Il buon cuore - Anno XI, n. 31 - 3 agosto 1912/Religione

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Il centenario della nascita di Giulio Carcano Educazione ed Istruzione

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Vangelo della domenica decima dopo Pentecoste


Testo del Vangelo.

In quel tempo uno della turba disse a Gesù: Maestro, ordina a mio fratello che mi dia la mia parte dell’eredità. Ma Gesù gli rispose: O uomo, chi ha costituito me giudice ed arbitro tra voi? E disse loro: Guardatevi attentamente da ogni avarizia; imperocchè non sta la vita d’alcuno nella ridondanza dei beni che possiede. E disse una similitudine: Un uomo ricco ebbe un’abbondante raccolta nelle sue tenute; e andava discorrendo dentro di sè: Che farò ora che non ho dove ritirare la mia raccolta? E disse: Farò così: Demolirò i miei granai, e ne fabbricherò dei più grandi: e vi adunerò tutti i miei beni, e dirò all’anima mia. O anima, tu hai messo da parte dei beni per moltissimi anni. Stolto, in questa notte è ridomandata a te l’anima tua: e quello che hai messo da parte, di chi sarà? Così avviene di chi tesoreggia per se stesso, e non è ricco per Iddio.

S. LUCA, cap. 12.


Pensieri.

Gesù protesta di non essere venuto su questa terra per gli affari materiali. Egli si occupa dello spirito: quanto al resto Egli come in antico commise alle dispute fra gli uomini «tradidit disputationibus eorum».

Anzi gli pare così minima la faccenda materiale che a quell’uomo — cosi affacendato per l’eredità — risponde e fa osservare che ben poco o nulla importa lo stesso acquisto del mondo intero ove si trascuri e peggio Si perda l’unico e solo grand’affare dell’anima: a maggiore dilucidazione della sua teoria soggiunge poi la parabola dianzi letta.

Quel signore non è cattivo: usa del suo diritto pieno, assoluto dei suoi beni, anzi in prudenza umana fa assai bene ed è previdente nell’ammassare beni di terra e riporli per i giorni futuri. Così non agisce male il signore della parabola nel domandare la sua quota d’eredità: usa del suo diritto: dove e l’uno e l’altro errano è nello spostare ch’essi fanno del fine proprio delle cose e beni di questa terra.

Avrebbe — a modo di Cristo — il ricco signore, non dovuto cosi e così velocemente preoccuparsi dei granai: al di là dei suoi ricchi granai, fino allora sufficienti e capaci, esistevano i granai della carità, gli stomachi vuoti dei poveri, degli infelici, il vuoto desolante delle loro menti, l’avvilimento delle loro energie innanzi la prepotenza e l’urgenza della fame. Coi maggiori doni quel ricco signore avrebbe dovuto sfamare, dare il soprabbondante per il vero, il bisogno dello spirito, avrebbe dovuto dar modo e far sì che l’energie di tanti avviliti per miseria sorgessero ad operare del bene, delle opere sante.... Nulla di ciò: largo di censo, benedetto da Dio, generoso e più con sè, coi diritti del suo ventre, colle esigenze della sua posizione, chiude il pugno [p. 243 modifica]l’orecchie alla mano ed alla voce del fratello che per fame agonizza e muore: muore non sempre alla vita del tempo, ma alla vita dell’anima, giacche la fame l’ha spinto al delitto, al furto, all’azione — peccato....

E l’altro?

Vedetelo presso Gesù. Intorno a Gesù una turba si affanna, s’agita per la parola del vero, per il bene, per lo spirito: per questo l’han seguito da giorni: han lasciato le case, i parenti: ogni sacrificio par loro leggero, inadeguato alle sante e pure gioie dello spirito, lui solo non sente Gesù: la sua avarizia, il suo diritto alla quota d’eredità gli impedisce la carità fraterna, così ch’esso — che mai non senti i diritti dell’anima, nè per questi si commosse giammai — a Gesù si presenta pei beni materiali, turbato e sconvolto, riflettendo l’interna agitazione dello spirito. Oh! come tutto qui riesce spostato: il principale diviene secondario e quei beni che Dio dà, mezzo ad un progresso maggiore morale, riescono in questi due uomini, il fine e l’unico oggetto di loro cure e dei loro giorni....

Buon Dio! meritano poi così tanto e tanta cura?!

Davanti alla cura, generale studio, ansia degli uomini, non è ingenuità — ieri, oggi, domani — la teoria di Cristo?

La parabola fa una terribile domanda: quae parasti cujus erunt? ciò che curasti dove andrà domani?

Riflettiamo, amici, e rispondiamo.

Il mondo sogna il suo sogno grande.... la ricchezza. Gesù domanda il domani di questo sogno!... Chi ha ragione?

Interrogai il povero: sono terribili le spine dell’indigenza: sa di sale troppo amaro il pane sudato: più stride il freddo ed intirizzisce non difeso da ricche vesti, ma....

Osservai il ricco; dai suoi ampi forzieri guarda il domani sicuro e tranquillo: ogni capriccio gli arriva pronto: sui vizi suoi può chiedere anche ragioni, sulle sue debolezze benevolo e largo compatimento... il ricco... quante volte — esso pure — nell’alcove dorate, nel silenzio degli ampi saloni, confuso col fruscio delle seriche vesti, il ricco non s’asciuga una lagrima più amara disperata del povero, senza conforto, senza la gioia od il piacere d’una illusione.

Chi ha ragione? Il mondo o Gesù?

B. R.