Il buon cuore - Anno XII, n. 32 - 9 agosto 1913/Religione

Da Wikisource.
Religione

../Educazione ed Istruzione ../Notiziario IncludiIntestazione 10 marzo 2022 50% Da definire

Educazione ed Istruzione Notiziario

[p. 253 modifica]Religione


Vangelo della domenica 13a dopo Pentecoste

Testo del Vangelo.

Di quei giorni essendo grande la folla intorno a Gesù nè avendo da mangiare, chiamati a sè i discepoli disse loro: Mi fa pietà questa gente: che da tre giorni si trattiene con me e non hanno da mangiare. E se li rimando a casa loro, verranno meno per via: che alcuni di loro sono venuti da lontano. E i suoi discepoli gli risposero: E chi mai potrebbe qui nella solitudine satollarli di pane? Ed Egli disse loro: Quanti pani avete? Essi dissero: Sette e pochi pesciolini. Allora egli ordinò alla moltitudine di assiderai per terra: e prese i sette pani e i pesci, rese grazie, -li spezzò e diede ai suoi discepoli, perchè li ponessero davanti alle turbe come li posero. E

mangiarono e si satollarono; e levarono degli avanzi dei frutti sette sporte piene. Or quelli che avevano mangiato erano circa quattro mila persone senza le donne e i fanciulli. S. MATTEO, Cap. 8.

Pensieri. L’avvenimento sopra narrato ebbe luogo nel terzo anno della vita pubblica del Salvtore, ed. ha luogo precisamente dove già il Salvatore aveva operato straordinari miracoli, come una prima moltiplicazione dei pani, ed il miracolo della guarigione dell’ossesso di Gadara. Precisamente per questo ebrei e pagani si mossero attorno a Gesù, per quanto questo avesse nel ritorno tentato di passare oscuro ed inosservato. La novità delle azioni del Salvatore, di più il vantaggio reale e palpabile loro toccato strappava quel popolo dalle proprie case, e ci spieghiamo:— prescindendo pure da altre ragioni — come quel popolo — con fede — che ci sorprende oggidì nel nostro scetticismo e calcolo — seguisse per tre giorni e notti Gesù nel deserto, dove — facile esperimentarlo — non abbondano i comodi o meglio lo stesso necessario alla vita. Gesù da quest’ultima cosa ancor si preoccupa. dice egli stesso e manifesta agli apostoli la certezza che — lontani da lui — nel ritorno alle proprie case — nel ritornare agli usi, vita, pensiero, azione, costume — essi verranno meno lungo la stessa....via dell’esistenza. Quanto è buono Gesù! come è sollecito Dio nella sua provvidenza per noi! come deve fastidirsi il santo cristiano innanzi a certi battezzati, chè — lauro e lauro — credono assicurarsi la vita nella sola propria energia ed attività commerciale. Quanto non ci apprezza maggiormente il Signore, che — nel conforto cogli uccelli — ci dice che noi abbiamo un assai maggior valore! E’ questo — in questi momenti, coi criteri cristiani d’oggi — il valore, che noi diamo alla nostra vita, all’uomo? Non mi pare. Ci si agita quasi mare minaccioso e turbinoso, ma non per il valore... morale_ Tutt’altro.

