Il buon cuore - Anno XII, n. 31 - 2 agosto 1913/Religione

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Vangelo della domenica 12a dopo Pentecoste

Testo del Vangelo.

Diceva il Signore Gesù ai suoi discepoli: lo vi dico, che, se la giustizia vostra non sarà più perfetta di quella dei Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete sentito, ch’è stato detto agli antichi: Non ammazzare; e chiunque avrà ammazzato, sarà ammazzato, sarà reo in giudizio. Ma io vi dico, che chiunque si adirerà contro del suo fratello, sarà reo in giudizio. E chi avrà detto al suo fratello ragia, sarà reo nel consesso. E chi avrà detto stolto, sarà reo del fuoco della gehenna. Se adunque tu stai per fugare l’offerta all’altare, e ivi ti viene in mente che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, posa lì la tua offerta davanti all’altare, e va a riconciliarti prima col tuo fratello, e poi ritorna a fare la tua offerta. S. MATTEO, Cap. 5.

Pensieri. Gesù esamina tre -atti contro la carità - l’amore nostro verso il nostro prossimo - ed a ciascuna infrazione contro questo precetto applica una sanzione ed una diversa pena, proporzionando la pena maggiore minore alla minore o maggiore gravità del reato commesso. Risulta da questo fatto una evidentissima conclusione’ darsi cioè una diversità di colpa non solo riguardo al genere (come diversi sono i peccati contro un comandamento di quelli di un altro; come diversi i peccati d’opera da quelli di pensiero) ma sì da una diversità di grado nello stesso genere di peccato: una diversità di gravità nella stessa ’colpa. E ciò è giustissimo. — La gravità del peccato noi la desumiamo non solo dalla piccolezza o dalla gran dezza della materia usata, ma ancora dalla conoscenza della colpa e responsabilità che incontriamo, dalla libertà del nostro volere, dalla persona od’essere che viene offeso, giacchè è facilmente rilevabile essere assai minore offendere un compagno che non un superiore, un estraneo che non un fratello, un fratello che non il padre o la madre. Ed ecco come ad ogni infrazione della legge corrisponde - a detta di Cristo - una punizione maggiore minore a seconda della maggiore o minor gravità della colpa. Ciò - abbiamo visto - è giusto e naturale.

  • * •

Quanto sopra è giusto e naturale a chi ha retto senso cristiano, non è ne... giusto ne naturale al criterio del mondo. Il mondo, - in cui tutto è convenzionalismo, relativo,, passeggero - non odia la colpa se non ed in quanto le sue conseguenze sono deleterie ed offensive. Per non accusare ingiustamente vediamo che il mondo, la società onesta punisce un ladro perchè toglie l’altrui proprietà sulle cose, ma il mondo tollera, applaude un vile qualsiasi che bestemmia Dio, la morale, il vero, il giusto: applaudirà in apoteosi il volgare assassinio, la vendetta sanguinosa sulla moglie... infedele. Urlerà e griderà al delitto, che quasi desta di soprassalto la società fiacca, ma domani tollererà il foglio quotidiano, la associazione organizzata a distruggere e Dio ed il... padrone. E se questa fa orrore, e s’armerà contro, saprà tollerare e peggio l’articolo velato, la teoria rivoluzionatrice, l’arma delicata e sottile, che sa pazientare, tollerare uno stato orribile di cose, di opinioni, di sentire eminentemente anticristiano ed antireligiosa.... Ripareranno con tardive lagrime e con inutili cataplasmi le inevitabili conseguenze del domani. Il delitto contro Dio, la verità, la giustizia, l’onestà non può essere punito dal mondo positivista, materiale... il mondo autorizza a dire che Dio, la verità, la giustizia, l’onestà è una chimera... che non conviene difendere diritti ipotetici, che sono molto più reali i diritti e le prepotenze di una contraf fatta libertà, e per questo non punisce, non ha orrore, non colpisce questi delitti, gravissimi solo alle... deboli coscienze affette da miopia religiosa.

