Il Trecentonovelle/CXXVII

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Novella CXXVII

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CXXVI CXXVIII

Messer Rinaldello da Meza dell’Oreno, essendo in Firenze, e veggendo molti giudici, si maraviglia come Firenze non è disfatta considerando che un solo ha consumato la sua patria.

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Uno cavaliere chiamato messer Rinaldello da una terra, che si chiama Meza dell’Oreno, arrivò una volta nella città di Firenze; e stando in quella per alquanti dí, venne per caso che questo gentiluomo vidde a uno mogliazzo gran numero di cittadini, tra’ quali, come interviene, dinanzi andavono molti addobbati con vaio. E quelli, veggendoli, domandò alcuni fiorentini chi erano quelli che portavano vaio e che andavano innanzi. Fugli risposto che erano cavalieri, e giudici, e medici. Dice il gentiluomo: - E quanti giudici vi sono?
E quelli guatano, e cominciano a noverare: - Quattro e altri tre, sette: èvvene sette.
E quelli dice: - E haccene piú?
Risposono: - Sí bene.
E messer Rinaldello disse allora, segnandosi e guardando in alto le case della città: - Oh che miracolo è questo, che in questa città sia alcuna casa che non sia disfatta, e sia per terra!
I Fiorentini udendo costui e vedendolo segnare, dissono:
- E di che vi maravigliate voi?
E quelli rispose:
- Io vel dirò. Io sono d’una città, che si chiama Meza dell’Oreno, la quale è stata grande e nobile città, e in grande concordia e pace; e in tale maladetta ora e punto uno ricco uomo di quella mandò un suo figliuolo a studiare a Bologna, e fecelo giudice, che tornando in quella terra, giammai non abbiamo sentito che ben sia; in discordia ci ha messi; la pace, che solevamo avere, è convertita in guerra, noi stiamo tanto male, quanto mai stemmo bene; e questo tutto viene da questo iudicio, che in quella è venuto. E però pensando che voi mi dite, la quantità che di questi giudici qui avete, io mi maraviglio che, avendo un solo, ha cosí guasta la nostra terra, che questi, che tanti avete, qui abbiano lasciato pietra sopra pietra.
Li Fiorentini, udendo costui, dissono, ridendo:
- Volete voi che noi diciamo il vero? e’ ci danno la mala pasqua.
Il cavaliere rispose:
- Se non v’hanno fatto altro, voi n’avete buon mercato; ché a noi ha dato quell’uno la mala ventura per tutti li tempi che viveremo, e noi e li nostri discendenti.
E cosí finirono le parole.
E quando io considero bene chi sono ne’ presenti tempi questi con li vai in testa, io penso messer Rinaldello aver detto il vero; e considero poter avere poca pace il luogo dove stanno, e meno chi a loro crede; e la prova il dimostra: che quella terra marina, che tanto è stata nel suo buon reggimento, giammai non ebbe alcuno judice; giammai viniziano non ne fu alcuno. E Norcia, che è piccola terra a rispetto di quella, mai non volle di questi giudici, né chi sotto coverta di scienza l’avesse voluta guastare; per tal segnale, che ne’ loro consigli non vogliono alcun troppo savio, e dicono: «Escanne fuori li sapii». E con questo si regge cosí bene come terricciuola d’Italia.