Il buon cuore - Anno XII, n. 04 - 25 gennaio 1913/Religione

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Vangelo della terza Domenica dopo l’Epifania

Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù narrò alle turbe e ai suoi discepoli questa parabola: Ecco che un seminatore andò per seminare. E mentre egli spargeva il seme, cadde parte lungo la strada; e sopraggiunsero gli uccelli del

l’aria e lo mangiarono. Parte cadde in luoghi sassosi,. ove non aveva molta terra; e subito spuntò fuora, perchè non aveva profondità di terreno; ma levatosi il sole, lo infuocò; e per non aver radice, seccò. Una altra parte cadde tra le spine; e crebber le spine e lo soffocarono. Un’altra finalmente cadde sopra una buona terra e fruttificò, dove cento per uno, dove sessanta, dove trenta. E accostatisi i suoi discepoli, gli dissero: Per qual motivo parli tu ad essi per via di parabole? E,d ei rispondendo, disse loro: Perchè a voi è concesso di intendere i misteri del regno dei cicli; ma ad essi ciò non è stato concesso. Imperocchè a chi ha, sarà dato, e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per qùesto parlo loro per via di parabole, perchè vedendo non vedono, e udendo non odono, nè intendono. E compiesi in essi la profezia d’Isaia, che dice: Udirete colle vostre orecchie, e non intenderete; e mirerete coi vostri occhi, e non vedrete. Imperocchè questo popolo ha?m cuor crasso, ed è duro d’orecchie, ed ha chiusi gli occhi, affinchè a sorte non veggano cogli occhi, nè odano colle orecchie, nè comprendano col cuore, onde si convertano, ed io li risani. Ma beati sono i vostri occhi, che vedono, e i vostri orecchi, che odono. Imperocchè vi dico in verità, che molti profeti e molti giusti desiderarono di vedere quello che voi vedete, e non lo videro, e di udire quello che voi udite, e.non lo udirono. Voi pertanto ascoltate la parabola del seminatore. Chiunque ode la parola del regno e non intende,viene il tristo e rapisce ciò che fu seminato nel suo cuore; questi è colui che ha seminato lungo la via. Colui che ha seminato lungo un terreno sassoso è quegli che ode la parola e subito, la riceve con gaudio; non ha poi radice in sè, perchè è temporale. Suscitasi una tribolazione od una persecuzione per la parola, subito si scandolezza. Colui che ha seminato fra le spine è quegli che ascolta la parola, e la sollecitudine di questo secolo e la fallacia delle ricchezze la soffoca e rimane senza frutto. Colui che ha seminato in buon terreno è quegli che ascolta la parola, l’intende, fa frutto e rende dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Pensieri. Gesù medesimo — e ciò interpellato dai discepoli — ha dato autorevole spiegazione della parabola. Una interpretazione diversa ci suonerebbe bestemmia, e di questa si può — d’altra parte — fare applicazioni infinite. Ne ci pare conveniente spiegare l’identicità d’azione della semente e della divina parola. Paragone migliore non può darsi. Gettata da qualunque seminatore, per seminatore che sia — anche dal più umile, dal più disprezzato — in un terreno adatto fruttifica sempre, rendendo frutto diverso secondo la maggiore o minore attitudine e copia di principi assimilati, così come la divina parola, che lanciata da chi ne ha il sacro dovere e la grave missione, essa fruttifica sempre perchè trovi degli spiriti, dei cuori che a lei non s’oppongono, che la [p. 28 modifica]lascino libera nella sua azione buona e salutare. Non ci preoccupiamo adunque di cercare il frutto del vero nei libri, nelle disquisizioni più argute e sottili, no, no, essa ci è data facile, senza pretese, non chiede se non docilità di mente, soavità di cuore, cooperazione di buona volontà. Non ci pare conveniente omettere e trascurare un breve riflesso su quanto nota l’Evangelista: essersi gli apostoli fatti vicini a Cristo per chiedere il più recondito senso della parabola; nè basta: Cristo si è degnato spiegarla dopo la richiesta di quelli, e si chiamin beati — privilegiati in confronto alla turba rimanente — perchè ad essi è dato conoscere il più profondo significato. Santa, salutare curiosità di scienza religiosa!... Vogliamo da qui, dal nostro piccolo periodico, salutare nel nostro secolo, nei nostri giorni un risveglio di più intensa scienza dello spirito. Il materialismo, scieso dalle cattedre del secolo scorso alle folle, fa reazione ed interesse vero, reale nelle classi più alte, intellettuali, ricche di censo e sapere, un’onda di spiritualismo che conforta e fa sperare giorni migliori; fa reazione alla dimenticanza del vero religioso, alla lotta che la legalità burocratica fa al catechismo nelle scuole, un maggior interesse in tutti per ciò che riguarda la Chiesa, la Fede e la morale. La semente, o signori, coperta comunque, sente la vita della nuova sopravveniente stagione, si agita, si scuote e chiede la via all’uscita verso la luce; la libertà, un posto suo nelle competizioni della scienza, del vero, del bene.