Nè questo errato criterio della società, muore in essa società. No. Vivendo dell’ambiente, talé modo respirato fuori, Io vediamo vivo dentro di noi. Sonovi - non raro, non infrequente il fatto - buoni genitori cristiani, che piangono il figlio errante, ma non perchè erri lontano da Dio, dall’onestà, dalla famiglia... no, no, errando trascina a rovina economica se ed i suoi. Si piange non sulla disgrazia spirituale di lui, ma sulle rovine della borsa... perchè punire, lamentare i suoi vizi, l’irreligione, l’empie [p. 245 modifica]tà... non hanno conseguenze... tangibili, dunque?... Si tollera - per essere moderni una libertà eccessiva alla Signorina. Non se ne controllano le letture, le corrispondenze, le amicizie... Le pratiche di pietà sono o trascurate o fatte male o per uso di famiglia... non è gran male; gran male si ha solo quando un rovescio di lagrime, confessa una colpa, quando un delitto pone termine. ad una vita corretta pel.... mondo. Non si odia, no. Dio guardi dall’odio il nostro cuore che si strugge al cinguettio dei nostri uccelli, alle moine dei nostri animali domestici: l’antipatia la si conserva pei nostri servi, pei nostri fratelli, pei cienciosi... Non odiando si va all’altare per vivere con Dio, di Dio, per vivere con... Cristo. No! ritornate su di voi... togliete le vostre imperfezioni umane... sarete allora con Cristo. B. R.

Vittoria d’Inghilterra e Leone XIII

La Revue générale pubblica un lungo e interessante studio di F. de Bernhardt sulle condizioni del cattolicismo in Inghilterra durante gli ultimi cinquant’anni. Vi si contengono alcuni particolari che meritano di essere conosciuti e riguardano la religiosità della regina Vittoria e i suoi rapporti col cattolicismo. Ognuno ricorderà come negli ultimi anni del lungo regno della grande regina si buccinasse un po’ dappertutto che essa si fosse secretamente convertita al cattolicismo. Alcuni giornali informatissimi d’allora ne erano tanto certi che pretendevano conoscere senz’altro la ragione vera dell’annuale viaggio che la regina Vittoria soleva fare nel mezzogiorno della Francia. Non osando in patria, essa si recava sotto altro cielo per adempiere il precetto pasquale come una buona e fervente cattolica. Niente di meno vero. Le opinioni seligiose della regina si mantennero pressochè sempre uguali, con una spiccata simpatia per il calvinismo. Mentre attorno a lei il protestantesimo inglese per una logica interna che è più forte dei pregiudizi antichi, andò man mano evolvendosi e assumendo un aspetto che più lo avvicina al cattolicismo romano, essa invece, spirito conservatore per natura, subì un processo inverso, irrigidendosi sempre più nei dogmi oscuri del fosco eresiarca ginevrino. E’ noto infatti come, a differenza di tutte le nomine di carattere ecclesiastico, tenesse assai a quella del primate di-Canterbury per assegnare, l’importante ufficio ad un ecclesiastico della «Bassa Chiesa»; è noto pure che dei parecchi cappellani di Corte di cui amava circondarsi, nessuno apparteneva alla Chiesa alta, o alla frazione dei ritualisti. Ne’ suoi soggiorni in Iscozia ella frequentava senza scrupolo le chiese dei presbiteriani, i quali, nel mosaica

