Il Trecentonovelle/CLXII

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Novella CLXII

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CLXI CLXIII

Popolo d’Ancona buffone, per grande improntitudine e con nuova sottigliezza di parole, cava una cappa di dosso al cardinale Egidio, quasi contro al suo volere, e vassene con essa.

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Ne’ tempi che la Chiesa di Roma era in grande e prospero stato, allora che ’l cardinale Egidio dominava per lei la Marca e ’l Ducato e molte provincie d’attorno, trovandosi il detto cardinale nella città d’Ancona, con festa e allegrezza di vittorie per la Chiesa ricevute, avvenne per caso che un uomo di corte chiamato Popolo d’Ancona, andando al detto cardinale con animo e con intenzione di spogliarlo e di vestire sé, come tutti sono usi, ché mai non posano se tutte le robe de’ signori e de’ gentili non recano a loro. E volesse Dio che ragione o cagione si vedesse, che questo a loro si dovesse fare! però che, considerando la loro natura, io non so se, per loro vizii o scelleratezze, alcuni sono tenuti di donare a loro, o per cattività di quelli che donano, credendosi essere magnanimi tenuti per non essere da loro infamati. Come che sia, veduto s’è esperienza che alcuni di questa generazione sono stati moderati e virtuosi uomeni da ogni grande affare, che da’ signori e tiranni hanno sempre poco acquistato o niente; dall’altra parte sono stati di quelli che aranno usato brutti costumi, fastidiose operazioni; e con queste averanno recate le facce di molti signori in risa, e con quelle faranno loro grandissimi doni di robe e d’altre provvisioni. Altri seranno, che con nuove e piacevoli industrie faranno tanto che moveranno e’ signori e gli altri a dare loro alcune veste e doni, quasi sforzatamente; e di questi cotali fu questo Populo d’Ancona, uomo piacevole e ingordo, che, avendosi recato nella mente d’acquistare una roba da qualche signore, o per ingegno, o per forza, o per piacevolezza, giammai non restava che veniva a effetto del suo proponimento.
Giugnendo adunque, come di sopra dissi, questo Popolo dinanzi al cardinale Egidio e veggendoli una bellissima cappa cardinalesca addosso, cominciò a dirli suoi motti e sue novelle; e in fine, accostandosi e pigliando il lembo della cappa, domandò al cardinale gliela donasse. Il cardinale, veggendo la improntitudine del buffone, si volse a lui, e disse:
- Con li denchi con li denchi piglia del mio ciò che ti piace, béi e mangia del mio quanto ci puoi, e piú non aspettare.
Rispose Popolo:
- Signore mio, volete voi che con li denti io pigli del vostro quanto mi piace?
Il cardinale rispose:
- A`jotelo detto che sí.
Come ciò fu detto, il buffone piglia la cappa cardinalesca co’ denti e tira quanto puote, non dimorsandola mai; tanto che, non potendoselo il cardinale partire da sé, misse le mani al cordiglio del capezzale e quello sciolto, con le mani gli gettò la cappa addosso, dicendo:
- Vacci nella malora -; e a’ famigli suoi voltosi, disse lo cacciassono via, e giammai a lui non lo lasciassono piú venire, però che piú non intendea d’essere morso co’ denti di tal buffone che era stato peggio verso lui che un cane arrabbiato.
Grande fu l’astuzia di questo buffone, considerando che con li suoi morsi avea spogliato un cosí fatto prete e cardinale, e massimamente avendo spogliato uno di quelli che con le loro cerimonie si vestono sempre delle spoglie altrui.