Il buon cuore - Anno XII, n. 23 - 7 giugno 1913/Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

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Vangelo della 4a domenica dopo Pentecoste

La dura risposta alla sua preghiera ci dice la rigidità e l’inflessibilità della divina giustizia, come è solenne giustizia il vedere l’infelice e martoriato Lazzaro riposare beato nel seno di Abramo. • i

Testo del Vangelo. Il Signore Gesù disse ai Farisei: Eravi un certo uomo ricco, il quale si vestiva di porpora e di bisso, e faceva ogni giorno sontuosi banchetti; ed erctvi un certo mendico, per nome Lazzaro, il quale pieno di piaghe, giaceva alla porta di lui, bramoso di satollarsi dei minuzzoli che cadevano dalla mensa del ricco, e niuno gliene dava; ma i cani andavano a leccargli le sue piaghe. Ora avvenne che il mendico morì, e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco, e fu sepolto nell’inferno. E alzando gli occhi suoi, essendo nei tormenti, vide da lungi Abramo, e Lazzaro nel suo seno, esclamò e disse: Padre Abramo, abbi misericordia di me, e manda Lazzaro che intinga la punta del suo dito nell’acqua per rinfrescare la mia lingua, imperocchè in questa fiamma. E Abramo gli. io sono tormentato disse: Figliuolo, ricordati che tu hai ricevuto del bene nella tua vita, e Lazzaro similmente del male: adesso egli è consolato, e iu sei tormentato. E oltre tutto questo un grande abisso è posto tra noi e voi: onde chi vuol passare di qua a voi, nol può, nè da coceste luogo tragittar 7411 qua. Egli fili disse: io ti prego dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, imperocchè io ho cinque fraielli, perchè li avverta di questo, acciocchè non vengano anch’essi in questo luogo di tormenti. E Abramo gli disse: Eglino hanno Mosè é i profeti; ascoltino quelli. Ma disse egli: No, Padre Abramo, ma se alcuno morto anderà ad essi faranno penitenza. Ed egli gli disse: Se non ascoltano Mosè e i profeti, nemmeno, se risuscitasse uno da morte, non crederanno. S. LUCA, If, t6.

Pensieri.

A mio modo di vedere qui v’ha — meglio che differenza — la contraddizione al solito concetto e. i bontà e generosità. Chi dà, chi offre danari, chí ei mette nelle pubbliche sottoscrizioni fra i primi e più forti donatori, chi primo arriva ad una festa da ballo, ad un soirées per beneficenza, ad una passeggiata, ecc., via! quello è l’esempio da additarsi al pubblico. Intorno al suo nome sorge del fracasso • il suo nome è celebrato, se ne ricorda volontieri J. potenza, il fastigio della casa, lo splendore delle vesti, ed i giornali — noiosissime pettegole — fanno le genealogie degli antenati, quando non tessono una delicata necrologia innanzi alla tomba. - E’ vera generosità? vera carità? Pare di no, ameno secondo Gesù, che, mentre hà promesso i più larghi premi ai caritatevoli, vi seppellisce nell’inl’inerno — terribile espressione di tormenti e castigo — il generoso Epulone. Ma attenti! Non ve l’ha cacciato laggiù perchè vestiva bene e mangiava meglio, no, no! Lo poteva, e se ha fuggito l’intemperanza, non commise colpa usando dei beni di cui era un privilegiato. La sua colpa fu qui: cibò chi non aveva fame, copri e vestì di ricche vesti chi era coperto a josa, e dimenticò il fratello morente di fame, non copri le membra irrigidite per il freddo di quel disgraziato che era alla sua porta. Ci siamo ripetuti. Non importa. Non è generosità dare a chi non ne ha di bisogno: soccorrere chi ci è simpatico, caro per una qualsiasi ragione che non sia la fraternità cristiana; no, río, è ciò umanesimo. morbosità quello, che ciascuno di noi vuole, ma cii’ non costituisce mai quello che è carità cristiana, meno poi quella carità, che ha per sè le grandi promesse di Gesù. ili

