Il buon cuore - Anno X, n. 06 - 4 febbraio 1911/Religione

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Vangelo della domenica quinta dopo l’Epifania



Testo del Vangelo.

In quel tempo Gesù si ritirò in un luogo deserto del territorio di Betsaida. Risaputa la cosa, le genti gli tennero dietro. E accoltele, parlava loro del regno di Dio e risanava quanti abbisognassero di guarigione. Ma il giorno cominciava a declinare. E accostatisi a lui i Dodici gli dissero: Congeda il popolo, affinchè, andando pei castelli e pei villaggi all’intorno, cerchino alloggio e si trovino da mangiare, perchè qui siamo in luogo deserto. E rispose loro: Dategli voi da mangiare. Ed essi risposero: Non abbiamo altro che cinque pani e due pesci; se pur non andiamo noi a comprar cibi per tutta questa folla. Chè erano quasi cinquemila uomini. Ed egli disse ai suoi discepoli: Fateli sedere a brigata, da cinquanta ciascuna. E così eseguirono e li fecero seder tutti. Allora, presi i cinque pani e i due pesci, alzò lo sguardo al cielo, li benedisse e spezzò, e li diede ai discepoli perché li ponessero davanti alla gente. E mangiarono tutti e si saziarono.

S. LUCA, Cap. 9.


Pensieri.

Gesù si ritira in luogo deserto del territorio di Betsaida; vi si ritira co’ suoi discepoli, reduci dall’aver portato la buona novella per paesi e villaggi, reduci dall’aver per ogni dove, operato guarigioni. Ma risaputa la cosa, le genti gli tennero dietro.

Mi è dolce pensare a queste indiscrezioni delle turbe intorno a Gesù! Esse lo dovevano compensare di tante freddezze, di tante amarezze sparse sul suo cammino!

Oh, il vedere un po’ di fervore, un po’ di ardore per le cose dello spirito, mentre la massa non si interessa che di affari terreni, che conforto per un uomo divino!

Fu il conforto che a Gesù procurarono le semplici plebi e qualche eletto spirito; è il conforto che, agli apostoli, procurano le poche anime veramente staccate dalla terra e assetate del cielo!

Gesù, co’ suoi, si ritira, quasi si nasconde, come volesse conceder riposo a’ suoi discepoli, dopo le fatiche del loro apostolato....

Ma le turbe, attratte dal fascino del Maestro, non rispettano il suo rifugio, e, santamente prepotenti, vanno a rintracciarlo, e a chiedergli ancora le sue parole di vita.

[p. 47 modifica]Come Gesù, anche i suoi santi, gli uomini del Signore, si posson ben ritirare in luoghi ascosi, e vivere separati dal mondo: la attrattiva della loro santità, il profumo della loro virtù, la ricchezza dei loro tesori divini son come un richiamo alle anime affamati di verità e di virtù.... e la loro solitudine vien riempita di bisognosi chiedenti la migliore e la più magnifica, la più preziosa della carità.

Gesù accoglie tutte quelle genti e parla loro del regno di Dio e le sana dai loro malori. L’esempio di Gesù ha un dolce riscontro nella condotta de’ suoi veri discepoli.

I veri suoi figli non si chiudono egoisticamente in sè e per sè, non si legano nemmeno con le loro pratiche pie, ma son pronti a lasciarle, sereni ed ilari, quando nei loro disagi morali, intellettuali, anche materiali e fisici, i fratelli invocano soccorso.....

Essi sentono che, operando largamente così, dando la loro vita ora alla preghiera, ora all’azione, tanto nell’uno, quanto nell’altro modo, accolgono ed attuano la volontà del Signore che, ad ognuno, si manifesta nelle circostanze esteriori in cui viene a trovarsi.

Nulla è troppo grande o troppo piccolo per questi eroi; essi son tutto a tutti e non si rifiutano a nessuno: accolgono con la medesima carità la povera donna e la dama; il mendicante che chiede un tozzo di pane e lo studioso cui gravi problemi agitano l’animo; chi si duole di piccoli guai e chi piega sotto il peso della sciagura..... Che mirabile spettacolo di carità e di amore! ciò, a volte, eccita a scandalo coloro che trovano eccessiva ogni cosa che esuli dai confini della loro mente e del loro cuore, e fa ripetere presso a poco de’ santi, quel che si diceva anche di Gesù: guarda, mangia coi pubblicani e accoglie le peccatrici!

Ma volgiamo anche su noi la nostra meditazione, perchè se noi dobbiamo cercare di valutare secondo verità e giustizia le azioni del prossimo nostro, dobbiamo pure fare ogni sforzo per il nostro miglioramento morale.

Da queste considerazioni mi pare si posson trarre due insegnamenti importanti:

Primo. Dobbiamo avvezzarci a lasciar Dio per Dio, a invertire l’ordine dei nostri esercizi di pietà, a tralasciarli anche, quando la carità lo richieda. Come sarebbe più simpatica la nostra pietà se fosse più malleabile, meno rigida confessiamolo, meno egoista.

Se noi cercassimo Dio e non la soddisfazione nostra, forse, certo, saremmo più agili nell’interrompere una lettura, una preghiera, per compiacere una assennata richiesta, un giusto desiderio dei nostri famigliari, del nostro prossimo e l’anima nostra, operando, non sarebbe più lontana da Gesù....

Secondo: disporci e dedicarci a ognuno che si rivolga a noi.

A tutti Gesù volse le sue parole divine. È libera, fraterna così la nostra carità?

Siamo pronti a dare ogni sorta d’aiuto e a darlo a tutti? Siamo ugualmente disposti verso i poveri? Siam scevri di antipatie o verso l’alto o verso il basso?

Esaminiamoci sinceramente e ricordiamo l’ammonimento di Paolo: davanti a Dio non c’è distinzione di persone!