  • * *

Mi fa impressione e sorpresa la obbiezione degli Apostoli a Gesù. a Chi potrà qui nella solitudine sfamarli con pane? L’obbiezione è facile, a prima vista poi è naturale. Tutti avrebbero mosso quest’obbiezione alla grande domanda di Gesù: tutti, sì, ma non lo dovevano gli Apostoli, testimonii oculari d’un simile miracolo già compiuto altra volta, testimoni di risorti e strappati alla morte, di mille strane guarigioni in circostanze e modi stranissimi, testi — insieme a Maria SS..-del prodigioso miracolo di Cana operato per strappare due sposini, amici suoi — al fastidioso momento d’umiliazione, che avrebbero provato innanzi ai convitati. E se questo per due amici in festa, perchè dubitare oggi in cui Gesù è commosso dalla fede, dal [p. 254 modifica]sacrificio di un popolo intero in simili circostanze’ Fu proprio mancanza di fede? Non credo... Questa obbiezione me la spiego come opera di riservatezza, come espressione di meraviglia, come una specie di sbigottimento, che dice l’arditezza dell’impresa, non la mancanza di prova per credere a Gesù.... A loro non pareva possibile, che Gesù dovesse l’ar tanto ed in così straordinario modo per quella turba di... poveri. Gli venivano a rimproverare quasi la troppa bontà sua per quelli, che, — a modo loro — non meritavano canto. Perchè non può essere così il pensiero degli Apostoli? Non proviamo anche noi questo senso di meraviglia, di stupore innanzi a certe cose ed opere grandiose di ’carità, di bene, di compassione a favore dei miseri, operati operati dal nostro santo? Non è vero che noi vorremmo che a tali opere seguisse logica, naturale, unanime la riconoscenza dei popoli... non è vero che innanzi all’ingratitudine e misconoscenza dei beneficati non crolliamo la testa innanzi all’inesauribile carità dei nostri Santi? Non è così quando inutile, non compresa, sospettata vediamo l’opera di buoni, umili, santi sacerdoti nel popolo? Non abbiamo anche noi il... coraggio di lamentare uno zelo buttato nel gelo, nel freddo, sepolto quasi in un deserto di sospetti, diffidenze, malignità? Come siamo umani!... come siamo piccoli!... come non conosciamo noi nè Gesù, nè il suo amore per il suo popolo, nè le sue preoccupazioni per la nostra elevazione, nè le sue risorse pietose, nè il suo programma di bene, nè la sua volontà di vincere colla bontà... inesausta la quasi infinita cattiveria e malizia umana.

Non ho mai avuto debolezze cabalistiche e quindi non iscorgo nei sette pani alcunchè di misterioso, ma mi suggeriscono — come al di là del mondo di quaggiù — esista un mondo morale, esista un mondo al quale sono proporzionati ed idonei i sette pani dei sette Sacramenti, che divisi si moltiplicano, così come Cristo eucaristico diviso nel popolo si moltiplica infinitamente. Pane.di vita ciba questo popolo, fa che di te non si fastidisca, poiché col vecchio pane, col ritorno ’all’antico, alla fame delle passioni, del temporale, esso perisce... miseramente perisce, mentre crede sua vita rigogliosa il crudo delle convulsioni che lo travagliano. Ma questo pane ha condizioni misteriose... E’ distribuito dagli Apostoli, non da chi non ne ha la Sacra missione, il Santo mandato: dagli Apostoli tutti, purchè tali siano, e non rispondano a nostre simpatie singolari; al pane guardiamo, non alla mano che lo distribuisce. Debbono sedere per terra. Nell’umiltà, o signori miei. Umiltà di mente: occorre tanto poco a persuaderci della nostra profonda ignoranza in materia religiosa. Umiltà di cuore: Qui la materia s’imbro glia. Siamo così rivestiti dalle passioni che: occorre tagliare, spezzare e... disinfettare anche certi angoli oscuri oscuri del nostro spirito. Debbono renderne grazie: di questo pane — appunto perchè occorre un ringraziamento — si deve avere fame, appetito, desiderio: se annoja, disgusta, il nostro palato è guasto, ammalato, curiamoci or che è tempo! Debbono spezzarlo perchè si distribuisca: Spezziamolo questo Gesù eucaristico, spezziamolo nella sua. scienza per darlo a chi ne è privo, spezziamolo nella sua morale per mezzo del buon esempio a conforto dei dubbiosi, di chi è convalescente, tiene debole lo stomaco, ed incerti da i primi passi nella virtù, incerto pugna la vita fra il piacere ed il dovere, incerto fra Dio ed il mondo, or a Dio sospira, or del monda rimane la vittima disgraziata. Anche per questi non dubitiamo. Non obiettiamo le nostre piccinerie mentili a Dio... Come Lui, grandi nelle concezioni, arditi e temerarii nell’opera, tutto dobbiamo osare ed arrischiare perchè i nostri fratelli non abbiano a venir meno nella vita di quaggiù, nella vita di questo deserto.. B. R.