I contemporanei all’Epulone, e più i fortunati commensali alla sua tavola l’avranno acclamato come il tipo della generosità e della bontà. Essi ignoravano -- come accorgersene? — il povero mendico Lazzaro, che moriva di fame alla porta, che -i sarebbe sfamato colle bricciole che piovevano dalla lautissima mensa. Per questo — affumicato il cervello, grasso il cuore e greve lo spirito — applaudivano, brindavano a lui, largo, munifico dispensatore dei favori suoi. Muore, e — lo dice Gesù — Dio lo seppellisce nell’inferno in mezzo alle privazioril ed ai tormenti, giacchè — lo confessa l’Epulone stesso — è bruciato dalle fiamme ed è arso dalla sete così, da desiderare — come grande sollievo — l’umiliazione di sentire sulla sua lingua l’estremo d’un dito intinto nell’acqua.

Forse il sordido non esiste più: è un ricordo dei tempi che furono, in ispecie fra i lettori del nostro periodico. Ma è così difficile trovare in noi — in mezzo alle nostre beneficenze, ecc. — l’avarizia, meglio un certo smodato amor delle cose di qui, danari, roba, fama? Non lo credo, tanto più in un breve esame di questo vizio, o di questa concupiscenza. Ad esempio: noi abbiamo del tempo, dono pre-/.ioso al pari della salute, come i soldi — tempo è danaro. — Come va che si ha tempo per tutto, per tutti e mai un minuto per il Signore, per la S. Messa nei dì festivi, per una orazione, per la propria istruzione religiosa e mai per i propri figli, per l’educazione di questi? Ad esempio: Dio ci ha dato larghezza di mezzi. [p. 180 modifica]Come va che, noi nell’abbondanza ci dimentichiam dei nostri creditori, che debbono calcolare sulla prontezza nostra per vivere? Non siamo l’Epulone col... Lazzaro alla porta? Ad esempio: non diamo noi una specie di plusvalore ai nostri soldi, al nostro danaro, pagana, scarso ed.esigendo molto, troppo?! Ancora: offriamo — in quale misura? quando? sempre? — ed offriamo colla speranza, che rientri dalla porta quello che abbiamo buttato dalla finestra! Non vive ancora l’Epulone anche oggidì?... oggi forse in,cui si sono moltiplicati i Lazzari dello spirito e del corpo? E siamo incerti? indecisi? B. R.

Gita ai Segretariati dell’Opera d’Assistenza sulla linea del Sempione

Il Congresso dell’Opera di Assistenza agli operai emigrati in Europa si è chiuso con una visita collettiva, interessantissima, agli uffici di Iselle, Naters e Domodossola. Tra i presenti si notavano il conte Stefano Jacini, il nob. prof. Pestalozza, il prof. Gallavresi, il professor Barassi, dell’Università di Genova, il conte G. C. Borromeo, il gen. Oliveri, il nob. ing. Greppi, l’arch. Pier Fausto Bagatti Valsecchi, tutti del Comitato dell’Opera, le contesse Trivulzio, Lina e Lisa Jacini, Cavazza, il conte Gallina, R. Ambasciatore, il rappresentante dell’Ambasciata giapponese Stchiro Koshida, il comm. Finzi, ministro onorario il conte G. B., Jacini, il dott. Bonfanti, il cav. Caleniani, le signore Porazza e Crescini per la Protezione della Giovane, il comm. Passerini, per la Deputazione Provinciale di Brescia, e da Firenze il conte Mazzei, i signori Rosselli del Turco e Guidi, il conte Donà delle Rose di Venezia, il cav. Becher, il solerte segretario dell’Opera Erminio Albonico, ecc. Da un mese si è iniziata ta costruzione del nuovo tunnel del Sempione — i lavori certamente dureranno almeno tre anni — e già sono arrivati ad Iselle più di mille operai di tutte le regioni d’Italia, ma specialmente della Calabria, della Sardegna e della Toscana, con circa trecento famiglie. Le loro mercedi sono buone, però il lavoro è gravoso, continuamente esposti come sono a pericoli e ad incognite. In due turni di quattro ore per volta e quindi di otto ore complessive, i lavoratori si avvicendano durante la giornata. Spettacolo veramente indimenticabile offrono questi forti operai quando all’ultimo turno — verso le 22 di sera -- passata la visita delle guardie di finanza — si avviano con un piccolo lume in mano, che brilla nell’oscurità della notte, di corsa, colle membra spossate ma col canto sulle labbra, verso la loro

