Il buon cuore - Anno XII, n. 41 - 11 ottobre 1913/Religione

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Domenica seconda d’Ottobre

Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù se n’andò al Monte Oliveto: e di gran mattino tornò nuovamente al tempio, e tutto il popolo andò a Lui, ed Egli stando a sedere, insegnava. E gli Scribi e i Farisei condussero a Lui una donna colta in peccato: e postala in mezzo, gli dissero: «Maestro, questa donna or ora è stata colta che commetteva peccato. Or Mosè nella legge ha comandato a noi che queste tali siano lapidate. Tu però che dici?».e Ciò essi dicevano per tentarlo, e per avere onde accusarlo. Ma Gesù, abbassato in giù il volto, scriveva col dito sulla terra. Continuando quelli però ad interrogarlo si alzò e disse loro: «Quegli che è tra voi senza peccato, scagli il primo la pietra contro di lei». E di nuovo chinatosi scriveva sopra la terra. Ma coloro, udito che ebbero questo, uno dopo l’altro se ne andarono, principiando dai più vecchi: e rimase solo Gesù e la donna che si stava nel mezzo. E Gesù alzatosi le disse: «Donna, dove sono coloro che ti accusavano? nessuno ti ha condannata?» Ed ella: «Nessuno, o Signore». e Gesù le disse: «Nemmeno io ti condannerò: vattene e non peccar più». S. GIOVANNI, cap. 8.

Pensieri.

Nell’antica legge di Mosè -- a dare una terrribile ed insieme solenne sanzione ai dettati del codice — esistevano gravissime pene. Basterà l’enumerazione a darcene un concetto spaventoso. Per primo la lapidazione, poi il fuoco, poi la spada, poi lo strangolamento, poi il precipitare una persona dall’alto., poi l’annegamento, la dicotomia (od il taglio in due) ed infine la crocifissione. La serie può dirci assai bene come si punisse — a quei tempi — un delinquente: davvero non c’era da stare troppo allegri o scherzare, con simili bagatelle. La lapidazione era inflitta come punizione per i delitti contro la religione. Veniva prescritta anche per gli adulteri in ispecie se una donna maritata lasciavasi sedurre entro le porte od i confini della città. In questo caso tanto l’uno che l’altro degli adulteri dovevano morire sotto una montagna di sassi e pietre lanciate lor contro dai concittadini: anzi le prime pietre erano lanciate — di diritto — dai testimonii della colpa, il popolo poi in seguito avrebbe continuatò l’inesorabile giustizia. Si vede tuttavia -- dal richiamo che ne fanno i testimonii nello stesso Vangelo — che la lapidazione era ormai — ai tempi di Cristo — generalizzata per simile colpa: cosa che indica forte il dilagare di tale colpa nonostante la gravissima pena: per opporsi a tanti mali gli ebrei incrudelivano nella pena, sperando... Ma quale fu,il risultato?... A guarire questo male occorse un’altra legge che non fosse la pietra, un legislatore che legasse più che il senso, a volte infrenabile, la volontà ribelle e cattiva. • *

La donna è colpevole: innanzi ai testi che l’accusano essa non nega: rassegnata, attende l’ultimo supplizio, ne fo.rse si spiega perchè la trascinino nel tempio, innanzi ad un uomo — come Gesù — a lei sconosciuto ed ignota essa medesima — per sentirsi dire quello che e lei e gli altri tutti quanti sapevano. La legge era chiara e saputa. Sorpresa nel delitto il suo caso era contemplato, dunque... Ma allora perchè lo zelo e tanta ferocia in quei cattivi? Nell’ostilità a quella disgraziata, nell’ostentazione di zelo della causa divina, nella ferocia quelli — forse più di lei colpevoli --1 si rifacevano una assai dubbia moralità propria, e quindi la loro tranquillità, il loro onore valeva bene il sangue... dell’adultera. E Gesù — voglio la misericordia e non la giustizia! — Gesù sa primamente svergognare quel zelo falsissimo con una elegantissima trovata... Perchè il Vangelo dice e nota che si partirono tutti l’un dopo l’altro, incominciando dai... più vecchi? Gesù, se non scusare e difendere la colpa, ma trovare modo — nella difesa indiretta — di perdonare, alla potenza della passione, alla forza dell’ambien [p. 326 modifica]te, alla debolezza della donna, alla mancanza di scienza religiosa, d’educazione sana e pia, sa trovare modo di perdonare. Gesù che perdona, sa trovare modo di guarirla, elevandola. O lettori, credete voi possibile che quella donna sia ricaduta, dopo la preghiera di Gesà «va’ e non voler più peccare!» Lapidata, conteremmo una vittima di più della giustizia, perchinata da Gesù, abbiamo non uno, ma mille e mille trionfi della sua oculata giustizia e misericordia.