protestantico, compongono la setta più affine al calvinismo: in quei famosi viaggi in Francia poi, è bensì vero che essa non si recava dietro elemosinieri, ma è anche vero che sul suolo francese durante le sue permanenze quasi sempre il caso voleva che vi si trovasse qualche vescovo aulico di fede e di cuore che accettava di officiare per la sovrana. Le voci di una sua conversione si sparsero negli ultimi anni del suo regno, perchè in modo evidentissimo profondamente mutati erano i sentimenti della regina nei riguardi dei cattolici: se prima quelli erano stati fieramente ostili, in ultimo erano divenuti non soltanto pacifici, ma benevoli e perfino cordiali. Nei primi anni del suo regno essa aveva in materia religiosa come in tutto il resto subito l’ascendente del principe Alberto, suo marito, il quale, come è noto professava una specie di pietismo razionalista di colore tedesco e apertamente ostile al cattolicismo romano. Quando nel 1850 Pio IX ristabiliva in Inghilterra la gerarchia cattolica fu per tutto il Regno Unito un’esplòsione di sdegno: la famiglia reale non dubitò di prendere la iniziativa dell’agitazione popolare di protesta e fu per istigazione diretta della regina che lord John Russel,’ allora primo ministro, scrisse al vescovo di Durham la famosa lettera che è il più grotteSco esemplare di lettera bassamente partigiana che sia uscito dalla penna’ di un uomo di Stato. La regina stessa non dubitò allora di uscire dal riserbo naturale e di trascendere in rappresaglie. Ad un ricevimento di Corte essa non dubitò di voltare bruscamente il dOrso ad un prelato romano addetto ad un ambsciatore come cappellano, e di far inserire nella Gazzetta Ufficiale la notizia della scortesia e de ila grave offesa al diritto delle genti da lei fatta. Morto il principe Alberto, l’animosità partigiana andò man mano scemando, e ciò per l’intervento di parecchie circostanze, le une di carattere intimo, le altre di carattere pubblico. Non è estranea a questa evoluzione la gratitudine che essa provò e dimostrò parecchie volte per le cortesi accoglienze delle frequenti visite artistiche che essa faceva ai monumenti antichi, alle basiliche e agli antichi monasteri. La visita fatta alla grande Certosa in Francia fece epoca nella sua vita; i monaci tennero a dimostrarle che i dissensi religiosi non impediscOno di essere gentili con un’ospite regale, e le fecero un ricevimento memorabile. Ciò che fini però a dissiparle dall’animo ogni vecchia ombra di rancore per i cattolici, fu la graziosa iniziativa presa nel 1887 dal Sommo Pontefice, in occasione del 50.mo anniversario’ del suo regno. Leone XIII e Vittoria non erano estranei uno all’altro. Nel 1846 Gioachino Pecci prendendo congedo dal re Leopoldo I del Belgio, aveva mostrato al sovrano il desiderio di avere da lui una commendatizia per ottenere un’udienza con la regina Vittoria, sua regale cugina. Il re, che del giovane nunzio pontificio aveva un alto concetto e l’aveva anzi fatto latore di una lettera autografa per Greghrio XVI [p. 246 modifica]nella quale, fatte le entusiastiche lodi del nunzio, esprimeva l’augurio di vederlo presto insignito della porpora, fu assai lieto di ottenergli la visita domandata. La quale ebbe luogo e riuscì di comune soddisfazione tanto da parte della regina quanto da parte’ del futuro papa. Il quale in una lettera ai parenti, custodita tuttora con gelosa cura nell’avito castello di Carpineto, dando contezza della cerimonia non rifiniva dal lodare la grazia, la cortese squisitezza di sentimenti di Vittoria. La visita ritardava il ritorno di Gioachino Pecci in Roma, quando Gregorio XVI era già sul suo letto di morte e non potè leggere la lettera del re Leo, poldo. Salito il soglio pontificio Leone XIII si ricordò del colloquio con la graziosa sovrana avvenuto 32 anni prima ed egli stesso le comunicava la sua assunzione al papato, ricevendone un autografo di cordialissime congratulazioni. Ogni anno i due sovrani nella occasione di solennità religiose si scambiavano autografi congratulacori improntati ad affettuosi sensi di mutua stima. Nel 1887 aata commemorativa del cinquantesimo di regno della regina. Leone XIII nominava mons. Rutto-Sedia arcivescovo di Petra e nunzio apostolico in Baviera, suo inviato speciale coll’incarico di recare uno splendido -dono, consistente in una superba ricostruzione in mosaico del celebre fresco La scuola d’Aiene di Raffaello che era costato più di cinque anni di paziente e sapiente lavoro di artisti romani. La retina mostrò di gradire assai l’atto gentile e ricevette il nunzio pontificio in udienza particolare primo tra tutti gli ambasciatbri. Due giorni appresso mon. Ruf fo-Stilla prendeva parte con, tutte le distinzioni del suo grado alla grande festa data nei saloni del «Foreign Office» da lord Salisbuy ai sovrani e agli ambasciatori esteri. Cn precedente era stabilito e ciò non era poco nei sistemi diplomatici inglesi.