casetta di legno, ove li attende la zuppa fumante, il sorriso della loro donna, dei loro piccini. Quantunque ora da ambedue i versanti non si sia arrivati che ai cinquecento metri, gli infortuni sí sono succeduti con una certa frequenza. Ieri, nell’ospedale costruito dall’Impresa sin dal primo tunnel ed ora riattato e gestito dall’Opera Bonomelliana, oltre una diecina erano gli ammalati, tutti per lesioni sul lavoro. Le sale sono spaziose tenute con una pulizia veramente sorprendente. Un episodio gentile: una povera donna, moglie di un minatore, ricoverata da qualche giorno, perchè affetta da mastite, ha dato ieri alla luce una piccina. La Contessa Trivulzio, con caritatevole pensiero, a ricordo della sua visita, ha voluto esserle madrina, regalandole una buona somma di denaro. Dopo questa visita i gitanti, sotto la guida sempre del vice-direttore del Segretariato locale, don Gino Velo — giovane sacerdote, pieno di entusiasmo di fede nella sua caritatevole missione, si sono recati a visitare la chiesa dell’Opera, costruita,da mons. Pulciano, vescovo di Novara e con lo spontaneo e commovente concorso di quasi tutti gli operai già addetti ai lavori del primo tunnel e che. 1,A vollero dedicata a S. Barbara, protettrice dei minatori. Vicino sorge la scuola e l’asilo dell’Opera, che presto si riapriranno. Gli operai italiani — come abbiamo detto -- vivono in casette di legno, ad un piano, costruite sin dalla prima impresa, ed ora riattate dopo otto anni di solitudine. Esse formano come un villaggio, ma si può dire che ogni regione formi un gruppo a parte. L’Opera per essi compie un’azione vigilante, continua, intensa e che si esplica in vari modi, ina specialmente con opera da intermediaria in difesa del debole nelle questioni che possono sorgere. colla Impresa. Li aiuta pure in tutti i loro svariati bisogni, sia in materia civile che ecclesiastica. D’altra parte l’ntervento dei Segretariati è ben vista anche dalle Imprese, che in loro vedono un’opera di concordia fra capitale e lavoro anzichè di d’ssoluzione. Naturalmente fra questi operai sono rappresentate tutte le opinioni politiche. Ed anzi sembra che un gruppo di facinorosi estremi voglia ora costruire una Camera del Lavoro. A Briga e a Naters. Appena a Briga i gitanti si portarono tutti all’HOtel Couronnes et Poste, ove era preparata la colazione. Alla tavola d’onore presero posto il conte Gallina, tra il Comitato e le signore, il vice-console cav. De Carneluti, il prefetto del distretto avv. Stockalper, il presidente ai Briga avv. Clause, il presidente di Naters Mickling, gli ingegneri capi della linea signori Brown, Andreae, Rotpletz, Felhmann, Parrot, BOyet, Benetti ed il dott. Pometta. Regnò la più simpatica cordialità. Ma la visita a Naters, piccolo Comune che dista pochi minuti da Briga, ove abitano più di quattro [p. 181 modifica]mila italiani, era quella che doveva lasciare in tute il ricordo più bello e commovente: destare un vivo entusiasmo. Fu guida, cortese e intelligente, il sacerdote De Vita, cavaliere mauriziano, direttore dei segretariati di