Chicago e la sua Colonia Italiana Continuazione del numero precedente.

Questa disgraziatissima tendenza della gente nostra ad ammassarsi nelle grandi città, male che da parte nostra non si saprebbe rimediare se non per mezzo di fondazione di molte colonie agricole, e che da parte americana favorisce troppi grandi interessi di proprietari di fabbriche, terreni, case, ecc., è certo un problema gravissimo: è una tendenza che soffoca le buone qualità latenti, mette invece in luce i difetti peggiori’ dei nostri emigrati. Sono queste cose vecchie e tante volte ripetute, ma che per amor di patria non bisogna stancarsi di palesare ogni volta che se ne presenti l’occasione: non bisogna dimenticare che questo disprezzo invidioso degli stranieri verso di noi, imbevuto’ di mala fede e di ignoranza talvolta, è pur nato e si è diffuso per constatazione diretta e da vicino delle miserande condizioni delle nostre popolatissime colonie confrontate con tutte le altre. Non basta salvare il nostro buon nome, la buona riuscita di una minoranza dei nostri coloni, o commercianti in frutta e generi alimentari italiani, o professionisti che esplicano la loro attività in seno alla colonia stessa; troppo poche e di genere troppo speciale sono queste attività fortunate perchè riescano a redimerci dal giudizio severo che ci attirano le nostre enormi masse disorganizzate. [p. 255 modifica]Occorrerebbe dilungarsi troppo per spiegare come mai numerosissimi nostri emigrati, anzi la grande maggioranza, non sono riusciti; basti accennare alle difficoltà della lingua, agli usi commerciali ed industriali completamente diversi dai nostri, alle difficoltà frapposte qui più che altrove alla piccola industria e ad una specie di ostracismo per le persone istruite del sud-est. Contribuiscono ad aumentare il disprezzo per gli italiani i giornali, i teatri,, i cinematografi dovè si rappresenta l’italiano sempre o quasi sempre sotto la luce più fosca e dal lato più sfavorevole. L’italiano è per l’americano l’ideale pei lavori più umilianti e mal retribuiti. Poco tempo fa presentavo un italiano, abile nella sua professione, di accordar piani, al direttore di una ditta d’istrumenti musicali. Questi non appena sentì che il mio raccomandato era Italian sbarrò gli occhi e pieno di stupore mi rispose: — Lei raccomanda un italiano, per questo genere di lavoro? — Sì, ribattei io, raccomando un italiano, per questo genere di lavoro perchè so che lo può far bene. — Ah noi non diamo questo lavoro ad italiani, soggiunse il mio interlocutore. Da un po’ di tempo le statistiche ufficiali fanno una distinzione poco onoravole a un popolo uno; accenno a quella fra gli italiani del nord e a quelli del sud, considerandoli due popoli completamente distinti. Gli americani però in generale sono soliti a vedere in ogni italiano un rappresentante della mano nera» la quale a mano nera» poi serve di etichetta per gli innumerevoli delitti di origine incerta, un po’ come il corto circuito per gli incendi inspiegabili. Essi forse dimenticano che dei tanti delitti attribuiti alla a mano nera», la giustizia non arrivò ad arrestare un. solo colpevole. Purtroppo la pessima condotta di alcuni italiani ricade sulla massa intera, e si spiega così perchè gli americani ed altri popoli sentano una specie di orrore per l’italiano. Ho fra i libretti di réclame di compagnie fondiarie uno per una colonia nel Texas. Uno dei principali motivi che secondo l’autore del libretto dovrebbe servire di attrazione dei lettori per andarsi a stabilire in quella colonia, si è che colà non si trovano nè cinesi, nè italiani, nè neri. Mi fu riferito che in una fabbrica della California, sopra un certo numero di ritirate vi era la scritta: Per bianchi, e sopra altro numero di ritirate la scritta: Per neri e italiani. Non parlo del ribasso nel prezzo che subiscono le case appena vengono abitate da italiani e di altri dati poco consolanti. Sono dispiacente di essermi lasciato trascinare in una simile digressione che tanto costa al nostro orgoglio d’italiani!’ ma d’altra parte è meglio che non ci illudiamo sopra la condizione che ha l’italiano in America. Non dimentichiamoci che i dollari mandati in Italia dall’America rappresentano non solo il sudore e il sangue dell’operaio italiano, ma anche un poco il prezzo dell’onore nazionale.