Anche nel 1897 il Sovrano Pontefice tenne fede al precedente e mandò mors. Sambucetti arcivescovo di Corinto per gli auguri del sessantesimo, inviando anche questa volta uno splendido dono. Che l’animo della regina Vittoria fosse completamente mutato lo si vide appunto nell’occasione del 500, quando si cominciò a parlare in Inghilterra del disegno di Leone XIII di mandare un inviato speciale. Il colonnello Sandy, bollente protestante, si fece eco alla Camera dei comuni del vivo malcontento del mondo anglicano, ma udì rispondergli dal ministro del Tesoro, W. H. Smith in modo da non ammettere replica, che la regina era in diritto di ricevere, chi volesse e che il nunzio pontificio sarebbe stato ricevuto con tutti gli onori che si rendono ai nunzi apostolici nei paesi civili. Ancora in occasione del primo giubileo venne celebrata una solenne Cerimonia nella abazia di Westminster, nel secondo la cerimonia venne tenuta nella cattedrale di San Paolo e vi assistette la stessa re gina. Ritornando dalla funzione essa volle passare sulla riva sinistra del Tamigi; giunta davanti alla bella chiesa cattolica di San Giorgio, cattedrale della diocesi di Southwarck, essa discese a ricevere l’omaggio del cardinale Vaughan e dell’episcopato cattolico che ivi si era dato convegno insieme al primato con le insegne pontificali. L’avvenimento ebbe una eco mondiale.

UN’OPERA DI BENE (I) Ho detto opera di bene e non saprei trovare titolo migliore per sintetizzare l’opera poderOsa testè compiuta, con chissà quali tenaci e violenti sacrifici, dal benemerito ing. E. Bruno e ’dalla signora Roggiero, coadiuvata felicemente dall’intelligente sua figliuola, prof. Luisa Vandone Roggiero. Dai quattro volumi riccamente illustrati, che compongono questa raccolta della beneficenza muliebre in Italia, si sprigiona un vivo e penetrante profumo di bontà, di dedizione, di sacrificio, di virtù eroiche e cristiane. Come non desiderare che questi volumi preziosi si dif fondano ovunque, trovino posto nelle scuole, negli Educandati, nelle famiglie? La compianta Luisa Sanvito, vedova dell’editore Cogliati, fu l’ideatrice di questa opera; e la sua anima, aperta ad ogni più pura bellezza spirituale, deve avere avuto chiara la visione consolante di questa raccolta di anime beneficanti, e di tutto il bene che dal loro esempio vivificatore ne sarebbe venuto alle anime future, lottanti fra le pene e le delusioni, oppresse dal dubio, incerte sovente sulla via da seguire. La morte, immatura, troncò colle gelide ali il sogno bello di Luisa Cogliati; ma esso fu raccolto con trepido e reverente affetto dalla sorella e nipote, e coll’aiuto dell’ing. Bruno e di molti valenti scrittori e collaboratori, venne felicemente attuato e compiuto. Dal forte Piemonte alla lontana Sicilia, tutta l’Italia vi è rappresentata e degnamente illustrata, nelle sue donne benefiche e virtuose. La carità, l’amore, la beneficenza in ogni loro forma, simboleggiano e sintetizzano luminosamente il lavorio soave, paziente e benefico dello spirito muliebre sulla umanità. Accanto i profili augusti delle nostre Regine e delle nostre principesse, sfilano umili e belle le dame dell’aristocrazia, le signore della borghesia e le modeste popolane dal cuore invitto e dall’anima pura. Per chi è uso definire la donna, creatura frivola e vana, quest’opera gli opporrà a centinaia gli esempi di ciò che la donna può e sa compiere quando la spinge e la vivifica la fiamma dell’amore di pria, del prossimo e di Dio. (i) La donna e la beneficenza in Italia, Editori Ing. E. Bruno e V. Roggero • Torino. — Sconto speciale agli Istituti, Insegnanti, Clero, ecc., ecc. [p. 247 modifica]Questa ricca Antologia della virtù, non fu pubblicata a scopo di speculazione e il ricavo verrà devoluto a Istituzione benefica. Leggano i Milanesi questo libro; e nel 2° volume vi troveranno ricordati i nomi delle loro donne benefattrici, nomi cari e gloriosi, tratteggiati con mano maestra da valenti penne ambrosiane. Lo leggano, lo diffondano; e ancora una volta si potrà affermare che il cuore dei milanesi è inesauribile di carità di slanco e di amore. Carola Coggiola.