Naters e Iselle, uno dei più valorosi propagandisti dell’Opera Bonomelliana, magnifica tempra di organizzatore e di lavoratore, e di cui nessuno potrà _dire bastantemente quanto bene egli abbia fatto ai nostri emigranti qui e altrove, difendendoli, trovandosi al loro lato nei lavori più difficili, nei pericoli più gravi, incuorandoli, sempre sorretto da un alto concetto della sua missione. In un padiglione Dockei costruito nello scorso febbraio, lindo e tenuto con un ordine ammirevole, sono istallati: al pianterreno l’asilo e al piano superiore le scuole. Circa quattrocento gli alunni. Mentre una metà frequenta gli asili, l’altra, oltre le scuole elementari, segue anche un corso di lavori manuali. I gitanti erano attesi dai piccoli emigrati italiani — vestiti a festa, eleganti, allegri e sorridenti — i quali, nel salone di un piccolo cinematografo offrirono un’riuscito saggio della loro abilità e del lor patriottismo. Eseguirono degli esercizi ginnastici con annuire vole precisione, e cantarono con affiatamento e buona voce. Una bambina esegui un a solo, mentre I altre d’attorno le facevano coro. Un alunno, in ottimo italiano poi recitò una poesia di ringraziamento per mons. Bonomelli, per il Comitato e per i presenti. Infine al suono di un’orchestrina, con bell’effetto, con impeto, fra la commozione vivissima ed intensa di tutti che non dimenticheranno mai un simile spettacolo, cantarono gli inni nazionali. Tanto i cori come le poesie erano ispirate ad alti sensi patriottici. Ma una delle cose che fece maggiore impressione e che afferma, se ancora ve ne fosse bisogno, una nuova benemerenza delle buone Suore Adoratrici di Rivolta d’Adda — tutte patentate maestre in Italia, preposte alla educazione ed istruzione delle piccine — fu l’ottima pronuncia italiana e l’entusiasmo sincero con cui parlano della patria lontana. Il rag. Pighetti, fece un breve giro tra i presenti raccogliendo una buona somma, offerta poi alla scuola. Al suono della marcia a Tripoli e degli evviva all’Italia i ragazzi nel bel giardino che circonda ’a scuola tutto imbandierato, diedero — come chiusa -- un saggio elegante di evoluzioni ginnastiche. gitanti partirono — solo dolenti che troppo breve fosse stata la fermata — per Domodossola. Il cav. uff. Ettore Mola, ispettore ferroviario svizZero ed il maggiore cav. Solinas, direttore, furono quindi cortesi visita all’Ospizio che raccoglie ogni anno nelle sue mura tanta povera gente. La contessa Altieri offerse un rinfresco. Alla sera tutti si radunarono al Restaurant della Stazione. Alle frutta parlarono il cav. Gallavresi che portò uno speciale saluto deferente al conte Gal lina, che rispose con nobili parole, ben felice di aver veduto quanto si è fatto per i nostri emigranti. Il conte Jacini, brevemente, lanciò l’idea di convegni biennali, al fine di discutere determinate questioni tecniche in materia di emigrazione. La proposta incontrò il plauso di tutti. E così, con ùn ultimo evviva a mons. Bonomelli, presente in ispirito, al Comitato, ai valorosi missionari, si fede ritorno a Milano.

