Il capitano della Djumna/Parte seconda/Conclusione

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Parte seconda - 22. Il capitano della Djumna

CONCLUSIONE


Due ore dopo, quando i malabari che erano sbarcati sull'isolotto colle dovute precauzioni, ebbero uccisi a colpi di bastone od arrostiti con fasci di erbe accese e con rami di cespugli resinosi, tutti i serpenti, Alì, Sciapal e Narsinga scendevano dal loro albero protettore.

Quando il capitano si trovò dinanzi a suo fratello, parve che la gioia di rivederlo gli togliesse le forze e la parola, poiché rimase dinanzi a lui immobile e muto.

— Alì, il mio buon fratello! — esclamò Edoardo, balzandogli al collo. — Ti avevo pianto come morto!

— Per mille vascelli! — tuonò finalmente l'uomo di mare, serrandosi al petto il giovane. — Non è un sogno, adunque?... Sei proprio tu, Edoardo?

— Sì, sono io Alì, lo vedi.

— Ancora mezz'ora di ritardo, fratello mio, e non mi avresti ritrovato vivo, perché quando udii i latrati di Pandu scaricavo il mio ultimo colpo. Ma... questi marinai...

— Signor Oliviero, Harry! — disse Edoardo, che pareva fosse impazzito per la gioia.

Poi volgendosi verso Alì:

— Ringrazia questi valorosi — disse. — Hanno affrontato mille pericoli per venire a salvarti.

Il capitano, che era ancora estremamente commosso, si levò il berretto e porse la destra ai suoi salvatori, dicendo:

— Grazie, signori. Non potrò mai scordare quanto avete fatto per me.

Oliviero ed Harry, invece di stringere la mano dell'intrepido capitano della Djumna, lo abbracciarono calorosamente.

— Ma... come la piccina di Garrovi si trova con voi? — chiese ad un tratto Oliviero.

— Ve lo dirò poi, signore — disse Alì, — Sappiate però, che questa intelligente ragazzina mi ha reso dei grandi servizi e che mi ha salvato dal coltello di quel miserabile Garrovi.

— Ma hai veduto Garrovi? — chiese Edoardo.

— No, poiché se l'avessi veduto non sarebbe più vivo.

— Non lo è più, Alì; Pandu ti ha vendicato.

— Pandu!

— Sì, lo ha strangolato l'altra sera.

Alì guardò Narsinga; la piccina aveva chinato il capo sul petto e due lagrime le scendevano silenziosamente sulle brune gote.

Il marinaio se la prese fra le braccia, dicendole:

— Hai perduto un cattivo padre, mia piccola Narsinga; ma ne hai trovato uno migliore. Io ti adotto come figlia.

— Ed io sarò tuo fratello — aggiunse Edoardo.

La ragazzina sorrise attraverso le lagrime e baciò il marinaio su ambe le gote, dicendo:

— Grazie, padre mio...

Dodici ore dopo, senza subire altre molestie da parte dei selvaggi, Alì, Narsinga, Oliviero e tutti gli altri ritornavano a bordo del pariah. Durante la marcia, Alì aveva raccontato tutte le straordinarie avventure toccategli su quella selvaggia isola e che già i lettori conoscono.

Una settimana più tardi, avendo i carpentieri rinnovata l'alberatura ed i marinai allargato il solco scavato nel banco dalla prora, approfittando di una marea straordinaria, riuscivano a disincagliare il pariah.

Lasciarono senza rimpianti quelle spiagge inospitali, che per poco non erano riuscite fatali a tutti, e misero la prora verso il Bengala. Dopo un viaggio felice, favorito dal monsone, gettavano l'ancora a Calcutta. Il presidente della «Young-India» tosto avvisato del loro arrivo, si recò a bordo del pariah ad abbracciare Alì ed i suoi coraggiosi salvatori. Apprendendo che il capitano aveva adottata Narsinga, regalò alla piccina il bungalow che Garrovi si era fabbricato coll'oro rubato a bordo della Djumna, ed Oliviero, acquistata una nuova grab, ne affidò il comando al bravo Alì. Narsinga non abbandonò più il padre adottivo, né il buon Edoardo, né mai dimenticò il tenente, né il vecchio Harry.

Cosa strana però: in fondo all'anima serbava ancora una lontana affezione all'ex-saniasso e tutte le volte che udiva il nome di lui, diventava triste. Ella si rammentava certo, che quell'uomo l'aveva un giorno raccolta morente di fame sulla polverosa via di Rangpur, che l'aveva amata come fosse sua vera figlia, anzi che appunto per lei, per vederla ricca e felice, aveva commesso quella sequela di abbominevoli tradimenti e di truci delitti.