Chicago e la sua Colonia Italiana

Non si può parlare di Chicago senza dire due parole almeno sull’industria che ha reso famosa per tutto il mondo questa città; parlo dell’industria delle carni conservate. I celebri Union Stock Yards furono fondati nel 1865; la loro superficie copre una estensione di due kmq Vi sono circa 4o km di vie, 160 km. di condutture d’acqua e 500 km, di binari. Il numero degli impiegati e operai addetti ai molteplici lavori in questi stabilimenti è di 50.000. La banca nel recinto degli stock yards ha un deposito di un miliardo di dollari all’anno. Tutte le compre devono esser terminate ogni giorno alle 3 pom. e tutto deve essere pagato in contanti lo stesso giorno. La rapidità con cui le bestie vengono ammazzate; scorticate, tagliate, ha qualche cosa di prodigioso. In media 50o carrozzoni di prodotti escono ogni giorno da questi stabilimenti e vengono spediti a tutte le parti del mondo. Tutte le partì del corpo dell’animale vengono usate: le zampe, i ritagli di pelle, gli ossicini servono per fare la gelatina e la colla. 11 grasso è convertito in sapone glicerina, e polvere per lavare. I peli sono usati per materassi, corde, ecc. Le pelli vengono conciate pei diversi usi; colle ossa si fanno bottoni, manichi di coltelli; spazzole. In questi stabilimenti si lavora pure molta pancreatina e pepsina.

visti padroni di una non dispregevole fortuna. Più tardi altri ed altri vennero ad ingrossare la colonia italiana, portando con sè per unico capitale due buone braccia: alcuni di questi seppero elevarsi sopra la media dei loro compagni, mentre la gran massa rimase nello stato primitivo. La statistica ufficiale del 1896 dà residenti a Chicago 1200 famiglie italiane con 5685 persone, di cui: 18 % provenienti dalla Campania 17 %»» Basilicata 12 %»» Calabria 8%» Sicilia 6% • Abruzzi e il resto dalle altre provincie d’Italia. Non fu che in questi ultimi dieci anni che l’immigrazione italiana crebbe notevolmente sì da arrivare ai 100.000, e la Sicilia dette il maggior contributo. Ora entriamo a discorrere più particolarmente di questa nostra colonia italiana. Chicago è una metropoli cosmopolita pèr eccellenza. Si calcola che su una popolazione di due milioni e mezzo di abitanti un buon terzo si compone di stranieri. Nella sola via Halsted lunga 35 km. si parlano ben 42 lingue. Nella nuova immigrazione del sud-est d’Europa noi portiamo la palma e ne siamo riguardati come il tipo; pregi e difetti sono generalmente attribuiti agli italiani, senza distinzione. (Continua).