vanno drieto a costoro grandissimo numero d’uomini e di donne piangendo; e questi che piangono, in fine danno denari, e pagono quelli che cantano!
Dice subito uno ambasciadore, che avea un poco del nuovo, e messer Ridolfo se n’era accorto:
- O dove si fa cotesto?
A messer Ridolfo e gli altri vennono le risa grandissime, dicendo:
- Fassi in ogni luogo.
Ancora non lo intese. E io dissi:
- E’ ci è via piú nuova cosa, e non dirò di lunge di strani paesi, che io veggio in Bologna portare il vino nelle ceste e mangiare i cocchiumi delle botti.
Ciascun dice:
- Vogliàn noi fare a chi maggiore la dice?
- Io non so che maggiore: non vedete voi che ora di vendemmia portare il mosto in quelli cestoni? Non vedete voi che mangiano per casa cocchiumi bianchi di botti?
E cosí era. Dice un altro:
- Quando io venni in Bologna, io trovai piú nuova cosa, ch’io mi scontrai in uno, presso di qui due miglia, che avea il capo di ferro e le gambe di legno, e favellava con le spalle.
- O questa è ben piú nuova, - dicon tutti.
Dice costui: - Ell’è piú vera che l’altre.
Dicono elli: - Deh, dicci come, se ti cal di me.
- E io vel voglio dire: io trovai un uomo con una cervelliera in capo ch’andava a cogliere pine nel pineto di Ravenna, e andava a gruccie; e domandandolo se uno famiglio che io avea mandato innanzi, avea veduto, e quelli ristrinse le spalle, dicendo con esse che non l’avea veduto.
Or cosí si raccontarono qui per diletto quelli veri che aveano faccia di menzogna. E ben v’erano de’ nuovi uomini, ché v’era tale che avea comprato oche, e turato loro gli orecchi con la bambagia, l’avea messe sotto la lettiera dove dormía nell’albergo di Felice Ammannati, dicendo ch’elle non ingrassavono per lo star molto in ascolto, e non beccavono; e però avea turato loro gli orecchi. Ma io scrittore il posso dire di veduta, ch’ell’avevono appuzzato la camera con tutto l’albergo in forma che gli osti non vi voleano stare; e ben lo seppe Felice Ammannati che con tutto il puzzo ne fece di belle novelle, pigliandone con altrui gran diletto. E’ si conviene molte volte dare inframesse di frasconi, e mostrare di nuove novelle, nate da nuovi uomeni, come erano queste.
E benché nel primo dire paiano frasche e bugie, nell’effetto son pur vere, e la novità degli uomini si truova di molti modi, i quali il piú delle volte sono veri, e non paiono.