Il bacio di Lesbia/XVI

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Il processo contro Clodio

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XV XVII
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XVI

IL PROCESSO CONTRO CLODIO


Q
uanto tempo Clodio rimase nella casa di Cesare? Che cosa vi fece? Nessuno lo sa.

Si sa che un uomo fu scoperto nella casa di Cesare, cioè: si disse che fu un uomo: ma prove sicure non c’erano. Che l’uomo poi fosse Clodio, meno che meno. Le cose sarebbero andate cosi: non l’aspetto, ma la voce avrebbe tradito lui.

Una camerista, mentre le vestali e le matrone eseguivano le sacre danze, aveva osservato che nell’orchestra c’era una citareda che faceva finta di suonare, ma non suonava. Era Clodio, che era usato a tutt’altri istrumenti, ma non all’arpa. Perciò colei gli disse:

— Voi perché state senza suonare?

Clodio, giovane che poco si sapeva dominare, rispose con una parolaccia, e non pensò a far la vocina da donna: perciò la camerista disse:

— Una suonatrice? Voi parete un sonatore.

Lui, per risposta, le diede un ceffone. L’armonia dell’orchestra fu turbata. E la [p. 124 modifica] camerista mandò un grido: «Padrona, c’è un uomo!».

Accorse la padrona che era la suocera e vigilava attorno a Pompea: e sono le suocere che spesso combinano i guai. Fu dato l’allarme: tutte quelle femine accorsero per arrestare il colpevole, ma ricevettero una tale spinta che soltanto un uomo ne poteva essere capace. Quanto poi a riconoscere quell’uomo per Clodio, i sospetti potevano cadere su Clodio, perché chi se non lui poteva essere capace di tale temerità? Ma dove sono le prove?

Clodio ha la faccia franca di dire: «Se le donne vedono Clodio da per tutto, che colpa ne ho io ?». Le vestali avevano bevuto molto «latte»! Le matrone danzavano, e non ricordavano se non che fu vista una delle citarede fuggire col manto ravvolto intorno alla testa, e perciò irriconoscibile.

Per non farsi scoprire si nascondeva la testa?

No! Per difendersi, perché tutte quelle femine incitate gli, o le volevano strappare i capelli. Come si vede, anche fra le testimonianze dirette v’era incertezza.

Se fu un uomo, forse fu una forma illusoria, non sostanziale.

Sul monte Athos chi sa mai quanti [p. 125 modifica] fantasmi di femine appaiono a quei monaci per incitazione degli spiriti maligni.

Clodio e Cesare sono ora su la bocca di tutti: ma Clodio cammina come di consueto per le vie di Roma; incontra Cesare e lo saluta. Cesare incontra Clodio e lo saluta. Il popolo non capisce niente.

Un giorno, con grande ostentazione di servi, si vede una portantina davanti alla casa di Cesare. Pompea ne esce e monta su la portantina. Sùbito la piazza dice che Cesare scaccia di casa la adultera Pompea. Ma Cesare e Pompea si baciano affettuosamente in vista di tutti. Tutta la piazza ciò vede. Bisogna riconsacrare la casa profanata. Pompeo è innocente. Clodio? È stato Clodio a profanare i misteri? Cesare non può negare, né affermare perché non vide. Cesare è giusto. Cesare non ha vendette contro uomo alcuno anche se rivale e nemico, se quest’uomo è romano! Se Cesare rimanda Pompea a suo padre, è perché Pompea stessa non vuole che un’ombra di sospetto cada sul ben amato suo Cesare.

La realtà è questa: a nessuno conviene lo scandalo. Ma il popolo di Roma era superstizioso. E solamente ai nostri tempi che i reggitori dei popoli hanno introdotto, con [p. 126 modifica] l’aiuto della scienza, la cura contro la superstizione. Ma siccome cancellata che sia una superstizione, ecco ne viene fuori un’altra, cosi accade che bene e spesso anche i potenti, anche il Senato, sono costretti a ubbidire alle superstizioni del popolo. Era la prima volta che i misteri della Dea Bona venivano profanati. Paurose voci correvano per Roma che quella offesa alla Dea delle virtù feminili era il segno celeste della caduta della virtù. Per i Romani la virtù era una cosa molto seria e molto complessa: non era soltanto un pregio evangelico. E in fatti, stando a quello che dicono gli storici, da quel tempo in poi i misteri della Bona Dea si mutarono in orgie invereconde. Il popolo, insomma, domandava un colpevole. La fazione di Clodio negava che lui fosse colpevole.

Clodio diceva: «Se è necessaria una vittima, ecco l’agnello sull’ara che è pronto al coltello del sacrificatore; ma voi sapete ch’io nel giorno sacro alla Dea Bona non ero a Roma, ero a Capri a cacciare le allodole che col primo di maggio arrivano dal mare».

Il processo dei misteri profanati assurse a tanta importanza che tutte le storie di Roma ne sono piene. Il Senato si costituì in corte suprema di giustizia.

Clodio si presentò a fronte alta a quel [p. 127 modifica] tribunale. Fuori della curia il popolo tumultuava per lui. Gli occhi di Clodio passavano ad uno ad uno sui senatori.

— Non mi accusa Cesare, e mi accusate voi?

Senatori e cavalieri non dubitavano fosse stato Clodio, ma mantennero un prudente silenzio, e volgevano attorno gli sguardi. L’uomo poteva rendere altrui infelice la vita.

Fu allora che una voce disse:

— Clodio nel giorno pfimo di maggio, sacro ai misteri della Bona Dea, era a Roma, anzi in mia casa.

Era Cicerone.