Il buon cuore - Anno XI, n. 18 - 4 maggio 1912/Religione

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Vangelo della domenica quarta dopo Pasqua


Testo del Vangelo.

Gesù disse a’ suoi discepoli: Io vado a Lui che mi ha mandato; e nessuno di voi mi domanda: dove vai tu? Ma perchè vi ho detto queste cose la tristezza ha ripieno il vostro cuore. Ma io vi dico il vero: È spediente per voi che io men vada; perchè se io non me ne vo, non verrà a voi il Paracleto; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. E venuto ch’Egli sia, sarà convinto il mondo riguardo al peccato, riguardo alla giustizia, e riguardo al giudizio. Riguardo al peccato perchè non credettero in me; riguardo alla giustizia, perché io vado al Padre, e già non mi vedrete: riguardo al giudizio poi, perchè il principe di questo mondo ì già stato giudicato. Molte cose ho ancora da dirvi: ma non ne siete capaci adesso. Ma venuto che sia quello Spirito di verità, v’insegnerà tutta la verità: imperocchè non vi parlerà da se stesso; ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annunzierà quello che ha da essere. Egli mi glorificherà, perchè riceverà del mio e ve lo annunzierà.

S. GIOVANNI, Cap. 16.


Pensieri.

Nel discorso di Gesù Cristo s’asseriscono tre cose: la prima è che lo Spirito Santo convincerà di peccato quelli che non credono in Lui; la seconda — ragione contraria — dirà la giustizia di coloro che credettero non vedendolo; la terza convincerà di giudicio il mondo, perchè nella lotta terribile fra il vero ed il falso, fra la verità e l’errore, fra il vizio e la virtù, il principe di questo mondo — malignità e peccato — è già giudicato.

Osserviamo le due prime parti.

Fa impressione come — apparentemente — Gesù trascuri l’opera pratica, l’azione reale, immediata per esaltare la Fede, presa nel puro suo senso di verità speculativa. Arriva a dire che senz’altro chi non crede in Lui è in peccato, per ciò stesso; è anzi questo ciò che forma il peccato, la sua grande malizia.

Per contro la giustizia — armonia di tutte le cose buone, risultanza armonica di tutti i rapporti dell’uomo con Dio, col prossimo, con sè — è data solo e da quelli che credono in Cristo, benchè non lo veggano.

Davanti alle parole divine di Gesù ci domandiamo se e quanto sia erroneo il concetto dei protestanti che ci gridano che la sola fede giustifica: contrariamente ai pragmatisti che glorificano ed esaltano l’opera senza la fede diciamo agli uni ed agli altri come chi ha fede ha con essa il germe di tutte le opere sante, laddove chi non ha fede non è solamente reo di una colpa, ma in questa mancanza di fede ha il germe di tutta la colpa e vizia ogni azione.

Riteniamo adunque che senza la fede è impossibile una morale buona, sia perchè — a detta di Cristo — il mancar di fede è un peccato — negando la parola di Dio, l’ossequio alle sue verità, ecc. — nè quindi possono convivere peccato e moralità: sia perchè smarrendosi od impallidendo la fede, si smarrisce la morale che diventa incerta, fluttuante, perdendo quindi quella forza che crea il sacrificio, l’abnegazione, fonti eterne della virtù.

Del pari credere è giustizia sia perchè credere è già il compimento d’un dovere, anzi il primo dei doveri, sia perchè chi crede è per questo stesso sulla via della giustizia completa, in una iniziale giustizia, ossia in una situazione favorevole per compiere tutti gli altri doveri.

Questa è la dottrina di Gesù, che non gli pare mai eccessivo dare tanta e tale importanza alla fede. Non gli preme che fino ad un certo punto vivere onestamente senza la fede, poiché è ben sicuro d’una salda onestà e morale a tutta prova là dove domina e viene rispettata la fede.

Con ciò ributta indegna di sè Gesù una fede parziale, incerta, zoppicante: darà sempre una morale [p. 141 modifica]monca e debole, ciò che equivale — come a non aver nessuna fede — a non rispettare altresì alcuna morale.

Davanti alle suggestioni del piacere, al fascino della bellezza, al fuoco delle passioni, oh ci vuol ben altro che parlare a noi di dovere, di sacrificio, di dignità umana, di bellezza e gioia di virtù: senza fede sono parole che non danno eco, meno poi azione efficace sulla viziata volontà, disarmata innanzi alla prepotenza della passione.

La morale laica — che prescinde dal sentimento religioso ci dà la morale del suicidio, del duello, del determinismo morale, del fatalismo che toglie ogni libertà e responsabilità parificando tutti: Nerone a San Francesco di Sales, Messalina a S. Agnese, il mondo pagano a Luigi Gonzaga: non siamo più liberi, non più responsabili, tanto fa dunque l’empio ed il furfante come il pio ed il caritatevole.

Giustamente dunque disse Cristo che il credere in Lui è giustizia, la massima delle giustizie, la creatrice forza di santi e virtuosi, poichè credere a Cristo vuol dire seguirlo, imitarlo, ricopiarlo in noi. Strana fede quella che lo confessasse col suono della voce, lo negasse coi fatti: in quello negate la fede, giacchè non trovate la morale. Se sta scritto che senza la fede impossibile il contatto con Dio, è pur scritto che senza l’opere la fede è morta. S. Giacomo soggiunse: Se mi dai la fede senza le opere, dammi le opere ed io ti mostrerò la fede.

B. R.