  • * *

Il Congresso per l’assistenza all’emigrazione non poteva avere migliore epilogo: la visita dei congressisti ai segretariati dell’Opera di Assistenza sulla linea del Sempione. Che se 1 e dotte discussioni del Congresso sulle varie forme di assistenza hanno proPosto rimedi, provvidenze e soluzioni diverse, chiarito idee, determinati o rettificati indirizzi — il che potrà magnificamente servire per.l’incremento e miglioramento dell’assistenza stessa ai fini di elevare moralmente e materialmente le condizioni degli emigrati italiani; la gita di ieri ci ha mostrato quanto nel campo della assistenza in parola sia già stato tatto e più si vada facendo da quell’Opera bonoinelliana, che sembra essersi sviluppata in ragione delle opposizioni aperte ed occulte contro le quali fu costretta, per anni ed anni, a lottare. Nell’Ospizio di Domodossola, nell’Ospedale di Iselle, nella scuola di Naters noi abbiamo avuto dinanzi la visione di ciò che sarebbe la nostra emigrazione all’Estero, se essa, dovunque giungano le braccia italiane, trovasse una propaggine dell’Opera bonomelliana, pronta ad accoglierla, consigliarla, istradarla, soccorrerla ne’ suoi infiniti bisogni morali materiali. Dormitori ampii e lindi, refettori dove ’a luce entra a rallegrare la parca ma succosa mensa, infermerie largamente provviste uffici di informazioni, personale intelligente e svelto, compreso dell’altezza della propria missione. Un ambiente, infine, nel quale ogni cosa spira pace e serenità, riposo non meno del corpo che dell’anima. E forse in quest’ambiente, creante e diffondente intorno a sè una atmosfera di profonda fiducia, va ricercata, in grande parte, la ragione del successo dell’Opera bonomelliana. Alla scuola di Naters doveva attenderci uno spettacolo, oltre ogni dire, commovente. Circa quattrocento bambini, maschi e femmine, figli di lavoratori italiani dissero con accento di convinzione posie e dialoghi patriottici, cantarono inni all’Italia, eseguirono con perfezione di mosse esercizi ginnastici. Alle calorose e recise affermazioni di italianità, fatte da quei bambini con un certo simpatico piglio, che sembrava dire sappiamo chi siamo e che cosa vogliamo, gli applausi dei congressisti scoppiarono clamorosi, tramutandosi spesso in ovazioni; e vidimo più di un ciglio inumidirsi. Non cominciava forse lì, in quell’umile scuola, a crearsi, forte dei successi della Patria, la nuova coscienza della emigrazione italiana? quei bambini, che saranno gli operai e le [p. 182 modifica]operaie del domani, non avrebbero più tardi portate dovunque la ricerca o domanda del lavoro li avesse spinti o chiamati, un nuovo senso di fierezza italiana, e, più che tutto, il sentimento di una solidarietà fraterna, sino ad ora mancante o quasi nelle nostre colonie di lavoratori? Certo che sì. Quindi nessuno di ’noi, di fronte agli inizi della vasta opera ricostruttrice di un’Italia all’Estero temuta e rispettata, pótè rimanere freddo ed impassibile, giudicare la istituzione attraverso miserabili criteri settari, buoni per le nostre divisioni in patria, deleteri e mortiferi oltre i confini. Di qui la ammirazione ed approvazione incondizionate dei congressisti, anche di quelli non... ortodossi. Ora noi, a chiusa di queste affrettate impressioni, non intendiamo affatto sollevare quistioni di divisione. Tutt’altro! Noi ci rivolgiamo, invece, a tutti gli uomini di buona fede, amanti la Patria al disopra del proprio credo politico, perchè vogliano non deviare e sperdere gli sforzi ma unirli per convergerli, così moltiplicati di efficienza, alla elevazione morale e materiale dei nostri operai emigrati, per modo che l’Italia veramente sia ovunque menti e braccia italiane offrano prova della loro intelligenza e del loro vigore. Il campo è vasto; e gli uomini di buona volontà, superiori ai piccoli pregiudizi alle.piccole ire, alle grette settarietà, non possono, fermamente e lealmente volendo, non trovare un punto comune di intesa per collaborare all’opera da cui, nonchè il miglioramento e la difesa della nostra emigrazione, dipenderà la stessa grandezza della Patria.