Torniamo al Vangelo, in ispecie alle considerazioni che sorgono in noi nel vedere il diverso frutto, nullo, minore o maggiore, fatto dalla divina semente. Cade sulla e lungo la strada. In certe testoline frivole, leggere, dissipate, vera esposizione permanente dell’ultima novità in mode, spassi, divertimenti, dell’ultimo pettegolezzo; via! come cercare il frutto della divina parola? Non l’ascoltano: se ce li obbliga, lì inchiodati innanzi al predicatore, al libro l’autorità della genitrice, ci stanno così di mal volere che pazienza! non ci cavassero nulla, ma ci cavano l’odio e il veleno e la stizza contro la semente ed il disgraziato seminatore. A questi, a queste fate largo: il tempio della loro scienza è la piazza, il salone, la folla, la danza coi suoi giri vorticosi e febbrili: lasciateli alla loro febbre, sentiranno poi l’orrore della sete nel vuoto spaventoso che il mondo farà loro. Una seconda cade là fra le pietre. Crescono, ma ben presto il sole s’incarica di inaridire le loro radici e disseccarle. Buon Dio! la nostra voce è voce carezzevole, voce calda d’affetto, di gentilezza, d’amore alto, alto che vive di cielo, al di sopra dei rami, più su, più su... Come l’intende quel cuore duro, duro, che si limita ai propri confini, che non dà un palpito per ciò che

l’attornia, che gli si stende sul capo, che calpesta col piede? Come unire, amalgamare ciò che è profumo d’amore con quanto è più egoisticamente ripugnante al concetto della carità e fratellanza nell’amore, nel dolore, nella carità cristiana? Le pietre saranno pietre in eterno: il sole del proprio io, il sole della superbia essicherà troppo facilmente anche la poesia invincibile delle bellezze cristiane!... Cade una terza fra le spine: Con queste attecchisce, cresce di conserva, meno resistente, viene in se-. guito soffocata dalle spine stesse. Povero cuore umano, mente disgraziata quante volte non hai voluto coltivare e quanto ti seduceva l’animo buono, i generosi ardimenti per Cristo, unitamente a quanto ti chiedevano le follìe della tua passione... Quante volte, chino il tuo capo, fra lagrime sincere, ti buttasti nelle braccia di Cristo per ritornare — poco di’ poi — alla febbre del piacere! Non era sincero il tuo proposito buono? non era forte sentito il dolore? non ti crucciava a morte il triste ricordo? non ti addolorava il divorziO da quel Cristo di cui t’innamorava l’animo la bontà, la gentilezza divina, la squisita pietà? Volubile, incerto con Gesù, coltivasti il mondo: la materia opprime lo spirito: Cristo vi è rimasto soffocato nella mente che predilige le malsane curiosità, le frivole. letture, le morbosità d’una vita che ha lasciato il semplice per vivere l’artificioso, il convenzionale: Cristo vi è rimasto soffocato nel cuore che alberga passioni basse, che non vive d’amore per vivere di egoismo... Dove sta l’amore basso Cristo non vive... vuol l’amore degli uomini, non l’amore d’un uomo. sessagesimo e più. Altrove diede il trigesimo, Lettor buono, posso augurare che sempre la semente buona — anche data senza pretese, così, da queste righe — dia così tanto? Non a me, al terreno la gloria e la potenza d’ottenere un frutto così copioso e salutare. B. R.