Il Trecentonovelle/LXV

Da Wikisource.
Novella LXV

../LXIV ../LXVI IncludiIntestazione 22 settembre 2009 75% novelle

LXIV LXVI

Messer Lodovico da Mantova per una piccola parola, che per sollazzo dice un suo provisionato, gli toglie ciò ch’egli ha.

— * —

Ancora mi viene innanzi come piccola cagione muove un signore a dar la mala ventura altrui. Essendo messer Lodovico di Gonzaga signore di Mantova, uno suo provisionato avea detto con certi altri, piú per diletto che per altro «Signore è vino di fiasco, la mattina è buono, e la sera è guasto». La detta parola fu rapportata al signore; sí come spesso interviene, per venire in grazia del signore sempre vi sono li rapportatori. Udendo ciò messer Lodovico, fece chiamare a sé quel provisionato, e disse:
- Mo mi di’; ha’ tu detto le ta’ parole?
Quel rispose:
- Signor mio, sí; ma le parole mie non furon dette se non per motto, però che altra volta l’udi’ dire a un valente uomo.
Disse il signore:
- Sí che tu di’ che dicesti per motto, e non ti pare avere detto alcun male; e ha’ mi nominato e appareggiato con un fiasco di vino. In fé di Dio, io ho voglia di farti giuoco, che sempre te ne verrebbe puzza; ma acciò che tu lo possa ben dire da dovero, spogliati in farsetto, come quando tu venisti a far con mi: e vatti con Dio.
Costui si dileguò in ora, che mai non apparí a Mantova; e lasciò il valer di due mila lire di bolognini, il quale avere tutto si tolse el signore. Cosí intervenne che signore e vin di fiasco, l’uno era vino e l’altro l’ha disfatto.