CARITA’ MINIMA

Rivolgo a voi, amici delle Missioni, un pensiero che è un invito per concorrere a un’opera grandiosa con un minimo di fatica e di lavoro. Io vi invito a concorrere all’Opera delle Missioni africane, senza spendere un soldo, senza faticare gran che, senza sacrificio... ma con un po’ di buon volere e di attenzione. Raccogliete i francobolli usati, staccandoli dalle lettere o cartoline in arrivo, invece di stracciarli e cestinarli con le buste; raccogliete le cartoline illustrate, quelle che non vi aggradono, quelle che già vengono rimosse per anzianità di servizio dai vostri albums o dal vostro porta-cartolifie; raccogliete la carta d’argento della cioccolata e le capsule di piombo che coprono i turaccioli delle bottiglie. Avete immagini sacre, scapolari, medaglie, corone nuove o vecchie, ma intiere e buone? Raccoglietele.

Tutto serve per le Missioni; i negri considerano come un grande onore portare appeso al collo pubblicamente medaglie, scapolari, corone. Ai Missionari, a centinaia, a migliaia, abbisognano questi oggetti di devozione per dividerli ai catecumeni, ai poveri negri converfiti. I francobolli usati, le marche da bollo, i segnatasse, i francobolli telegrafici di ogni nazione e di ogni valore, anche i più comuni, ma specialmente i francobolli antichi, e quelli commemorativi di qualche festa o giubileo, e le cartoline pOstali, le buste e fascie munite di francobollo stampato (non incollato), che siano per quanto è possibile intere, sono venduti per i collezionisti e gli antiquari, per i dilettanti e i professionisti di filotelia, od incollati su cartoncini, vengono spediti all’estero, dove cresce la loro ricerca e il loro valore, e servono come di fornitura ai grossisti internazionali. Però pregate i benefattori che vorranno raccoglierli, di -conservarli nel miglior modo possibile, onde il dentellato resti intatto, e di spedirli ben secchi, perchè non si sciupino attaccandosi l’un l’altro. I francobolli antichi e rari si vendono a buon prezzo, i più comuni si vendono a migliaia. I francobolli italiani, e specialmente quelli delle colonie italiane e della repubblica di S. Marino, hanno gran valore. Altrimenti i francobolli son ritagliati e scomposti nelle loro parti; é i diversi disegni, con le varie tinte, son disposti in modo da formare per via di un curioso mosaico di facce, di bandiere, di timbri, di sfondi — cento piccoli disegni, mille piccoli nonnulla decorativi, che son ricercati altrove come i tanti ninnoli che decorano le pareti di stanze signorili; per ornamento delle minute di pranzi artistici, delle copertine di albums, delle cartelle da scrittoio, delle buste per guanti, ecc. La stagnuola, il piombo e le lacche dei cioccolattini, delle bottiglie e dei pacchetti di polvere di tabacco, rivénduti ai fabbricanti, dànno anche un buon utile; o, impiegati nei mosaici, nelle decorazioni, nella lavorazione dei francobolli e delle cartoline, crescono il valore delle opere eseguite. Orbene: tutto -questo a voi costa nulla. Vi sia facile, vi sia lieto raccogliere con religiosa attenzione, nelle vostre famiglie, dai droghieri, commercianti, ecc., ecc., questi oggettini. Conoscete voi i padroni di casa, di caffè, pasticcerie, trattorie, negozi? ne conoscete gli imprenditori, i frequentatori, i domestici, i clienti, gli assidui, i visitatori? Ebbene, interessateli per la raccolta. Avete figli, parenti in collegi, istituti, imprese? avete relazioni con stabili [p. 183 modifica]menti commerciali? trattate con case ed uffici? scrivete, invitate, pregate che raccolgano francobolli, stagnuola, ecc. Invitate i ragazzi degli Oratori festivi, i sacerdoti e chierici o studenti catechisti delle parrocchie, gli studenti delle scuole, i messi di bottega; scegliete i più volenterosi, formate dei gruppi e delle squadre di collettori che periodicamente visitino i negozi le case, le famiglie, gli amici che vogliono aderire all’opera. Senza un richiamo continuo, se le offerte non si vadano a rilevare, sono inezie che facilmente si trascurano da uomini che han per le mani e nella testa negozi ben grandi e interessi più toccanti, che la ’salute dei poveri negri. Pensate che voi abbondate di religione e civiltà e tanti milioni di esseri umani difettano dell’una e dell’altra; tanti Missionari aspettano l’aiuto vostro, e voi, raccattando le bricciole, cooperate ai loro eroici sacrifici, alla conversione e civilizzazione di tanti fratelli. Rivolgete dunque ogni raccolta al «Sodalizio di S. Pietro Claver i), Roma, V. dell’Olmata 16. La spedizione dei francobolli usati, delle cartoline, fasce, ecc., deve esser praticata, come si usa per affrancare una lettera; e la ragione si è, che tali francobolli non sono ammessi dall’amministrazione delle poste come campione o carte d’affari; però è preferibile raccoglierne una quantità considerevole e spedirli per mezzo di pacco postale; se fossero di gran valore, vale meglio assicurarli. Con ogni augurio vi ringrazio e vi ossequio. SaC. SALV. SCACCIANOCE. («Corrispondenza Africana.»)