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E ’così ha fatto Gesù, al quale nessuno potrà mai rimproverare debolezza qualsiasi. Gesù — giusto — sa valutare i rigidi diritti della legge e le scuse delle nostre infermità, che ovunque, sempre, continuamente ci accompagnano. Niuna situazione ci salva da questo genere di miserie... niuna forza di umano volere, niuna forza di educazione od ambiente amano per quanto scelto e migliore. Se nelle minori classi imperversa e ci fa orrore l’impudenza e la sfacciata ostentazione del vizio, forse è più deleterio, forse più disastrosa là dove la volgarità più meschina ed orribile si presenta vellutata e con forme eleganti e piacenti. Siamo umani e di conseguenza erriamo. Ma contro chi cade non lanciamo la pietra... non zeliamo l’impostura. Dura come è, colpisce a morte; ciò che soddisfa la legge di pietra ed il criterio egoistico del mondo. Ma oggi noi siamo nella legge di grazia, nella legge di amore, di vita: di grazia per chi erra, traviato dalle mille insidie fra cui ci muoviamo: di amore per l’uomo che ha di questa sana soavissima forza, indispensabile, assoluto biisogno: non confonderà oggi l’amore vero con le false ed orribili sostituzioni delle febbri della carne e del sangue: di vita perchè con Cristo dobbiamo vivere, sentendo della vita la poesia infinita... Con Cristo bella è la vita. R. B.

Nei paesi del ferro e dell’oro L’emigrazione italiana nella Lorena

PER LA VERITÀ

Il viaggiatore che da Metz, capitale della Lorena tedesca, risale per la valle dell’Orne, in quel lembo di terra che forma la parte nord del dipartimento della Meurthe et Moselle, si meraviglia nel vedere come ín una decina di anni questi paesi francesi abbiano potuto trasformare la loro quieta attività agricola in una produzione industriale febbrile. Causa non ultima di questo rapido evolversi di attività fu l’affluire della mano d’opera italiana, per sfruttare i grandi giacimenti di ferro che si estendono, come

corazza immensa, in tutti il sottosuolo. Gli italiani che si trovano nei due bacini limitrofi di Briey c di Lonwy oltrepassano i 50.000, rappresentando un contingente al certo superiore del 65 per cento della mano d’opera indigena e forestiera. Il giornale parigino La Croix consacrava recentemente due lunghi articoli per rilevare nell’uno la ricchezza materiale e la crisi morale di questo bacino minerario, nell’altro riflettere la situazione dal punto di vista religioso. La cosa non meriterebbe rilievo, non fosse che l’egregio articolista parigino, nella brevissima permanenza fatta in questo centro operaio, non ebbe modo di rendersi chiaro conto della situazione, e per le informazioni troppo personali cadde in molte inesattezze, sopratutto al riguardo degli italiani. E per la semplice verità quindi, anche annunciando i cortesi lettori, cerco di sfatare le accuse, che con troppa facilità vengono lanciate sui nostri poveri connazionali emigrati.