Ma che fanno dunque questi 100.000 italiani in Chicago? Cominciamo dai bambini. Direi che molti di questi appena venuti in questo mondo pare sì affrettino a passare all’altro, poichè la mortalità fra i bambini, data la noncuranza e ignoranza dei genitori, la mancanza di aria pura, e altre cause, è grande. Molti dei superstiti, dopo aver passato i primi anni dell’infanzia in case che agli americani fanno orrore, o nelle strade lasciate sporche per non farle stonare col paesaggio, vengono poi mandati a scuola perchè in America certe leggi vitali si trova il mezzo di farle osservare rigorosamente. La scuola che dovrebbe durare sino ai i6 anni riesce a produrre degli esseri che parlano speditamente l’inglese e che non sanno più esprimersi in dialetto natio, che si vergognano non tanto della povertà, come della sporcizia e dell’ignoranza dei loro parenti, e che non vanno proprio a cercare le occasioni di dichiararsi italiani. Per evitare questa perdita irreparabile tutte le altre nazionalità provvedano con scuole private a ndn lasciare estinguere nel buon cittadino americano che stanno formando, il ricordo della patria lontana a cui appartengono; e se d’una razza non è il puro presente che conta, ma la storia, della - nostra ì più fieri dovremmo essere noi. Si constata invece questo: a Chicago più di tao mila sono i ragazzi istruiti nelle scuole cattoliche parrocchiali, e sui 700.000 stranieri ciò sarebbe il 17 %. In iscuole private nostre si arriva si e no agli 800 ragazzi, e su 800 abbiamo meno dell’8 %. Che vergogna in faccia ad altre nazioni! I tedeschi per esempio hanno nelle loro scuole cattoliche,parrocchiali circa 14.000 alunni, ed i polacchi circa 20.000. E’ vero che questi due elementi sono più numerosi dell’elemento italiano; ciò nondimeno la proporzione è sempre desolante. Del resto bisogna tenere in conto che fra la popolazione tedesca vi sono molte famiglie di religione protestante. I Lituani stessi che non sorpassano i io.000 hanno nelle loro scuole circa i000 alunni. Dio sa quanti sforzi costa ai poveri padri di famiglia il fondare e mantenere scuole così dispendiose, ma essi lo fanno con entusiasmo. Per loro la scuola è come la chiesa, il focolare della loro religione, della loro patria, della loro lingua: quindi qualsiasi grande sacrificio per loro è ben poca cosa, pur di avere scuola propria. Devo aggiungere che gli edifizt destinati a scuola sono splendidi e costruiti coi criteri più moderni, mentre le classi sono fornite degli utensili di scuola più di lusso. Le scuole, gli ospedali, gli orfanotrofi ed altri istituti di istruzione e beneficenza sono il termometro dello spirito della colonia e rappresentano uno sforzo collettivo della medesima. Noi abbiamo ben poco da mostrare in questo senso. Due sole scuole: l’una tenuta dal padre Angelucci, Servita, l’altra dal padre Barabino, missionario di Monsignor Scalabrini. La prima ha c;rca 500 alunni e la seconda circa 300. (Continua).