La «Provvidenza Materna»

Presieduta dal conte Guido Borromeo nella sede dell’Opera di assistenza degli emigrati, si è tenuta un’interessante assemblea delle benefattrici e dei benefattori della Provvidenza Materna, l’istituzione che tende all’immediato soccorso delle puerpere che versano nell’indigenza. Le patronesse e le visitatrici s’interessarono specialmente alla relazione commovente del cav. Angelo Ferrario, prezioso segretario che sempre, pur trattando il medesimo argomento, sa far vibrare le note più toccanti con cenni efficaci sulla missione delle pie signore in tuguri nei quali un vagito annuncia, nella più affliggente miseria, il sopraggiungere d’u

na nuova povera creaturina predestinata a soffrire. «Madri sfinite — così si esprimeva il Ferrario — che danno alla luce bimbi diafani, ombre di creature portanti già nel volto e nella membra le impronte di un primo patimento che è preludio di una esistenza infelice. Non occorre costringere la fantasia ad immaginare quadri artificiosamente foschi per comprendere la ragione d’essere della Provvidenza Materna: basta pensarla la madre che si muove tra i bimbi numerosi, nelle angustiè dell’abbaino, e che si regge in piedi fino all’ultima ora, fino all’ultimo istante, sollecita di molte cure ancora, mentre l’avvenimento incalza, finchè la coglie, la sorprende quasi nello sforzo di un’ultima fatica, finchè giace e soffre e vede dattorno tutto mancarle, quando:1 bisogno di pace, il bisogno d’un po’ di benessere cresce; quando da una vita sola dipendono due vite!». E sono aumentati i casi che hanno richiesto soccorso nella popolosa Milano; ma ancor grande è numero di quelli ignorati e forse più tristi che succedono nei luoghi più eccentrici, dove la miseria si annida più densa e dove la Provvidenza Materna non ha potuto peranco affacciarsi. Nella discussione sono emersi fervidi voti di estensione ed intensificazione dell’opera, nella ferma speranza di un benefico risveglio nella cittadinanza, specie nei cuori delle madri felici e delle trepide spose che dal soccorso alle puerpere povere attendono la realizzazione di una gioia invocata. Da parte delle signore è uscito anche il voto di vedere maggior interessamento all’opera da parte dei parroci e dei sacerdoti in cura d’anime, tanto più considerando quanto riesca gradito il duplice beneficio fisico-spirituale che le pie visitatrici portano in centinaia di famiglie del popolo afflitte dalla miseria.