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La produzione del minerale di ferro che nel 1905 era di circa quattro milioni di tonnellate, oltrepasserà quest’anno i 17 milioni, dei quali i due terzi verranno lavorati nei 96 alti forni eretti alla estremità del bacino, un terzo inviato all’estero. Questo enorme aumento di produzione e sopratutto il lavoro al fondo della miniera, a circa zoo metri sotto il suolo, reclama le braccia straniere. «I bretoni — dice l’egregio articolista -- non vollero acclimatarsi; la Francia, troppo scarsa di gioventù, non ne potè fornire, le masse operaie immigrarono dalla Spagna, dalla Germania e sopratutto dall’Italia. Si produsse così il fenomeno doloroso che acompagna sempre la rapida creazione di nuovi centri industriali. Simili agglomeramenti eterogenei, differenti per lingua, religione, costumi, non seppero e non poterono nel breve periodo di pochi anni fondersi e creare un ambiente di vita calma e serena. La massa emigratoria essendo poi in parte costituita da elementi alquanto torbidi, abbrutita dal genere stesso di lavoro cui è addetta, non curata affatto dal lato morale e igienico e in minima parte dal lato religioso (e questo per cause che andrò esponendo), evidentemente è portata a trascurare i due capisaldi di ogni vivere sociale: il rispetto della legge naturale e dell’istituto della famiglia. Di qui la immoralità e l’irreligione». Continua l’egregio articolista con questi periodi che meritano una trascrizione esatta: «La mano d’opera italiana che rappresenta in certe miniere fino all’8o per cento degli operai, è un vero popolo posatosi in mezzo ad un altro. Ma per un fenomeno che purtroppo avviene nei grandi centri d’immigrazione, gli stranieri, trasportati lungi dalla loro chiesuola nativa, sono portati, o per timidità, o per negligenza, o per rispetto umano a trascurare la loro vita religiosa. Qui poi ove i ’villaggi operai sono distanti dalla chiesa, dove la po [p. 327 modifica]polazione indigena non si è amalgamata e la massa immigrata è composta’ di gente girovaga di cantiere in cantiere, senza attacchi di famiglia, rende più triste ancora l’abbandono del principio religioso. E sia lecito, dice, di aggiungere una parola su un fatto di speciale importanza in questo grave problema. Si ebbe in Italia,ove S. S. Pio X dà un così vivo impulso alle opere degli emigranti, il pensiero d’inviare dei preti italiani in questi centri italiani sorti nella Lorena e nel Lussemburgo. Ne furono inviato parecchi, ma per motivi che ora ci sfuggono, questi «uomini di Dio» vengono chiamati a consoli» e infatti ne esercitano le mansioni. Nella Lorena francese, tedesca e nel Lussemburgo ci si assicura che dappertutto questi uomini, inviati per salvaguardare la questione religiosa delle anime, non cercano di lanciarsi con ardire d’apostolo fra queste masse d’immigrati, ma sovratutto s’occupano di rendere agli operai servizi di segretariato. Propone quindi a conclusione della sua inchiesta — troppo rapida e sommaria, purtroppo! — un duplice voto «i° che si tenti ogni mezzo per fermare questa massa e creare delle famiglie; 2° che nell’Italia, centro del mondo cattolico, sorga una associazione di preti missionari di spirito veramente apostolico, la quale abbia per iscopo d’inviare i propri soggetti in questi paesi del ferro e dell’oro non ad imparare le lingue od a scrivere degli atti, ma di lanciarli, coll’ardire di un Don Bosco e di un S. Filippo Neri, alla conquista delle anime». L’accusa è grave, grave per la nostra massa operaia la quale è quella, in ultima analisi, che trasmuta in oro il ferro di queste contrade, più grave ancora per il piccolo manipolo di missionari (una decina in tutto) che sparsi in una plaga estesa quanto il Piemonte e la Lombardia, devono pensare alla assistenza religiosa e civile di oltre i7o.000 italiani. E tanto è più grave in quanto si cerca di avvalorare l’accusa con dei dati comparativi, rilevando quanto in certi centri si fa dal clero della Lorena annessa, di buon accordo coi grandi industriali. Però — e non se l’abbia a male l’egregio articolista della franca affermazione — l’accusa non regge. Perchè, se è facile ad un brillante scrittore, dopo una rapida gita di piacere e qualche parola scambiata con qualche informatore di spirito più o meno equanime, scrivere colonne d’impressioni, è altrettanto difficile, in una questione così complessa, non incorrere in gravi errori.

E’ un fatto incontestabile questi non sono affatto i paesi nè della religione nè della moralità. Le statistiche mediche ne dicono qualcosa, le chiese deserte rivelano la profonda indifferenza religiosa. Ma quali le cause? La prima possiamo ricercarla nella stessa mitezza della legge francese nei riguardi della moralità pubblica. Percorrendo specialmente in domenico uno di questi paesi industriali si sente in ’ogni baracca (casette di legno ad uso albergo) il suono della musica

e il rumor delle danze. Un piccolo esercito di donne pubbliche la più parte lussemburghesi, impunemente, possono varcar la frontiera e portarsi nella baracca che le ha assoldate per attivar la danza e ’squattrinar gli operai. Tanto è vero l’aserto che non un solo parroco ebbe a dire che grazie alla severità della polizia in dati paesi (per lo più in frontiera) non si lamentano disordini particolari... mentre altri invocano dai pubblici poteri la repressione del mal costume. E queste baracche sono ancora la locanda ordinaria e antigienica degli operai celibi. Nelle case operaie sono allogate le famiglie. Pei celibi dove la miniera è da anni che funziona, si sono costrutte cantine capaci di allogarli e di ben nutrirli; ma le miniere sorte da poco, che non hanno ancora potuto sacrificare una percentuale dei guadagni ai bisogni sociali degli operai, lasciano l’operaio a sè e, naturalmente, la baracca lo ricovera, con quale danno della morale e della igiene è meglio constatarlo che descriverlo. (Continua).

In morte del mio nipote

Prof. GIUSEPPE SARTINI Eri buono, eri bello, baldo, gaio, gentile, o povero Beppino; eri degli anni nel sorridente aprile. Nobile ’1 core, eletto avei l’ingegno; sveglia, ornata la mente, rivolta sempre a virtuosa meta. E t’eri avvinto appena, d’amor co’ la dolcissima catena, a la desiata donna: e ’I tuo affetto era ineffabil, santo, chè sol con lei speravi, sempre felice e queta, menar la vita in delizioso incanto. Ed ora, ahime! tu non sei più: crudele, morbo occulto, efferato, ahime t’ha vinto, e d’un, colpo ha spezzato tante speranze e tanti caldi affetti. Par quasi un sogno, uno straziante sogno l.— Deh! or dal ciel, dove drizzasti i vanni, liberamente in seno a Dio beato, deh i puro spirto, ci aleggia daccanto, deh molti i crudi affanni dei molti cari che lasciasti in pianto, de la donna gentil ehe t’amò tanto! CARLO MEINI.